venerdì 30 marzo 2012

Bruxelles. Domenica manifestazione contro il comando della Nato


di Redazione Contropiano

A due mesi dal Vertice Nato di Chicago, alcune centinaia di attivisti, provenienti da tutta Europa, tenteranno domenica di entrare nel quartier generale dell'Alleanza atlantica a Bruxelles. L'iniziativa, promossa da varie associazioni tra cui la belga “Azione per la pace mondiale”, sarà condotta sotto lo slogan: “la Nato è un pericolo per la pace mondiale”. Gli attivisti annunciano “Commetteremo un'infrazione per denunciare un pericolo ben più grande”.

In Italia le rinnovabili infastidiscono gia' gli impianti da fonte fossile


Ecco a chi danno fastidio le rinnovabili

Dietro agli ultimi possibili schiaffi alle enegie rinnovabili, le bozze di quinto conto energia e il decreto rinnovabili elettriche, non ci sarebbe tanto la questione del loro peso in bolletta, ma uno scontro tra paradigmi energetici. Le rinnovabili danno fastidio agli interessi precostituiti del vecchio modello. G. B. Zorzoli ci spiega come.

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Cosa c'è dietro gli ultimi attacchi alle rinnovabili, ossia quelle bozze così penalizzanti del quinto conto energia e deldecreto per le altre rinnovabili elettriche circolate nei giorni scorsi? Per qualcuno la motivazione ufficiale, cioè il peso degli incentivi in bolletta, sarebbe secondaria. Quello in atto sarebbe invece lo scontro tra due paradigmi energetici: quello che abbiamo avuto finora, centrato sulle grandi centrali a fonti fossili, e uno nuovo, in cui le fonti pulite non sono più marginali e hanno iniziato a danneggiare gliinteressi costituiti del vecchio modello, che per reazione cercano di contrastare il cambiamento.
Ne parliamo con l'ingegner G.B. Zorzoli, esperto di energia, che in passato è stato per anni nel consiglio di amministrazione di Enel (dal 1987 al 1993) e che ora è presidente della sezione italiana dell'International Solar Energy Society.
Zorzoli, il peso crescente delle rinnovabili nel sistema elettrico sta dando fastidio? Come?
Limitandoci all'aspetto economico, in Italia si è investito troppo in impianti a cicli combinati: investimenti per circa 25 miliardi di euro. Si è così arrivati a  una sovracapacità produttiva che rimarrebbe, seppur in misura minore, anche se non ci fossero le rinnovabili. D'altra parte, che le rinnovabili ci sarebbero state si sapeva: c'era stato prima il protocollo di Kyoto e poi il pacchetto europeo clima-energia. Di fatto già l'anno scorso alle rinnovabili cosiddette tradizionali, ossia idroelettrico e geotermia, si sono aggiunti circa 30 TWh di produzione dalle nuove rinnovabili, soprattutto eolico, biomasse e fotovoltaico: una cifra decisamente rilevante, circa il 10% del consumo lordo totale. Questo, oltre tutto in un periodo di domanda contenuta, è andato a incidere sul funzionamento dei cicli combinati, non tanto degli impianti più vecchi - che sono ancora incentivati con il Cip6 e come le rinnovabili hanno priorità di accesso alla rete – quanto su quella fetta dei più nuovi in cui si è investito di recente. Questi per ripagarsi dovrebbero funzionare circa 4-5mila ore l'anno, invece ne stanno funzionando, quando va bene, 3mila. Il ridotto uso dei cicli combinati si traduce anche in miliardi di metri cubi di gas in meno, con un innegabile vantaggio in termini ambientali e di bilancia dei pagamenti, ma con un danno economico per chi vende gas.
Quali sono i soggetti più danneggiati da questo fenomeno?
La risposta sta nella scissione che c'è stata recentemente in Assoelettrica, l'associazione dei produttori elettrici di Confindustria. Le aziende che sono uscite, hanno dato vita a una nuova associazione di cui questo è uno dei temi fondanti (Sorgenia, GDF Suez, Tirreno Power, EGL e RePower che hanno fondato Energia Concorrente, ndr). Questi sono i più danneggiati, ma anche gli altri lo sono e in proporzione a quanto hanno investito in cicli combinati.
Quanto sta pesando sul mercato elettrico il cosiddetto merit order effect, ossia il fatto che il contributo del fotovoltaico spinga in basso i prezzi dell'elettricità nel picco diurno?
I dati sulla borsa elettrica pubblicati dal GME parlano chiaro. Prima c'erano due picchi di prezzo, uno di giorno, verso le 11 di mattina, e uno di sera, verso le 18-20. Ora il picco delle 11 di mattina è scomparso e in compenso è aumentato il picco serale. Per esempio, martedì 13 marzo tra le 18 e le 20 il prezzo del MWh nel cosiddetto mercato del giorno prima era di 165 euro, cioè 2 volte quello del primo pomeriggio e 4 volte quello della notte. Cosa succede? A quell'ora, i produttori che ci rimettono nella fascia diurna cercano di rifarsi.
Sembra che il picco di prezzo serale sia aumentato per compensare l'abbassamento dei prezzi di giorno dovuto al fotovoltaico. Si può ipotizzare che dietro ci sia un'operazione di cartello da parte di quegli operatori che si sono visti penalizzati dalla scomparsa del picco di prezzo diurno?
Io non posso affermare che ci sia un cartello, ma è verosimile che cerchino di rifarsi e se fossi nell'Antitrust un'occhiata ce la darei.
Il picco serale del prezzo potrebbe essere smussato ricorrendo all'apporto degli accumuli da pompaggi idroelettrici. Cioè prendendo energia da lì quando la richiesta sale in fascia serale. Ma questi ultimamente sembrano sottoutilizzati. Si può vedere anche dietro a questo un interesse a mantenere alti i prezzi del picco serale?
È un dato di fatto che i pompaggi idroelettrici siano sottoutilizzati: il loro contributo è circa un quarto rispetto a quello che era dieci anni fa. Una spiegazione è che i cicli combinati già funzionano poco: quando serve elettricità si fanno lavorare questi anziché utilizzare i pompaggi. Un'altra spiegazione è di natura tecnico-economica: sappiamo che i pompaggi fanno recuperare solo il 70% dell'energia spesa per pompare l'acqua in salita, operazione che si fa nelle fasce di minor richiesta, come di notte, quando l'elettricità è venduta a poco più del prezzo del combustibile. Ora, purtroppo, negli impianti a cicli combinati, che sono quelli marginali (quelli che vengono accesi o spenti in base alle necessità, ndr), il combustibile pesa più del 70% del costo complessivo del kWh: in pratica non conviene usarli per accumulare energia nei pompaggi di notte. E ovviamente in un'economia di mercato non si può chiedere a chi ha i cicli combinati di rimetterci solo per utilizzare appieno i pompaggi.
È ipotizzabile che invece i sistemi di accumulo a pompaggio idroelettrico con un'ulteriore crescita delle rinnovabili ricomincino a essere sfruttati di più?
Attualmente si potrebbe usare l'eolico, che produce di notte, ma mentre i bacini di pompaggio sono quasi tutti al Nord la potenza eolica è concentrata al Centro-Sud. La cosa potrebbe invece avvenire vantaggiosamente se ci fosse un alto sviluppo di centrali a biomassa al Nord.
Come hanno rivelato alcune analisi della bozza sugli incentivi alle rinnovabili elettriche diffusa ieri, non sembra essere tanto il costo degli incentivi in sé a spaventare il Governo. Il nuovo decreto, come si sta delineando, farebbe risparmiare solo circa il 5% all’anno al 2020. Sembra piuttosto che, attraverso il meccanismo dei registri che contingentano lo sviluppo delle varie fonti, si voglia tutelarsi dalla perdita di controllo sull’installato delle rinnovabili. Ci si può vedere, più che una preoccupazione per la bolletta, un desiderio di non veder turbato lo status quo del sistema elettrico?
Non c'è dubbio che sia in corso una campagna, anche giornalistica, che tende a mettere in cattiva luce la produzione elettrica da rinnovabili. Ora, non si può negare che le rinnovabili termiche siano state finora penalizzate, ma la mia sensazione non è che si voglia risparmiare sulle rinnovabili elettriche per dare alle termiche, tant'è che le bozze circolate sugli incentivi alle termiche non sono migliori: anche lì si vuole far tirare la cinghia. Se si vuole tagliare sulle rinnovabili elettriche è perché l'assetto elettrico immaginato in assenza delle rinnovabili sta avendo dei problemi: non solo per  la questione dei cicli combinati che funzionano a scartamento ridotto, ma anche per altre ragioni, come la necessità di adeguare la rete elettrica. Si sta imponendo un cambiamento di paradigma che sposta interessi e investimenti da un settore all'altro, come in ogni cambiamento di questa portata, poco o tanto, qualcuno vince e qualcuno perde. C'è evidentemente una grossa pressione per contenere questo rischio da parte di quelli che ne sarebbero penalizzati. Anche le rinnovabili termiche danno fastidio: non intervengono sulla rete elettrica, però anche loro fanno risparmiare gas. Ci sono interessi precostituiti che vedono non solo il sistema elettrico, ma il sistema energetico nel suo complesso, investito da una trasformazione e, ovviamente, si oppongono.
Ma, dal punto di vista del bene comune, finalità che dovrebbe essere del Governo, i provvedimenti che cercano di frenare questa transizione energetica sul lungo periodo tutelano gli interessi del Sistema-Paese?
Secondo me assolutamente no. Siamo un Paese fortemente dipendente dall'importazione di combustibili fossili, e lo sviluppo delle rinnovabili, oltre a tutelare l'ambiente e a creare nuove attività produttive, riduce drasticamente la dipendenza dall'estero, sia in termini di sicurezza che in termini di bilancia dei pagamenti. Per concludere con un accenno autocritico, devo dire che, se tutte le Associazioni che operano nelle rinnovabili trovassero un'unità e se ciascuno sacrificasse un po' del proprio particulare per uno sviluppo più equilibrato e armonico delle rinnovabili, forse sarebbe meglio, perché saremmo tutti più forti e convincenti.

mercoledì 28 marzo 2012

Eroi partigiani ? I nostri alleati locali di cinque guerre in venti anni- di M.Correggia

Eroi partigiani”? i “nostri” alleati locali di cinque guerre in venti anni

di Marinella Correggia

Sono stati molti i dittatori filoccidentali appoggiati dagli Usa in nome dell’aurea regola “è un figlio di, ma è il nostrofiglio di”, come ebbe a dire il presidente Franklin Delano Roosevelt del dittatore nicaraguense Somoza.

