domenica 27 novembre 2011

Syria-Peticion international contra cualquier injerencia extranjera y para que restablezcan los derechos humanos-peacelink.it

PETICIÓN INTERNACIONAL URGENTE CONTRA CUALQUIER INJERENCIA EXSTRANJERA EN SIRIA Y PARA QUE SE RESTABLEZCAN LOS DERECHOS HUMANOS Y LA LEGALIDAD

Las presentes organizaciones no gubernamentales en defensa de los derechos humanos piden con fuerza que las Naciones Unidas y las Comunidades Internacionales actúen ya para que se detenga cada intento de intervención militar extranjera contra Siria y se favorezca de buena fe una verdadera mediación. Esta negligencia muy grave no puede seguir.

Ya hace meses se está desarrollando una creciente campaña mediática internacional acerca de los acontecimentos en Siria, que por la mayoría de las veces se fundamenta en noticias parciales y que no son fidedignas, como ya sucedió en Libia.

Lo que se conoce es que se están multiplicando enfrentamientos muy violentos entre las tropas del gobierno y las de los rebeldes, quienes se autoproclamaron“Ejército de liberación de Siria”, y que tienen sus bases en territorio turco fronterizo con Siria. Estas violencias ya ocasionaron pérdidas muy grandes, incluso civiles inocentes, los que siempre pagan el precio más alto en toda guerra. Entonces ambos bandos armados tienen su responsabilidad.

Sin embargo una intervención militar extranjera de ninguna manera puede representar un amparo para los civiles y los derechos humanos.

AFIRMAMOS CON FUERZA QUE:

1) la llamada “intervención miltar humanitraria” es la peor solución posible y no se puede considerar legítima de ninguna manera. La protección de los derechos humanos no se logra a través de la guerra;
2) al contrario, ésa solo produce violaciones de los derechos humanos muy graves como consecuencia inevitabile (como ya sucedió en la “guerra humanitaria” en Libia);
3) se detenga la penetración de armas desde el exterior, pues eso hace que se fomente la “guerra civil”;
4) no es tolerable que en Siria se repita el escenario libio, donde una “no fly zone” se convirtió en intervención militar, con masacres de civiles y violaciones de los derechos humanos.

LES PEDIMOS CON FUERZA QUE FAVOREZCAN:

1) una mediación neutral entre los dos bandos y un alto el fuego: recordemos que la propuesta de algunos países de Ámerica latina que integran la Alba fue aceptada también por la oposición pacífica;
2) una acción para detener la injerencia militar y política extranjera que quiere desestabilizar el país;
3) la reincorporación de Siria en el Bloque Regional;
4) el levantamiento ya de todas sanciones que amenza el bienestar de los civiles;
5) una comisión internacional de investigación integrada por países neutrales para que se averigüe la verdad;
6) el envío de observadores internacionales que conprueben hechos y noticias que están circulando en los grandes medios.

PROMOVIDO POR:
Associazione Peacelink, Italia

Appeal-Syria no War-Appeal urgent to stop Foreign Military Intervention in Syria and to restore human rights and respect for legality - Peacelink

Urgent Appeal to Stop Foreign Military Intervention in Syria and to restore human rights and respect for legality. Petizione internazionale urgente alle Nazioni Unite sostenuta da diverse organizzazioni non governative umanitarie e a difesa dei diritti umani.

Syria NO WAR
Urgent Appeal to Stop Foreign Military Intervention in Syria
and to restore human rights and respect for legality

We, the undersigned non-governmental, human rights, and humanitarian organizations, urge you to mobilize the United Nations and the international community to take immediate action to halt any foreign military intervention against Syria, and instead, to act in good faith for a true mediation. Time is of the essence. We ask to act in good faith in favor of a true and peaceful mediation.
Over the past few months we have observed a steadily increasing media campaign that presents a partial and unverified account of what is happening in Syria. The same thing occurred in the lead-up to foreign intervention in the case of Libya as well.
We know that there are violent clashes between government troops and the armed insurgents of the self-proclaimed “Syria Liberated Army” with bases in Turkey, near the Syrian border. And we know that such conflicts are provoking an enormous death toll among civilians as well. Innocent civilians are the first victims of every conflict. It therefore seems clear that in Syria both armed sides bear responsibilities.
But external military interference is absolutely not the way to protect civilians and human rights.