Quando poi accade che l’Occidente debba rovesciare un regime (dittatoriale o meno) inviso da sempre o caduto in disgrazia, allora subentrano altri “nostri figli di puttana”: i presunti rivoluzionari locali. E’ successo più volte dal 1991. La tragedia è che mentre i dittatori filoccidentali erano odiati da quella galassia pacifista/movimentista/ong di persone impegnate contro la guerra, le ingiustizie internazionali e la violazione dei diritti umani, ebbene questa stessa galassia più volte ha preso lucciole per lanterne quanto ai locali “nemici dei dittatori”. Gli occidentali sono incapaci di fare rivoluzioni a casa loro; e tentano “rivoluzioni per procura”. Ma scelgono male. Prendono regolarmente per “partigiani della libertà” quelli che ben presto si rivelano un’accozzaglia del peggio. Non solo: si affidano agli stessi soggetti locali che sono sponsorizzati dall’Impero. Magari invocando giustificazioni per assurdo (della serie: “beh, se è dovuta intervenire la Natoper aiutare i ribelli in Libia, anche se sappiamo che la Natoha fini propri, i ribelli hanno i loro, è l’eterogenesi dei fini“).

Naturalmente i governi occidentali interessati a defenestrare a turno i “dittatori che uccidono il loro stesso popolo” (se uccidessero un altro popolo sarebbe meglio o peggio?, vien da chiedersi davanti a questa frase collaudata) hanno tutto l’interesse a spacciare i loro interventi armati diretti e indiretti per “protezione delle popolazioni civili e disarmate in rivolta” e per “so9stegno alla democrazia”. E a eleggere i loro protetti locali a “legittimi rappresentanti” di un intero popolo, sia esso schierato con la rivolta oppure no.

E’ successo in tutte e cinque le guerre occidentali per ragioni geostrategiche. En passant è poi successo anche senza guerre, con l’infinità di rivoluzioni “colorate” soprattutto nell’Est europeo e con i tentati colpi di stato (si pensi a quello contro il “dittatore” Chavez del Venezuela, eletto un’infinità di volte). E sta succedendo in Siria. E, prima, in Libia, in Afghanistan, in Iraq.


Siria: Fides, Human Rights Watch e perfino Foreign Affairs…

Recenti notizie dalla Siria: pulizia etnica, torture, assassini, rapimenti. Le accuse che da un anno si rivolgono al governo e all’esercito, che da un anno starebbero reprimendo atrocemente una “rivoluzione disarmata o che al massimo si autodifende” (come sostiene il leader del Consiglio nazionale siriano Bhuran Ghalioun)? No. Si parla di crimini compiuti dall’opposizione armata. E non lo dice “il regime di Damasco”. Lo dicono rispettivamente un’agenzia cattolica e una multinazionale dei diritti umani.

L’agenzia cattolica Fides, leggiamo su Contropiano, riprende l’allarme lanciato dalla chiesa ortodossa siriana e il 21 marzo parla di “Pulizia etnica a Homs. Bande di mercenari di Al Qaeda provenienti da Libia e Iraq e appartenenti alla brigata Faruq vicina ad Al Qaeda cacciano decine di migliaia di cristiani dalle loro case di Homs senza permettere loro di portare nulla. I militanti jihadisti avrebbero già espulso il 90% dei cristiani di Homs. Andando casa per casa nei quartieri di Hamydiya e Bustan al-Diwan.

Dal canto suo l’organizzazione statunitense Human Rights Watch, autrice in dicembre di un lungo rapporto di denuncia del governo siriano (redatto solo sulla base di interviste a disertori e oppositori), stavolta sulla base di video e di denunce di residenti riferisce di torture mortali, rapimenti e perfino di una impiccagione compiuti da gruppi vicini all’Esercito siriano libero (la galassia dell’opposizione armata che ha un rapporto di collaborazione con il Cns). Insomma le stesse grandi Ong, che come i media occidentali mainstream sono stati strumenti di propaganda di vari governi nel produrre una escalation della crisi e nel demonizzare il regime” (http://english.al-akhbar.com/content/new-phase-syria-crisis-dealmaking-toward-exit), scoprono improvvisamente che l’opposizione compie atti contro i diritti umani. Parlare di “rivoluzione siriana”, poi, sembra fuori luogo. E molto reale pare invece l’ipotesi del complotto straniero da parte di Stati Uniti, Israele e alcuni paesi arabi contro l’asse Tehran-Damasco-Hezbollah, ritenuto l’unico vero ostacolo all’egemonia americana e israeliana in Medio Oriente (http://www.foreignaffairs.com/articles/137338/patrick-seale/assad-family-values?page=show). Della rivolta di oggi contro Bashar Assad i Fratelli musulmani sembrano essere stati i principali destinatari di armi e finanziamenti da parte di Libia, Qatar, e altri, ed essere aiutati da jihadisti arrivati da fuori e che comunque operano sotto l’ombrello del Syrian National Council...............

L' articolo integrale si puo' leggere su http://www.sibialiria.org/

Mozioni su F-35:approvate 8 mozioni, respinta una (del' IDV)



ll deputato radicale Turco nella dichiarazione di voto ha affermato:

 "Sono d' accordo con quanto avete detto tutti, ma avete detto cose diverse da quelle che avete scritto, ed avete accettato riformulazioni del governo che hanno cambiato anche quello che avevate scritto; per questo motivo mi astengo dal votare le mozioni". 

Questa dichiarazione e' una forzatura, perche' sono state espresse anche opinioni contrastanti tra loro, il risultato finale pero' e' stato che sono state approvate tutte le mozioni meno quella dell' IDV, che non ha approvato la riformulazione proposta dal governo per appoggiare anche questa.

L' on. Pezzotta (UDC) invece,che ha dichiarato di rappresentare parte del mondo cattolico,  dopo aver presentato una nuova mozione, aveva accettato anche le correzioni governative. Per una questione formale le correzioni non hanno potuto essere inserite, allora la mozione e' stata ritirata, su invito del governo, ed e' stata presentata una nuova risoluzione, approvata come le altre mozioni.

Il dibattito non e' stato pero' inutile ( le votazioni invece penso proprio di si) e sono state dette cose da approfondire e da incoraggiare.

 Il concetto piu' gettonato e' stato che le questioni della spesa militari devono essere affrontate dal Parlamento e non possono essere decise e conosciute sono nell' apparato tecnico della Difesa, anche perche' ,con questo governo e con un Ammiraglio ministro, le decisioni o passano dal Parlamento o rimangono esclusivamente dentro l' apparato militare.

La dichiarazione che piu' mi ha colpito e' stata del on. Rugghia (Pd), che ha messo in dubbio che siano disponibili le risorse per portare avanti i programmi gia' definiti.

Dobbiamo stare attenti, perche' i miliardi di euro previsti per F-35, per le nuove navi da guerra e soprattutto per la digitalizzazione del sistema informatico (credo di avere capito di un costo di 10 miliardi,da verificare ma non da dimenticare) rischiano di arrivare, ulteriormente lievitati, da fondi destinati a scopi piu' utili e necessari.

Scheda sulla teoria di Hubbert o del picco petrolifero


TEORIA DEL PICCO DEL PETROLIO detta TEORIA DI HUBBERT

La teoria di Hubbert sostiene che la produzione di una risorsa esauribile segue una curva a campana. Cioe' la produzione tende a crescere, pur con un andamento che dipende da molte variabili, tocca un "picco di produzione" e da quel momento inizia a diminuire.


Questa teoria nasce dall' osservazione di casi storici: il primo caso osservato forse e' stata la produzione di olio di balena negli Stati Uniti nel secolo XIX, ma il caso piu' citato e' la produzione di petrolio negli Stati Uniti che e' cresciuta fino al 1970, ha raggiunto il suo picco in quell' anno, per poi decrescere continuamente.

Hubbert aveva previsto esattamente il picco petrolifero degli Stati Uniti nel 1970, anche se oggi possiamo dire che le previsioni possono evere attendibilita' nelle tendenze di fondo mentre i tempi esatti della evoluzione della produzione non possono essere individuati prima con certezza e dipendono anche da scelte umane che, nel complesso cammino verso il momento del picco, possono essere diverse.