WE STRONGLY AFFIRM THAT:

1) the proposed so-called "humanitarian military intervention" in Syria is by far the worst option and can claim no legitimacy whatsoever; protection of human rights is not obtained through armed intervention;
2) indeed, recent history shows that the inevitable results of foreign armed intervention are massive human rights violations, as in Libya;
3) smuggling weapons into an area of conflict only fuels a "civil" war and must be stopped;
4) the Libyan scenario must not be allowed to take place in Syria, i.e. a “no-fly zone” which turns into direct military intervention followed by massacres and massive human rights violations.

WE THEREFORE URGE THE INTERNATIONAL COMMUNITY TO FAVOR:

1) a ceasefire on both sides and neutral mediation between the parties: we remind that a proposal made by some Latin American countries from the Alba group seems to be welcomed also by the non-armed opposition
2) action to stop foreign military and political interference in Syria aimed at destabilizing the country (and possibly the entire region);
3) reinstatement of Syria into the Regional Block;3) a halt to current sanctions which are harming civilians;
4) an international investigative mission by neutral countries and organizations to ascertain the truth about the conditions of life in Syria;
5) an investigation by neutral international observers into the accusations and news reports coming out of Syria and which at present it has not been possible to verify.

Petizione. No alla guerra in Siria,si ai diritti umani e alla legalita' - di Peacelink

PROMOTED BY
Peacelink Association, Italy

NO ALLA GUERRA IN SIRIA
SI' AI DIRITTI UMANI E ALLA LEGALITA’

Le sottoscritte organizzazioni non governative umanitarie e a difesa dei diritti umani chiedono con forza alle Nazioni Unite e alla comunità internazionale di agire immediatamente per fermare ogni tentativo di intervento militare straniero contro la Siria e di favorire una vera mediazione svolta in buona fede. Questa imperdonabile negligenza non può continuare.
Com’è noto, nei mesi scorsi c’è stata una crescente campagna mediatica internazionale sugli eventi in Siria, spesso basata su resoconti parziali e non verificabili, com’è già successo nel caso della Libia.
Quello che si sa è che sono in corso violenti scontri fra truppe governative e le truppe di insorti dell'autoproclamato Esercito di Liberazione della Siria, con basi in Turchia al confine con la Siria, e che questo crescendo di violenze ha già provocato enormi perdite anche di civili. I civili innocenti sono le prime vittime di ogni guerra. Entrambe le parti armate hanno dunque responsabilità.
Ma l'intervento militare esterna non è assolutamente il modo per proteggere i civili e i diritti umani.

AFFERMIAMO CON FORZA CHE:

1) Il cosiddetto “intervento militare umanitario” è la soluzione peggiore possibile e non può ritenersi legittimo in nessun modo; la protezione dei diritti umani non viene raggiunta dagli interventi armati;
2) al contrario le guerre portano, come inevitabili conseguenze, ad imponenti violazioni dei diritti umani (come si è visto nel caso della “guerra umanitaria” in Libia);
3) l'introduzione di armi dall’estero non fa che alimentare la “guerra civile” e pertanto dev'essere fermato;
4) non è tollerabile che si ripeta in Siria lo scenario libico, dove una “no-fly zone” si è trasformata in intervento militare diretto, con massacri di civili e violazioni dei diritti umani.

VI CHIEDIAMO CON FORZA DI FAVORIRE:

1) una mediazione neutrale tra le parti e un cessate il fuoco: ricordiamo che la proposta avanzata da alcuni paesi latinoamericani del gruppo Alba è gradita anche all’opposizione non armata;
2) un’azione per fermare l’interferenza militare e politica straniera, volta a destabilizzare il paese;
3) il reintegro della Siria nel Blocco Regionale;
4) lo stop a tutte le sanzioni che attualmente minacciano il benessere dei civili;
5) una missione d’indagine internazionale parallela da parte di paesi neutrali per accertare la verità;
6) l'invio di osservatori internazionali che verifichino fatti e notizie che circolano attualmente privi di verifiche e di verificabilità.