Questo cammino a campana della produzione di risorse e' frutto di un insieme complesso di cause,le due principali sono la limitatezza delle risorse e le logiche economiche.


LE DIVERSE FASI DEL CICLO PRODUTTIVO

Possiamo individuare varie fasi del ciclo di Hubbert che spiegano bene i meccanismi che provocano questo andamento.

Prima fase:
Espansione rapida.

La risorsa e' abbondandante e sono necessari investimenti limitati per estrarla. La crescita della produzione e' esponenziale.

Seconda fase:
Inizio dell' esaurimento.

Le risorse piu' facili, quindi meno costose, sono estratte per prime. Quindi, iniziando queste a diminuire, e' necessario estrarre risorse piu' difficili e fare investimenti maggiori.

Terza fase:
Il picco e il declino.

Si arriva al punto che gli investimenti necessari non sono piu' sostenibili. La produzione raggiunge un massimo (il picco di Hubbert) e inizia a declinare.

Quarta fase:
Il declino finale.

Si fanno sempre meno investimenti. la produzione continua ma diminuisce fino a cessare.
Parlando della produzione di petrolio e' necessario precisare che esistono diversi tipi di risorse fossili dalle quali si possono estrarre combustibili fossili.


I DIVERSI TIPI DEL PETROLIO

In primo luogo esiste il petrolio cosiddetto "convenzionale", ovverro quello che si estrae in forma di liquido poco viscoso dai pozzi. Abbiamo poi il petrolio cosiddetto "non convenzionale" che include diversi tipi come il greggio da "acque profonde" e "l' olio pesante".Ci sono inoltre i gas condensati e il petrolio che si puo' estrarre dalle sabbie bituminose. Il combustibile liquido puo' essere ottenuto anche dal gas naturale o dal carbone mediante vari tipi di trattamento. Il petrolio convenzionale, per ora, rappresenta la frazione piu' abbondante della produzione.

NB: questa pagina e' stata scritta facendo una sintesi e sicuramente peggiorando la presentazione del picco di Hubbert del prof. Ugo Bardi sul sito dell'Aspo Italia.

IN QUALE ANNO ARRIVERA' IL PICCO DEL PETROLIO ?

In realta’ lo sapremo solo quando questo sara’ stato superato. L’ Agency International Energy (acronimo AIE o IEA), che ha come membri 28 paesi ad economia avanzata, nel suo rapporto 2010 sulla situazione energetica ha scritto che la produzione del greggio (dove per greggio si intende il petrolio convenzionale, vedere la definizione nel paragrafo precedente) non superera’ piu’ la quota raggiunta nel 2006 (70 mb/g, milioni di barili il giorno) e rimarra’ costante a 68-69 mb/g fino al 2025 per poi declinare inesorabilmente. Gli incrementi di produzione petrolifera saranno dovuti esclusivamente alla produzione di frazioni liquide di gas naturale (NGL) e di petrolio non convenzionale (piu’ costoso, inquinante e di peggiore qualita’).

Presa alla lettera l’ affermazione e’ gravissima, se il processo si avverasse con questi tempi, avrebbe conseguenze pasanti sulle economie di tutti i paesi. La fondatezza della previsione potremmo verificarla solo nel futuro, per il momento andrebbero prese pero’ delle precauzioni ma questo e’ ancora lontano dai pensieri delle elite mondiali economiche, intellettuali e politiche. Nel frattempo, dopo la pubblicazione del rapporto (10 novembre 2010) il prezzo del petrolio e’ salito sui 90 dollari il barile, toccando i valori massimi dal settembre-ottobre 2008, momento dell’ esplodere della crisi finanziaria; in Europa tra l’ altro questo avviene in un momento di difficolta’ per l’ euro che l’8 gennaio 2011 e’ quotato 1,29 dollari mentre al momento dei prezzi massimi del greggio (luglio 2008- fino a 148 dollari il barile) un euro valeva 1,60 dollari attenuando cosi’ nel vecchio continente gli effetti dei rincari record.

Scheda scritta nel gennaio 2011 da Marco

martedì 27 marzo 2012

" Il soldato perfetto " di Vincenzo Sparagna


Il soldato perfetto: quale esercito non lo vorrebbe ? Al cinema abbiamo visto tante volte, combattente addestrato a distinguere in un secondo il volto di un talebano da quello di un contadino di Kandar, terminator che colpisce con precisione elettronica senza mai uccidere. Ma il cinema e' finzione, i rambo reali sono fatti di carne ed viscere e hanno dei sentimenti come chiunque. E cosi' piu' si combatte piu' crescono i comportamenti devianti.

Quello del sergente USA Robert Bales, che ha ucciso 16 civili afghani dei quali 9 bambini e 7 donne, e' stato subito attribuito allo stress. Era un veterano della guerra in Iraq, un ottimo soldato, solo un po' esaurito. Cosi' per sfogare la tensione si sarebbe fatto un giretto in un villaggio sparando a chiunque fosse in casa. Due donne , prima di essere uccise, sono state violentate. Del resto pochi giorni prima c'era stato un attentato e i militari USA volevano vendicarsi.

Ora che Bales abbia scaricato oltre al mitra, anche lo stress, puo' darsi. Ma la verita' e' che piu' si affonda nella violenza, piu' il cervello umano va in tilt. Io sono stato su quelle montagne, molti anni fa, quando si combatteva contro l'esercito sovietico invasore. Sono stato nascosto in una buca precaria, mentre gli elicotteri russi lanciavano bombe che facevano tremare la montagna. Se avessi avuto tra le mani uno di quei piloti l' avrei preso a morsi. C'e' un odio terribile che ti prende contro chi vuole ucciderti. lo ricordo perche' bisogna capire che i Bales sono si' fenomeni mostruosi, ma prodotti in serie da una situazione mostruosa.

Prima andremo via dall' Afghanistan e prima la parte inumana di noi alimentata da quella guerra, come dalle altre in corso, comincera' ad essere solo un' orribile memoria.

Vincenzo Sparagna
direttore di Frigidaire e de Il Nuovo Male
www.frigolandia.eu

lunedì 26 marzo 2012

Johan Galtung sulla crisi siriana


Siamo tutti disperati nell’assistere alle orribili uccisioni, alla sofferenza di chi è privato di tutto, dell’intero popolo. Ma che fare? Potrebbe essere che l’ONU, e i governi in generale, abbiano la tendenza a ripetere sempre lo stesso errore di mettere il carro davanti ai buoi? La formula che usano generalmente è:


[1] Liberarsi del n° 1 come responsabile chiave, usando sanzioni; quindi

[2] Cessate-il-fuoco, appellandosi alle parti, o intervenendo, imponendo;

[3] Negoziato fra tutte le parti legittime; e quindi

[4] Una soluzione politica quale compromesso fra le varie posizioni.

Sembra così logico. C’è un responsabile chiave, il presidente Assad, che ordina l’uccisione; liberarsi di lui con ogni mezzo. Quindi la tregua; poi negoziati, e infine emerge la soluzione. Logico, sì; ma forse non molto saggio.
Il n° 1, come identificato dall’interessato stesso, dall’esterno, e dai media in una cultura occidentale orientata al n° 1, è certamente importante. Ma essendo importante, egli può anche possedere qualche chiave per le soluzioni. Può anche dimettersi o essere rimosso in seguito, ma prima lo si ascolti.
Cessate-il-fuoco – perché non c’è in vista una soluzione accettabile? Non sarebbe una capitolazione, addirittura verso degli estranei? Utile come pausa nei combattimenti, riposo per i combattenti, dando tempo per schierarsi e riarmarsi; ma condizione né necessaria né sufficiente per una soluzione. Negoziato, con una parte essenziale eliminata, e una capitolazione di fatto monitorata? Quale agenda risulterà favorita? Una soluzione politica? Certo, ma con quelle tre condizioni il risultato è dato in anticipo.

Guardiamo la sequenza contraria: [4]-[3]-[2]-[1]. Cominciamo da una soluzione, poi un negoziato per i dettagli, se ha successo o addirittura è trascinante, può emergere un armistizio. E allora, forse, il n° 1 si dimette, avendo fatto la sua parte nel lavoro.

Ma come è possibile, per chiunque, trovare una soluzione, quando la carneficina è in pieno svolgimento? Beh, la motivazione è alta. Stipulando una tregua, scema la motivazione, come si è visto in Sri Lanka. Il turismo ha ripreso, ma la ricerca di soluzioni è crollata a zero, e la tregua è stata usata da entrambe le parti per lo scopo citato più sopra.

Ma come può esserci una soluzione quando attori chiave hanno le braccia piene di armi? Chi ha detto che dovessero farlo? Hanno dei sostituti; inoltre, il paese è pieno di gente che ha riflettuto sui problemi, non solo su chi è cattivo e chi è buono. E che non è solo orientata alla vittoria, ma anche alla soluzione.
La ricerca potrebbe essere rivolta alle soluzioni, non alla soluzione. Si facciano fiorire 1.000 dialoghi in ogni quartiere, ogni villaggio, arricchendo il prodotto ideale nazionale lordo, PINL. E facilitatori sostenuti dall’ONU, con conoscenza della mediazione, anziché muniti di armi e binocoli.
Per far questo si facciano parlare le parti, fuori e dentro la Siria. Le si lascino affermare i propri obiettivi, la Siria che vorrebbero vedere.