E’ possibile inviare le adesioni a questo link
http://www.peacelink.it/campagne/index.php?id=91&id_topic=4

Le adesioni delle Associazioni saranno inviate all’ Onu e a vari organismi internazionali e nazionali. Sono importantissime pero’ anche adesioni di persone singole ed e’ graditissimo un aiuto a fare conoscere la petizione. Qualcuno potrebbe essere contento di firmare la petizione e solo il tuo impegno potrebbe permettergli di conoscerla

venerdì 25 novembre 2011

Economist "L' euro si distruggera' tra giorni"

Economist: "L' euro si distruggera' tra giorni "
da www.unita.it
25 novembre 2011

«L’area del mondo finanziariamente meglio integrata si lacererebbe tra default, fallimenti delle banche, nazionalizzazioni».

E' questo lo scenario che gli analisti dell'Economist, prestigiosa rivista inglese, tratteggiano per l'Europa. E non parlano di anni o mesi, ma di settimane, se non giorni.

«L’eurozona si ritroverebbe spezzettata o tuttalpiù divisa in due, un blocco settentrionale più o meno compatto e uno meridionale frammentato. Molti trattati verrebbero infranti. Le differenze di valore e prestazioni tra le monete delle aree più solide e quelle delle aree periferiche porterebbero con ogni probabilità allo svuotamento del mercato unico. La stessa sopravvivenza dell’Unione Europea sarebbe messa in discussione».

Per dare ancora più forza al suo allarme, la redazione ha scelto di mettere in copertina la moneta di un euro in fiamme che precipita nel vuoto. «Non si può andare avanti così a lungo – si legge nell'editoriale - Senza drastici cambiamenti, da parte della BCE e dei leader europei, la moneta unica potrebbe distruggersi nel giro di poche settimane. L’evento scatenante può essere il fallimento di una grande banca, la caduta di un governo, un altro flop in un’asta di titoli».

Al centro dell'analisi anche il nostro paese: «L’ultima settimana di gennaio l’Italia dovrà rifinanziarsi piazzando titoli per 30 miliardi di euro. Se i mercati non risponderanno bene, e la BCE nemmeno, l’Italia si ritroverebbe a un passo dal default».

Fonte www.unita.it

lunedì 21 novembre 2011

Marco Ferrando (PCL), sul patto di consultazione tra le forze che si oppongono al governo Monti

INTERVISTA A MARCO FERRANDO (20 Novembre 2011)
di Paolo Persichetti su “Liberazione” del 19 novembre

Marco Ferrando, a nome del Pcl ha accolto favorevolmente la proposta di un «patto di consultazione permanente» tra tutte le forze che intendono opporsi al governo Monti, lanciata su queste pagine da Paolo Ferrero. Si tratta - ci spiega - di un passaggio «che è imposto dalla situazione e che noi accettiamo a prescindere, anche perché l'unità d'azione su obiettivi comuni, di lotta e di movimento a sinistra, è un elemento distintivo della nostra cultura e tradizione politica. A maggior ragione se interviene in uno scenario politico che rappresenta un salto in avanti dell'offensiva sociale e politica lanciata contro il movimento dei lavoratori e i movimenti di massa».

Affrontiamo subito la novità introdotta dall'esecutivo Monti.

Siamo di fronte alla riunificazione politica e sociale del blocco dominante, è quindi del tutto evidente che contro questo governo di unità nazionale si deve costruire un patto di unità d'azione tra tutte le realtà, i movimenti e tutte le sinistre politiche, sindacali e associative.

Cosa proponete?

Al primo posto c'è la necessità di chiarire una volta per tutte la questione del rapporto col centrosinistra e col Pd.

Su questo punto dentro la Fds, e nell'area più larga della sinistra sociale e dei movimenti, ci sono posizioni diverse, ricche di sfumature. Per voi si tratta di una condizione o di un tema di discussione?

Non poniamo condizioni, siamo dentro il patto di consultazione a prescindere ma vogliamo un confronto aperto, largo, non solo fra stati maggiori, in cui ci riserviamo di dire quello che pensiamo dentro un quadro di confronto unitario. Ricordo che anche nel '95 si faceva tutti insieme l'opposizione al governo Dini, ma quell'opposizione prefigurò una ricomposizione del centrosinistra. Ebbene siamo fermamente contrari alla riproposizione di uno schema del genere, anche perchè il Pd per l'ennesima volta ha dato prova di non essere nemmeno una forza della sinistra moderata, e neanche un partito coerentemente democratico, al di là del suo nome. E solo un partito legato a doppio filo agli interessi dell'industria, delle banche, del blocco dominante.