In primo luogo, un’immagine degli obiettivi di alcuni contendenti esterni:

Israele: vuole una Siria divisa in parti più piccole, distaccate dall’Iran, lo status quo per le alture del Golan, e una nuova mappa per il Medio Oriente;
USA: vogliono quel che vuole Israele e il controllo su gas, petrolio, oleodotti;
Regno Unito: vuole quel che vogliono gli USA;
Francia: corresponsabile con il Regno Unito della colonizzazione post-Ottomana nella regione, vuole un’amicizia confermata Francia-Siria;
Russia: vuole una base navale nel Mediterraneo, e un “alleato”;
Cina: vuole quel che vuole la Russia;UE: vuole sia quel che vogliono Israele e gli USA, sia quel che vuole la Francia;
Iran: vuole il potere sciita;
Iraq: a maggioranza sciita, vuole quel che vuole l’Iran;
Libano: vuol sapere cosa vuole;Arabia saudita: vuole il potere sunnita;Egitto: vuole emergere come gestore di conflitti;Qatar: vuole lo stesso che l’Arabia saudita e l’Egitto;Stati del Golfo: vogliono quel che vogliono USA e Regno Unito;
Lega Araba: vuole nessuna ripetizione della Libia, si cimenta con i diritti umani;Turchia: vuole affermarsi rispetto ai successori (Israele-USA) dei successori (Francia-Regno Unito-Italia) dell’Impero Ottomano, e una zona cuscinetto in Siria.
ONU: vuole emergere come gestore di conflitti.
Al di sopra di ciò incombe una nube fosca: la Siria è nella zona fra Israele-USA-NATO e la Organizzazione di Cooperazione di Shanghai (SCO), entrambe in espansione.

 Poi, un’immagine degli obiettivi di alcuni contendenti interni:

Alawiti (15%): vogliono rimanere al potere, “per il bene di tutti”;
Sciiti in generale: vogliono lo stesso;
Sunniti: vogliono il governo della maggioranza, il loro governo, la democrazia;
Ebrei, Cristiani, minoranze: vogliono sicurezza, temendo il governo sunnita;
Curdi: vogliono un alto livello d’autonomia, qualche comunità con altri Curdi.

Ciascuna di queste affermazioni può essere messa in discussione. Ma supponiamo come esperimento mentale che questa configurazione con 16 contendenti esterni e 5 interni, sia più giusta che sbagliata. La terribile violenza del “terrorismo” esterno, o di quello interno “di stato”, sono contro coloro che vogliono la democrazia? Entrambe, ma non serve chiedersi chi sia più responsabile in una polveriera: il nitrato, lo zolfo, il carbonio, o l’esplosione, o chi ha costruito la polveriera (Francia). Piuttosto, c’è qualche soluzione in vista?

Non con la violenza. Chiunque vinca sarà profondamente inviso agli altri, in una casa e una regione così profondamente divisa contro se stessa.

Non con sanzioni, indipendentemente da quanto profonde e ampie, con la partecipazione di Russia e Cina. È come punire una persona con microbi e il suo sistema immunitario che sta lottando all’interno perché ha la febbre. Più il paziente è debole, più è contagioso.

Quel che viene in mente è una soluzione svizzera. Una Siria, federale, con autonomie locali, addirittura a livello di villaggio, con sunniti, sciiti e curdi che intrattengano rapporti con i propri affini attraverso i confini.

Un peacekeeping internazionale, anche per proteggere le minoranze. E non-allineata, il che esclude basi straniere e flussi di armi, ma non esclude affatto un arbitraggio obbligatorio per le Alture del Golan (e l’assetto post-giugno 1967 in generale), con lo status di membro ONU in gioco per Israele.
Napoleone invase la Svizzera per controllarla nel 1798-1806, ma rinunciò. Faranno lo stesso gli attuali Napoleoni, Netanyahu-Obama?

Le alternative sono altre due catastrofi: guerra aperta con Arabia saudita-Giordania-Qatar; or R2P (Responsabilità di Proteggere) alla libica, con 7.700 bombe e missili. Il vincitore non sarà sopportato; e senza alcuna soluzione sostenibile in vista.

Johan Galtung
Fonte  http://www.unimondo.org/

Africa senz'acqua, qualche numero per capire meglio

Africa senza acqua


PIL ANNACQUATO
28,4 miliardi di dollari all'anno. E' quanto si calcola che l'Africa subsahriana perda ogni anno per la mancanza di accesso all'acqua pulita. Corrisponde al 5% del Pil.

ORE D'ORO
Ogni anno vengono impiegate 40 miliardi di ore di lavoro per andare a prendere l'acqua pulita alle fonti. Un lavoroc he ricade sulle spalle di donne e bambine, con conseguenze incalcolabli sulla freqeunza scolastica, sulla cura dei figli e della casa (un peso di cui, ovviamente, le donne non sono alleviate anche se devono preoccuparsi di procurare l'acqua)

BASTA UN DOLLARO
E' stato calcolato che per ogni dollaro investito in infrastrutture idriche e igieniche se ne ricavano 8 in produttività.

ACQUA CURATIVA
L'accesso all'acqua pulita riduce l'indice di mortalità infantile del 20%. Ogni anno, nel mondo, la mancanza di accesso all'acqua pulita uccide 1,8 milioni di bambini. Senza acqua pulita e igiene, infatti, si diffondono malattie come diarrea, tifo, colera e altre infezioni.

Fonte  http://www.ilmanifesto.it/

domenica 25 marzo 2012

F-35, a trillion dollar disaster - Un articolo sul sito della televisione russa RT sul programma degli F-35 Lokeed Martin


Un articolo dal sito della televisione russa RT sul programma USA degli F-35.

Mentre anche in Russia vengono fatti servizi gionalistici su questo programma, molto discusso anche negli USA, in Italia sono ,per la terza settimana consecutiva, in votazione 8 mozioni sulla partecipazione del nostro paese al programma F-35 della Lokeed Martin. Ma nessun media parla di questa votazione.

 Alcuni deputati cattolici ,appartenenti ai gruppi parlamentari dell' UDC e del Pd, hanno presentato una mozione nel luglio 2010, la mozione e' stata illustrata nell' aula di Montecitorio il 12 marzo, ma il 19 marzo e' stata ritirata ed e' stata presentata dagli stessi firmatari una nuova mozione completamente diversa.

Tutto questo nel silenzio assoluto dei media che hanno invece parlato a lungo fino al mese scorso del programma di costruzione ed acquisto di questi cacciabombardieri.

Questo il link dell' articolo del sito della televisione russa RT:
http://rt.com/usa/news/air-jsf-f-35-cost-346/


sabato 24 marzo 2012

24 marzo, ancora proteste in Bahrein e manifestazioni in Gran Bretagna contro le minacce all' Iran


Nuova manifestazione oggi in Bahrain, questo il servizio sul sito della Televisione russa R.T.

http://www.rt.com/news/bahrain-protest-death-crackdown-378/

Proteste anche in Gran Bretagna contro le minacce all' Iran, questo il servizio dello stesso sito russo

http://www.rt.com/news/iran-uk-war-protest-375/

F-35, il Canada potrebbe ridurre o rinunciare completamente all' acquisto dei 65 cacciabombardieri previsti.

Un aereo ‘santo’? Si, ma, forse no…

Renato Sacco
Fonte: Mosaico di Pace - 21 marzo 2012

Non è una battuta e neanche uno scherzo. Come si usa dire “scherza coi fanti (o i piloti…) ma lascia stare i santi”. Non c’è niente da scherzare. Purtroppo è tutto vero: qualche settimana fa il nuovo aereo F35 viene definito “santo”. Da chi? Nientemeno che dal sottosegretario per le forniture belliche del Canada, Julian Fantino. Passano alcuni giorni e, nel corso di un’audizione alla Commissione Difesa della Camera canadese, ecco la svolta, la conversione che mette in dubbio la santità dell’aereo: “Il Canada potrebbe ridurre o rinunciare del tutto all’acquisto dei nuovi caccia F-35 di fabbricazione statunitense”. L’agenzia Afp aggiunge che “il budget stanziato dalla Difesa canadese è di 8,5 miliardi di dollari canadesi per l’acquisto di 65 F-35 e altri 7,5 miliardi di dollari canadesi per la loro manutenzione.”

Siamo in Quaresima, tempo di conversione. Questo può essere un esempio che è possibile convertire, o meglio ri-convertire, il modo di guardare un aereo da guerra, costosissimo, un cacciabombardiere come l’F35, prima definito addirittura santo, e poi… per fortuna arrivano i dubbi salutari.

Ma allora si può tagliare, ridurre, fermare, questo folle progetto? Si, certo. La conferma viene dal Canada. E l’Italia? Quante bugie abbiamo ascoltato in questi ultimi tempi.

Quanti numeri ‘ufficiali’, ma sempre uno diverso dall’altro: i costi, i posti di lavoro, ecc.

Perché non porci almeno gli stessi dubbi del sottosegretario canadese? Mentre ci sono tagli su tutto, fermiamoci, cerchiamo di capire.

Vorrei dire: cerchiamo una “conversione” anche in questo settore, perché sono ancora in molti a ritenere questo F35 se non proprio santo, quasi.

Tra l’altro proprio Finmeccanica, lo scorso 13 marzo, ha ammesso, nel corso di un’audizione, che ci saranno solo 2.500 posti di lavoro a regime nel 2018.

Allora, è così fuori da ogni logica, mentre si discute di occupazione e lavoro, farsi qualche domanda?

È meglio un caccia F35 nuovo fiammante pronto a bombardare... o 32.250 borse di studio per studenti universitari?

È meglio un caccia F35 armato di tutto punto o 250 scuole italiane messe in sicurezza?

È meglio un caccia F35 oppure 18.500 ragazze e ragazzi in servizio civile? Con i soldi di un singolo caccia, si possono acquistare oltre 20 treni per pendolari, per 12.500 posti di lavoro. Solo il propulsore del caccia F35 costa come un aereo antincendio Canadair.

E l’elenco potrebbe continuare. Si tratta di scegliere chi e che cosa vogliamo difendere: le persone o gli interessi?



Intervento armato U.E. contro pirati in territorio somalo, la nuova guerra dell' Unione Europea ?



24/03/2012 - LA DECISIONE DEI MINISTRI DEGLI ESTERI

Licenza di sparare sui pirati a terra

Svolta dell'Europa nella
lotta ai predoni dei mari

MARCO ZATTERIN
CORRISPONDENTE DA BRUXELLES
Per terra, oltre che per mare. Le navi europee impegnate nell’operazione Atalanta contro la pirateria davanti al Corno d’Africa potranno sconfinare dalle acque internazionali e colpire coi loro missili anche sul litorale. I corsari del Mar Rosso - ha spiegato il capo operativo della Missione, Contrammiraglio Duncan Potts - «hanno causato danni ingenti a chi transita in quella zona ed è giusto che il nostro impegno continui». I ministri degli esteri Ue hanno pertanto deciso di estendere la missione sino al dicembre 2014. Con un mandato rafforzato: se necessario, si potrà tirare su baracche, depositi, mezzi e altri equipaggiamenti identificati sulla costa. Da bordo o anche dagli elicotteri.

L’attività di Atalanta ferve dal 2008, anno in cui l’Unione europea ha deciso di inviare le sue navi da guerra, in un numero variabile compreso fra cinque e dieci, per scortare i convogli umanitari e tenere alla larga i pirati che rendono la vita difficile a chi naviga dall’Oceano indiano verso Suez e il Mediterraneo. Ora si prova a fare di più, è una stretta consigliata dalle condizioni che peggiorano, per la quale arrivano dal bilancio Ue altri 14,9 milioni. E’ la naturale conseguenza delle indicazioni scaturite dalla conferenza sulla Somalia svoltasi in febbraio a Londra. Anche se, dicono gli osservatori, potrebbe dare luogo ad una pericolosa escalation destinata a rendere più violenti gli attacchi.

Non sarà neanche facile da attuare. Bombardare un deposito di benzina nascosto su una spiaggia richiede un’intelligence precisa. La dichiarazione diffusa dai ministri degli Esteri rivela che l’Ue intende lavorare in stretta cooperazione con il governo federale transitorio della Somalia, e con altre organizzazioni locali, per sostenere l’azione contro la pirateria. Secondo le fonti, i somali hanno fatto sapere all’Onu che accettano la nuova offerta di collaborazione. Fonti diplomatiche sottolineano comunque che non è previsto in alcun caso l’utilizzo di truppe di terra e che «i missili verranno lanciato dal mare». Lo spagnolo Jose Manuel Garcia-Margallo, che sino all’ultimo ha mantenuto una riserva sulla decisione, ha assicurato che sarà presa «ogni precauzione» per evitare di colpire i civili. Scettici pure i tedeschi.

Secondo le fonti ufficiali, Atalanta ha sinora bloccato 117 navi sospette di pirateria e consegnato gli equipaggi alla magistratura: oltre mille presunti corsari sono in attesa di giudizio. Il che ci riporta al caso dei due marò italiani, detenuti in India, dopo che una missione antipirateria in cui hanno perso la vita due pescatori. Il ministro degli esteri Giulio Terzi ne ha parlato ieri a margine del Consiglio di Bruxelles, affermando che si tratta di una questione «da risolvere molto rapidamente», e sottolineando come «la nostra valutazione è che ci sia un interesse oggettivo indiano» a chiudere la vicenda «secondo il principio fondamentale della sicurezza degli ostaggi».

L’alto rappresentante europeo per la politica estera, Catherine Ashton, ha rassicurato l’esponente del governo a proposito dell’azione diplomatica pilotata da Bruxelles. Terzi ha ammesso di «non poter parlare di aperture» indiane, per il momento: «Siamo concentrati sul percorso giudiziario che si sta svolgendo e che si sta rivelando una complessità procedurale molto rilevante, soprattutto per la giurisdizione e le prove balistiche». Roma chiede massima attenzione e cerca di coinvolgere l’Onu. I tempi sembrano però ancora destinati ad essere lunghi e la strada tutta in salita: ieri, durante l’audizione sulla richiesta di rilascio della petroliera «Lexie» il giudice CS Gopinath dell’Alta corte del Kerala ha definito «un atto terroristico» l’uccisione dei due pescatori. La Corte si è aggiornata al 27 marzo.


venerdì 23 marzo 2012

Fotovoltaico,nuovo taglio al conto energia e incentivi gia' nel 2012 ?


Quinto conto energia fotovoltaico, le primissime bozze


Circolano le prime bozze del Quinto conto energia, che si dice potrebbe arrivare entro l'estate. Vi si legge di una riduzione drastica del tetto di spesa e di novità molto penalizzanti, come il registro per tutti gli impianti sopra ai 3 kW. Un testo preoccupante per il settore e che comunque dovrebbe essere lontano dalla sua versione definitiva.

Redazione Qualenergia.it
23 marzo 2012

Che un Quinto conto energia entri in vigore a breve, prima dell'estate, è un'eventualità sempre più probabile (si veda Qualenergia.it, Arriva il quinto conto energia?). Ieri pomeriggio sono circolate le prime indiscrezioni e questa mattina abbiamo deciso di diffondere due bozze (vedi allegato, la seconda più completa), ovviamente provvisorie e non ufficiali. Siamo certi che ne seguiranno molte altre e che sarà piuttosto problematico seguire questo flusso continuo di nuove versioni.

Il nuovo regime, stando al testo, entrerebbe in vigore dal 1° luglio 2012 o al raggiungimento del limite di spesa dei 6 miliardi (in effetti già toccato dicono fonti del Ministero dello Sviluppo Economico). Basta una prima letta per capire che, se i contenuti di questa primissima bozza si concretizzassero, si tratterebbe di una vera e propria doccia fredda per il fotovoltaico italiano.

Drastico il taglio alla spesa: una delle due versioni in bozza stabilisce che bastano 500 milioni di euro all'anno per accompagnare il FV alla maturità; per fare un confronto, il Quarto conto energia invece stanziava per metà 2011 e per tutto il 2012 fondi per 810 milioni di euro solo per i grandi impianti, senza prevedere alcun limite di budget per i piccoli impianti.

Altra grossa novità che frenerebbe bruscamente le installazioni: la bozza diffusa prevede l'iscrizione a un registro, come quello attuale dei grandi impianti, per tutte le installazioni sopra ai 3 kWp. Una graduatoria che darebbe precedenza a impianti con determinate caratteristiche, per esempio quelli su edifici efficienti o in sostituzione all'eternit. Ogni semestre si autorizzerebbero gli impianti solo se si rientra in un limite di spesa di 100 milioni di euro per semestre di cui 10 riservati a quelli con caratteristiche innovative e 10 al fotovoltaico a concentrazione.

Già da luglio poi si passerebbe a un sistema incentivante basato su tariffa omnicomprensiva, che secondo il Quarto conto energia. dovrebbe partire da gennaio 201. Nella nuova bozza però la tariffa omnicomprensiva già per il secondo semstre 2012 è più o meno dimezzata rispetto alle tariffe del Quarto CE. per il 2013, mentre il premio per l'autoconsumo è molto più sostanzioso. In sintesi il mercato FV nazionale potrebbe diventare, se così normato, un mercato da appena un gigawatt/anno.

Insomma, c'è di che far preoccupare gli operatori anche se, ufficiosamente, fonti di Qualenergia.it ci assicurano che le bozze in circolazione veranno con ogni probabilità modificata pesantemente.

Lo stesso Tullio Fanelli, sottosegretario del ministero dell'Ambiente con delega all'energia, nel corso del convegno organizzato oggi da Kyoto Club e GSE sugli incentivi alle rinnovabil e all'efficienza energetica ha cercato di rassicurare pubblicamente il settore: “Le bozze in circolazione sono provvisorie e ancora poco attendibili”, ha chiarito, aggiungendo che “il Governo si impegna a trattare il fotovoltaico con la stessa attenzione riservata alle altre fonti: senza azzerarlo, ma anche senza privilegiarlo”.

Redazione Qualenergia
http://www.qualenergia.it/

Israeliano bacia iraniana, foto dilaga-Propaganda o internet puo' veramente rivoluzionare la diplomazia dal basso ?


ANSA.it
Israeliano bacia iraniana, foto dilaga

Pubblicata dal sito 'Israel-Loves-Iran'
23 marzo, 11:14

(ANSA) - TEL AVIV, 23 MAR - Sta gia' raccogliendo numerosi consensi nei siti web in Israele l'immagine di un tenero bacio scambiato da un giovane che espone il proprio passaporto israeliano con una ragazza che mostra quello iraniano.

Nel sito dove la fotografia e' comparsa la notte scorsa (Israel-Loves-Iran) stanno giungendo messaggi di congratulazione da varie parti del mondo, incluso l'Iran.

Vedi anche http://perunconflittononviolento.blogspot.it/2012/03/da-israele-campagna-di-pace-sul-web.html

Si aprono nuove strade per la diplomazia dal basso o le nuove tecniche sono sfruttate solo da chi vuole manipolare l' opinione pubblica ? Io sono per la prima ipotesi, anche se credo che per il momento abbiano scoperto le nuove tecniche di comunicazione solo i secondi. Il flusso straripante di informazioni potenziali deve essere poi interpretato e qualcuno deve proporre delle strade praticabili. E' la scommessa del futuro.

marco

giovedì 22 marzo 2012

Prima della tempesta. La situazione sull' Art.18 venerdi' mattina.


Due navi che rischiano la collisione, cosi' appare la situazione sull' art.18 venerdi' mattina.


Una nave e' guidata dal governo, l' altra e' guidata dai.......lavoratori in carne ed ossa che spingono i sindacati ed anche la "sinistra". Agli scioperi di giovedi' hanno partecipato anche iscritti Cisl e Uil, se i lavoratori gia' giovedi' sono andati oltre i sindacati...io credo che la tempesta arrivi davvero, nonostante tutte le armi mediatiche che saranno usate.

Un esagerazione ? In questo momento sono convinto di no, pronto a correggermi in caso di smentite.

Il consiglio dei ministri comincia prestissimo, alle 10,30 e probabilmente non varera' nessun testo definitivo, vedremo...

Marco venerdi' ore. 5.00

mercoledì 21 marzo 2012

F-35, una mia lettera a Il Manifesto sulle mozioni in votazione alla Camera


Lettera pubblicata da Il Manifesto il 21 Marzo 2012. La lettera e' stata inviata anche a Il Fatto Quotidiano che per il momento non l' ha pubblicata.


Lunedi’ 12 marzo alla Camera e’ iniziata la discussione di 8 mozioni sulla ristrutturazione delle Forze Armate e l’acquisto degli F-35 Lokeed Martin .

Il dibattito e’ stata poi sospeso e aggiornato, a causa di altri numerosi impegni parlamentari ,alla settimana successiva, dopo che saranno esauriti tutti i lavori gia’ previsti per questa.

Tutto sta avvenendo nel piu’ assoluto silenzio dei media che pure avevano dato molto spazio a questo tema.

Ci saranno sicuramente dei voti e probabilmente ci sara’ un nuovo documento che unifichera’ le opinioni della maggioranza ,Pd-UdC-PdL, che ha presentato per ora mozioni diverse, anche se tutti e tre i partiti oggi appoggiano la scelta del Ministro Di Paola di acquistare 90 dei 131 F-35 Lokeed Martin previsti in un primo momento.

Decine di migliaia di cittadini hanno firmato per opporsi all’ acquisto di questi cacciabombardieri, che sono predisposti per attaccare e non per difendere,e sarebbe opportuno che potessero sapere cosa pensa il Parlamento sull’ argomento, anche se le mozioni non sono vincolanti e questo governo ha piu’ volte legiferato in modo diverso da quanto annunciato in precedenza.

Marco Palombo
Roma

martedì 20 marzo 2012

Report dell' Assemblea sulla Siria a Napoli, 19 maezo 2012

Napoli, Report dell' Assemblea di ieri, 19 marzo sulla situazione siriana


Una bella assemblea, quella che si è tenuta ieri presso la sala Matteo Ripa de “L'Orientale” e che aveva come tema di discussione “Siria: no ad un'altra Libia”.

A quasi un anno dalla manifestazione nazionale contro la guerra che si svolse, proprio a Napoli nel bel mezzo dell'attacco alla Libia, anche in Siria , da mesi, è in atto una vera e propria aggressione – che segue un copione ben sperimentato.

Marinella Correggia, coraggiosa eco-attivista, dopo la breve proiezione di tre filmati creati ad arte, così come decine e decine che passano quotidianamente in rete, che mostrano scenari costruiti allo scopo di dimostrare che in Siria si commettono atrocità, così come se ne commettevano in Libia, mostrando bambini uccisi, civili torturati dall'esercit...o se non addirittura dai medici degli ospedali siriani

“Sibia e Liria”. Il bisticcio tra due nomi che sono anche il titolo del blog che racchiude gli interventi di Marinella: due sollevazioni armate, violente ed eterodirette, incuneatesi nella “primavera araba”.

L'intervento appassionato di Marinella, che ha ripreso, appunto, i temi sulle menzogne che dilagano sempre di più in queste ultime settimane, è stato seguito da un folto numero di persone e si è concluso con l'appello, condiviso da tutti, ad una manifestazione pacifica dinanzi alle sedi delle basi militari americane sparse in Italia, in contemporanea, per dire “no” alla guerra e all'ingerenza in Siria, per dire “no” all' intervento armato delle potenze occidentali.

Lina Miele

lunedì 19 marzo 2012

Ordine del giorno del Comitato Centrale Fiom su Siria e Medio Oriente


Comitato Centrale Fiom-Cgil
19 marzo 2012

Ordine del giorno: Medio Oriente.
No alla guerra, no alla repressione, basta con le occupazioni! Libertà, diritti, democrazia per tutti i popoli

Le violazioni dei diritti umani continuano da anni in molti paesi del vicino e Medio Oriente nella quasi totale acquiescenza dei loro alleati occidentali e orientali.

Arabia Saudita, Bahrain, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Giordania, Libano, Kuwait, Iran, Iraq, Oman, Qatar, Siria, Turchia, Yemen.... La pratica della repressione, con il carcere e con le armi, di chi chiede l'affermazione dei propri diritti, è ampiamente diffusa. I paesi occidentali non difendono i diritti umani violati, ma solo i loro interessi geopolitici. Esempio lampante è il caso di Israele, che, come si è visto ancora recentemente con gli attacchi contro Gaza che hanno fatto decine di vittime, reprime e uccide, estende la colonizzazione e l'esproprio di terre palestinesi nel silenzio internazionale.

Gli orrori e la follia della guerra e delle occupazioni hanno avuto ennesima prova con la strage di donne e bambini in Afghanistan da parte di militari statunitensi. Come è avvenuto in Iraq e poi in Libia, la Siria è sempre più il campo di battaglia di diversi interessi geopolitici.

Il governo siriano da mesi fa la guerra ai suoi cittadini/e che rivendicano libertà. Gruppi armati cercano di affrontare l’esercito. Sempre più si sentono richieste e minacce di interventi militari esterni e di fornitura di armi all’opposizione, da parte di governi ostili al Governo siriano. Sull'orlo di una guerra civile, le opposizioni laiche e democratiche si trovano paralizzate dal confronto armato. La ribellione pacifica popolare, cominciata un anno fa, è solo un ricordo.

Tutti i potenti, e tra loro i peggiori regimi del Medio Oriente, hanno finora ostacolato, mettendo condizioni insormontabili, qualsiasi tentativo di mediazione, e di cessate il fuoco, condizioni per aprire un negoziato che metta fine alle sofferenze della popolazione inerme.

Migliaia di profughi e sfollati lasciano in fuga le zone di guerra cercando scampo.

La repressione brutale del governo siriano si deve fermare e anche tutti i gruppi armati devono accettare un cessate il fuoco!

Condanniamo tutte le azioni militari e le violazioni dei diritti umani in Siria, da qualsiasi parte provengano. Ci opponiamo a qualsiasi intervento militare esterno, cosiddetto “umanitario”, che non farebbe altro che sostenere il conflitto armato ed aumentare le sofferenze della popolazione civile, senza risolvere alcun problema. Come ampiamente dimostrato dal recente caso della Libia.

Auspichiamo, e ci impegniamo a contribuire, affinché tutto il movimento per la pace riprenda unitariamente l'iniziativa.

Chiediamo che il governo italiano, come quelli europei, facciano valere una politica estera di relazioni con il Medio Oriente fondata sulla comprensione delle cause dei conflitti, sull'impegno a bloccare le forniture di armi ai paesi che violano i diritti umani, e a ricercare la mediazione con azioni diplomatiche, creando le condizioni affinché ciascun popolo possa decidere liberamente e pacificamente del proprio futuro, condizione essenziale per l'affermazione e l'estensione della democrazia, nei paesi orientali come in quelli occidentali.

Israele : intervista ad una refusenik (I refuse to join an army....)


“Non sarò parte di questi crimini”: parla una refusenik

di Jillian Kestler-D’Amours (The Electronic Intifada)

Qualche giorno fa, la 18enne israeliana Noam Gur ha pubblicamente annunciato la sua intenzione di rifiutare l’obbligo al servizio militare.Nella lettera aperta, Gur comincia dicendo: “Rifiuto di entrare nell’esercito israeliano perché non intendo far parte di un esercito che, fin dalla sua creazione, è stato impegnato nel dominio di un’altra nazione, nel saccheggio e il terrorismo contro una popolazione civile sotto il suo controllo”. (“I refuse to join an army that has, since it was established, been engaged in dominating another nation: An interview with Israeli refuser Noam Gur,” Mondoweiss, 12 March 2012).

La corrispondente di Electronic Intifada, Jillian Kestler-D’Amours, ha parlato con Gur sulle ragioni che l’hanno portata alla decisione di rifiutare il servizio militare, su quali reazioni abbia finora ricevuto e su quello che vuole che altri giovani israeliani sappiano in merito alla realtà dell’esercito israeliano.

JKD: Perché hai deciso di rifiutare il tuo servizio militare?

NG: Israele, dal giorno della sua creazione, sta commettendo crimini di guerra e crimini contro l’umanità, dalla Nabka (il trasferimento forzato di 750mila palestinesi tra il 1947 e il 1948) ad oggi. Lo vediamo nell’ultimo massacro a Gaza, lo vediamo nella vita quotidiana dei palestinesi sotto occupazione nella Striscia e in Cisgiordania, lo vediamo nella vita dei palestinesi in Israele, il modo in cui vengono trattati. Non credo di appartenere a questo posto. Non credo di poter personalmente prendere parte a tali crimini e penso che abbiamo il dovere di criticare l’istituzione militare e i crimini che compie e uscire allo scoperto per dire che non serviremo in un esercito che occupa un altro popolo.

JKD: Questo porta ad un’altra domanda: perché hai deciso di rendere pubblico il tuo rifiuto, invece di – come in genere fanno altri israeliani che non svolgono il servizio militare – usare una scusa?

NG: Dieci anni fa ci fu un imponente movimento di refusenik e negli ultimi due o tre anni è quasi scomparso. Sono la sola refusenik quest’anno, per me è un modo per far sapere alla gente che ancora esistiamo, prima di tutto. In secondo luogo, non voglio restare in silenzio. Sento che fin dalle scuole superiori, siamo sempre rimasti in silenzio. Lasciamo sempre che le nostre critiche escano fuori in piccoli circoli. Il mondo non lo sa, i palestinesi non lo sanno. Non so se cambierà qualcosa, ma io posso solo provare. Mi sento meglio con me stessa, sapere che ho provato a compiere anche solo il più piccolo cambiamento.

JKD: La tua famiglia ha avuto un’influenza nella tua decisione di rifiutare il servizio militare?

NG: I miei genitori non sono politicizzati. Entrambi hanno servito nell’esercito. Mio padre ha preso parte alla prima guerra in Libano ed è stato ferito. Mia madre, la stessa cosa. La mia sorella maggiore era nella polizia di frontiera. Il mio destino era terminare gli studi e entrare nell’esercito. Era il mio percorso naturale. Da quando ho 15 anni, ho iniziato ad interessarmi alla Nakba del 1948. Ho cominciato a leggere e a comprendere il quadro completo. Non so esattamente perché, ma è successo. Più tardi, ho letto le testimonianze e le storie di palestinesi della Cisgiordania e di ex soldati, ho conosciuto amici palestinesi e partecipato a manifestazioni di protesta in Cisgiordania, vedendo cosa sta avvenendo con i miei occhi. A 16 anni, ho deciso di non servire nell’esercito.

JKD: Quale reazione c’è stata dopo il tuo annuncio pubblico?

NG: I miei genitori non mi hanno sostenuto. Credo che mia madre e mio padre sappiano che non hanno possibilità di fermarmi perché è la mia decisione e ho 18 anni. Non sono più in contatto con la maggior parte dei miei compagni di scuola, molti di loro sono nell’esercito. Ho ricevuto tante positive risposte negli ultimi giorni, ma anche commenti poco amichevoli.

JKD: Come ti hanno fatto sentire simili commenti?

NG: Mi hanno fatto capire che devo andare avanti con quello che sto facendo. Molti commenti mi hanno fatto sentire…anche se erano crudeli, mi hanno fatto capire che sto facendo la cosa giusta perché sto seguendo i miei ideali. È quello che penso sia giusto e non mi importa di quello che la gente dice.

JKD: Cosa accadrà quando formalmente rifiuterai il servizio militare?

NG: Il 16 aprile devo presentarmi al centro di reclutamento di Ramat Gan. Andrò lì e dichiarerò che rifiuto. Starò lì qualche ora e poi sarò giudicata e condannata alla prigione, da una settimana ad un mese. passerò il mio tempo in un carcere femminile e poi sarò rilasciata. Quando sarò fuori, andrò di nuovo a Ramat Gan e di nuovo sarò condannata, da una settimana ad un mese. Continuerà così fino a quando l’esercito deciderà di smettere.

JKD: Cosa deve cambiare dentro la società israeliana perché sempre più giovani decidano di rifiutare il servizio militare?

NG: Non sono sicura ch questo possa accadere. Credo che siamo ad un punto di non ritorno. Se davvero vogliamo cambiare qualcosa nella società israeliana, la pressione deve essere davvero forte, da fuori. È per questo che sostengo la campagna Boicottaggio Disinvestimento & Sanzioni. È davvero difficile cambiare qualcosa dall’interno. Quasi impossibile.

JKD: Cosa vorresti dire agli altri diciottenni israeliani che stanno per cominciare il servizio militare?

NG: Credo sia importante che ognuno guardi a cosa sta facendo. Penso che molti diciottenni, per mia esperienza personale, non sappiano cosa stanno per fare. Non sanno quello che accade a Gaza e in Cisgiordania. Il solo modo in cui vedranno i palestinesi per la prima volta sarà da soldati. Sarebbe intelligente per cominciare, prima di entrare nell’esercito, capire qual è la realtà. Cercare di realizzare, parlare con la gente. Non è così spaventoso. Cercare di leggere quello che la gente dice. Penso sia veramente importante capire quello che sta avvenendo.

Jillian Kestler-D’Amours è una reporter e regista di documentari a Gerusalemme. Potete trovare il suo lavoro su http://jkdamours.com/

Questo testo e' stesso messo in rete da Stefania Russo che credo sia anche l' autrice della traduzione.













Da Israele campagna di pace sul web: "Iraniani vi amiamo !" . Con internet uno strumento potentissimo per la diplomazia dal basso ?



Pagina su Facebbok per dire no alla guerra. Da Teheran solo elogi.
“ Iraniani, vi amiamo “
Due artisti di Tek Aviv lanciano una campagna di pace. Il web dice si.
di Giorgio Scura

Roma- “Io non ti odio, io non voglio che i nostri paesi entrino in guerra. Io ti amo”. Due ragazzi israeliani, due grafici, Roni Edri e Michal Tamir, hanno voluto tendere la mano agli iraniani. Mentre i rispettivi governi si scambiano avvertimenti e minacce quasi ogni giorno, le persone si parlano in Rete e si scambiano messaggi di pace.
“ Fratelli e sorelle iraniani – ha scritto Edri sul web – se proprio e’ inevitabile che fra di noi scoppi un conflitto, prima almeno dovremmo odiarci e avere paura gli uni degli altri. Ma io non ho paura di voi e nemmeno vi odio. Anzi, non vi conosco affatto. Fatta eccezione per un iraniano incontrato in un museo di Parigi, che poi era anche simpatico.” La campagna si e’ tramutata in una pagina Facebook e un logo da condividere sui social network: “Iraniani, vi amiamo. Non bombarderemo mai il vostro Paese”.
L’ iniziativa ha raccolto molte adesioni in Israele e non e’ passato molto che dall’ Iran qualcuno abbia raccolto il messaggio e risposto: “Israeliani vi amiamo. Non bombarderemo mai il vostro paese”. Un immagine bellissima e genuina: mentre i governanti si ringhiano contro per chissa’ quale nascosto interesse, le popolazioni si stringono e si schierano: per la pace. La prossima fase potrebbe essere l’ organizzazione di manifestazioni simultanee contro la guerra a Tel Aviv e a Tehran. Sarebbe davvero un bel giorno.

Voci da Twitter

Condividetela
Un’iniziativa deliziosa, condividetela!
Nicholas Santome

Vi amiamo
Israeliani, noi vi amiamo ! Dall’ Iran.
Koursh

Un film
Un film, una commedia romantica.
Serhat Akin

Sciocchi leader
Non e’ possibile condividere questa troppo spesso. Spero che questo meme si diffondera’. Fara’ alcuni leader guardare piuttosto sciocco.
Engelbert Luitsz

Una possibilita’
Tutto quello che stiamo dicendo e’ molto semplice: diamo una possibilita’ alla pace.
David

Penso postivo
La gente dovrebbe iniziare campagne come questa, dove gli abitanti di due paesi “nemici” possano formulare insieme pensieri positivi e promuoverli.
Steve

Da Leggo giornale free press

domenica 18 marzo 2012

2012,fotovoltaico, in arrivo un quinto conto energia ?

Verso un quinto conto energia fotovoltaico?


Nei giorni scorsi il ministro dell'Ambiente ha parlato pubblicamente di un possibile quinto conto energia. Quanta vita ha davanti il conto energia attuale? I limiti di spesa non saranno raggiunti prima del 2015. Ma una morte prematura potrebbe arrivare entro l'estate, per evitare le conseguenze dei ricorsi al Tar delle aziende.

Redazione Qualenergia.it
16 marzo 2012


Non c'è pace per il fotovoltaico italiano. A togliere il sonno agli operatori le ultime dichiarazioni del ministro del'Ambiente Corrado Clini su un possibile nuovo conto energia. Nel corso di un convegno a Modena lunedì scorso, il ministro ha parlato di "un quinto Conto Energia" che “darà la priorità al fotovoltaico destinato all’autoconsumo civile e industriale, privilegiando le soluzioni rinnovabili applicate agli edifici connessi con sistemi di efficienza energetica”.

Il quarto Conto Energia dunque si avvia a morte prematura? L'attuale sistema incentivante, ricordiamo, nasce con due scadenze: una temporale, il 31 dicembre 2016, e una di obiettivi: un tetto di 23 GW di installato e uno di spesa in incentivi annuo “tra i 6 e 7 miliardi di euro”. Su Qualenergia.it da tempo seguiamo la possibile evoluzione (vedi Speciale Conto Energia). Attualmente siamo arrivati a un monte incentivi di 5,6 miliardi l'anno e a quasi 13 GW di potenza installata. Una delle domande chiave per il futuro del conto energia è: quando verrà raggiunto il limite di spesa?

Segnaliamo la risposta a questa domanda di Joel Zunato di Elemens, estratta da un intervento apparso su Quotidiano Energia: la corsa verso il tetto dei 6-7 miliardi, secondo l'analista della società di consulenza, rallenterà nettamente nel corso del 2012, “questo è dovuto non solo, e non tanto, al taglio dell’incentivo quanto all’impianto complessivo del quarto Conto (e alla mancata apertura del Registro grandi impianti per il secondo semestre 2012) e agli effetti del decreto legislativo 28 del 2011 che di fatto ha bloccato la realizzazione di impianti su terreno agricolo. L’insieme di questi elementi comprimerà l’installato dell’anno in corso rispetto ai numeri che immaginavamo. Già i primi due mesi dell’anno sembrano confermare questa tendenza con dati provvisori che, se proiettati su base annua, determineranno un costo di non molto superiore ai 400 milioni di euro. Molto probabilmente quindi la prima soglia indicativa di 6 miliardi di euro non sarà raggiunta nel corso del 2012, bensì nel corso del primo semestre 2013”.

A questo punto saremo all’interno del nuovo meccanismo previsto dal quarto Conto energia per il quadriennio 2013-2016, che modula gli incentivi dal secondo semestre 2013, andando a incidere su durata e valore, in modo da contenerli entro il tetto di spesa (per gli impianti in esercizio in quel quadriennio) di 1.361 milioni di euro. Da qui, secondo l'analisi di Elemens, potremo avere due scenari.

In uno, di forte crescita, le tariffe del secondo semestre 2013 non verrebbero decurtate del 9% come previsto oggi, bensì del 30-40% e i 7 miliardi verrebbero raggiunti tra giugno e dicembre 2014. Nel secondo scenario, con i grandi impianti fuorigioco e una crescita stabilizzata sui 2 GW annui, verrebbe intaccata meno della metà del budget previsto nel quadriennio e il 2013 si chiuderebbe con un costo cumulato annuale intorno ai 6,5 miliardi: i 7 miliardi verrebbero così raggiunti nel corso del secondo semestre 2015. “La verità si trova probabilmente all’interno della forchetta tra questi due scenari. Da analisi sviluppate in Elemens, azzardando alcune ipotesi sull’installato nei vari semestri, possiamo attenderci la fine dei giochi entro giugno 2015”, scrive Zunato.

Per com'è strutturato, il quarto Conto energia non è quindi di per sé in immediato pericolo di vita. Le voci sempre più insistenti di un suo prepensionamento non trovano oggettivi riscontri nei valori di spesa che genera. “Se così sarà, dipenderà quindi esclusivamente da valutazioni di carattere politico (governativo)”, scrive l'analista. Intervento politico che dovrebbe in ogni caso essere fatto "entro l’estate, probabilmente dopo il varo del 'decreto elettrico'” e “comunque entro l’11 luglio 2012, data in cui il Tar Lazio si dovrà esprimere in merito ai ricorsi presentati da molte aziende contro alcune disposizioni del quarto Conto energia”.

Nel caso venissero accolte le istanze dei ricorrenti, infatti, “potrebbe anche tornare in vigore il terzo Conto energia: un quinto conto potrebbe evitare le conseguenze di un simile mostro giuridico se sarà in grado di superare le censure di illegittimità sollevate oggi nei confronti del quarto”.

Redazione Qualenergia.it
16 marzo 2012

Fonte  http://www.qualenergia.it/

SANGRE SIRIA: QUIÉNES SON LOS MUERTOS ? QUIÉN MATÓ A QUIÉN, Y QUIÉNES SON LOS QUE LO DICEN?



18 marzo 2012

SANGRE SIRIA: QUIÉNES SON LOS MUERTOS? ¿QUIÉN MATÓ A QUIÉN, Y QUIÉNES SON LOS QUE LO DICEN?
Marinella Correggia
Traduzione di Stefania Russo

Hace unos días todo medio, desde la Cnn en el sitio Egypt Independent, hasta los medios italianos, titulaban: “desde que empezó la represión de Assad, se cuentan más de 8 000 muertos, y la gran mayoría son civiles, según ONU”. En realidad no era precisamente la Organización de las Naciones Unidas que lo decía, sino más bien El presidente de turno de la Asamblea General de la ONU, Nasir Abdulaziz al Naser, que – y muy pocos lo precisan – es embajador de Qatar. El 28 de febrero, Reauters titulaba: “Las fuerzas sirias han matado a más de 7 500 civiles desde el comienzo de las revueltas, declara un funcionario de la ONU”. En realidad – como salía del mismo texto – Lynn Pascoe, secretario general adjunto de la ONU para Asuntos Políticos, no determinó quién mató a quién, pues no lo sabe.

Como ya sucedió en Libia hace unos meses atrás, también en el caso de Siria los medios occidentales y árabes, la ONU y ONGs, divulgan vídeos facilitados por opositores sirios, a quienes los llaman “activistas”, sin que se averigue su veracidad. Por el saldo de muertos que sigue creciendo siempre responsabilizan a “milicias del régimen” y no se preocupan distinguir entre víctimas civiles y combatientes armados.

Sin embargo la analista política de la Universidad de Oxford, Sharmine Narwani (en “Questioning the Syrian “Casualty List”, en el periódico libanés http://english.al-akhbar.com/content/questioning-syrian-%E2%80%9Ccasualty-list%E2%80%9D) analizó las “listas de muertos”. Ella mencionó también a analistas del grupo de inteligencia de Texas, Stratfor (Strategic Forecasting), quienes consideran que el gobierno sirio se mide, pues teme una intervención extranjera, como la en Libia, (http://www.stratfor.com/node/835), y que las denuncias más graves de los “activistas” de la oposición resultaron exageradas o falsas.

Sharmine Narwani demostró que por ejemplo en las listas de “víctimas de Assad” aparecen también nombres de palestinos asesinados por israelíes en los altos del Golán en septiembre, y de representantes pro-régimen sirio. Narwani se pregunta cómo los “activistas” (de la oposición siria), que son las fuentes de información de los medios y la ONU, cada día logren contar los muertos en medio de un conflicto. Y además se pregunta: ¿los muertos civiles eran contra o a favor del régimen sirio? ¿Y fueron asesinados intencionalmente? ¿Y entre los civiles desarmados, han calculado también los rebeldes armados contra Assad, (quienes jamás aparecen como categoría)?

A menudo los medios mencionan como fuente de informaciones al Alto Comisionado de las Naciones Unidas para los Derechos Humanos; y a su vez éste se fundamenta en cifras proporcionadas por dos grupos: el Observatorio Sirio de Derechos Humanos que radica en Gran Bretaña (y que tiene dos cabezas que pelean entre sí) y los Comités de Coordinación Local, que alimentan el Violations Documenting Centre (Vdc). Bueno, el VdC distingue dos categorías de víctimas: las de los “civiles” y las de los “desertores asesinados por haber desobedecido la órden de matar a civiles”. ¿Y ningún soldado que no desertó fue matado? Esto contradice también el informe (que fue ocultado) de los observadores de la Liga Árabe (http://tunisitri.wordpress.com/2012/01/30/le-rapport-de-la-mission-des-observateurs-arabes-en-syrie/#more-4548/) quienes testimoniaron acerca de actos de violencia de la oposición armada contra civiles y militares. El gobierno habla de 2 000 muertos entre las fuerzas de orden. ¿Y cuántos son los desertores que fueron asesinados? La oposición no da los nombres. Las primeras víctimas miliateres fueron nueve soldados que viajaban en un autobús hacia Tartous que fue atacado el 10 de abril de 2011. Supuestos “testigos” que fueron mencionados por los medios, los señalaban como desertores asesinados por haberse negado disparar contra manifestantes. Sin embargo un superviviente refutó eso rotundamente (http://www.joshualandis.com/blog/?p=9115).

Además, muchos vídeos de “mártires” que circulan por youtube, y a los que los medios dan tremendo eco, no dicen nada sobre las circunstancias de su muerte, siempre que esos vídeos no resulten falsos. Y respeto a los manifestantes desarmados y asesinados por los “francotiradores”, los opositores sirios los consideran hombres de Asad, mientras que para el gobierno sirio son terroristas. Esas son interpretaciones opuestas que conciernen también los acontecimientos de Homs y los asesinatos de mujeres y niños que salieron en los últimos vídeos atroces.

Traduzione dell’articolo a cura di Stefania Russo che voglio qui ringraziare. M.C.
Fonte  http://www.sibialiria.org/