E gli altri punti?

Il fronte unico non deve essere un semplice cartello delle sinistre politiche, ma un fronte largo che coinvolga sinistra sindacale e movimenti per produrre una svolta radicale sul terreno della mobilitazione e della lotta. L'esperienza dimostra che non si riesce ad affrontare la crisi capitalistica procedendo ad ordine sparso con atti simbolici e scioperi rituali. Bisogna discutere insieme su come costruire un salto verso la radicalizzazione di massa delle iniziative di lotta: quando parliamo di vertenza generale, occupazione delle fabbriche e dei licei, costruzione di una cassa nazionale di resistenza, alludiamo a questa necessità. Infine non è più sufficiente continuare ad assumere come orizzonte il cosiddetto antiliberismo, quasi configurando la possibilità di una riforma sociale neokeynesiana del capitalismo. Il carattere strutturale della crisi ci dice che l'orizzonte deve essere apertamente anticapitalista e quindi deve toccare il tema dell'annullamento del debito pubblico verso le banche, i rapporti di proprietà nel settore finanziario e produttivo.

Non vi è piaciuto il coro di sdegno sui fatti del 15 ottobre.

Il grosso problema del 15 non sono stati i cosiddetti black bloc ma la mancata assunzione di responsabilità da parte della direzione del movimento. Avevamo proposto una manifestazione che marciasse sui palazzi del potere rivendicando un diritto democratico praticato in tutte le capitali del mondo. Lo spazio che in quella giornata hanno preso alcune forme di lotta nichilista è stato direttamente proporzionale alla mancata assunzione di questa responsabilità.
PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI
Fonte
email: info@pclavoratori.

sabato 19 novembre 2011

3 dicembre,la CGIL annulla manifestazione a Roma, la sua fiducia al governo Monti

La CGIL smobilita in favore del governo Monti

Continuiamo con piu’ forza a prendere l’ iniziativa:
SOLIDALI CONTRO LA CRISI

La CGIL ha preso la grave decisione di revocare il corteo del 3 dicembre, trasformandolo in un’ assemblea dei propri delegati. Le motivazioni addotte sono una vergognosa capitolazione al governo Monti, cui la CGIL attribuisce una positiva inversione di tendenza nei confronti del governo precedente. Il governo Monti invece e’ un tentativo del sistema democratico che coinvolge alcuni suoi uomini di punta: tecnocrati ed esponenti della superborghesia per affrontare la crisi in chiave apertamente antipopolare ad aggiungere la bancarotta di questo Stato e la decadenza democratica ingannando e sfruttando la gente comune.

Mettendoci al seguito di tutte le forze politiche, incluse quelle del centro-sinistra che hanno apertamente sostenuto il governo Monti, cantandone le lodi, la CGIL ha prso una decisione che priva decine di migliaia di lavoratori della possibilita’ di reagire e far sentire la propria voce nei confronti dell’ attacco ai bisogni di vita.
Socialismo rivoluzionario che sta sollecitando la possibilita’ della gente comune di unirsi in modo solidale contro questo nuovo governo ha appoggiato la proposta dei Comitati solidali, ripresa dall’ Associazione 3 febbraio di prendere l’ iniziativa per confermare un settore della solidarieta’ nell’ ambito del corteo del 3 dicembre.

Mentre denunciamo la smobilitazione della CGIL assumiamo la confortante notizia che il regolamento tecnico dei CSA ha rilanciato l’ appello “solidali contro la crisi” e che numerosi Comitati solidali lo hanno discusso e sottoscritto come impegno attivo di reazione.

Ci sembra inoltre importante che il Coordinamento nazionale dell’ Associazione “3 febbraio” assieme ai rappresentanti dei profughi, abbia sostenuto questo appello. E’ importante che le realta’ solidali che hanno assunto e portato avanti l’ iniziativa trovino le forme ed i modi piu’ opportuni per continuare a svilupparla, anche il 3 dicembre, guardando agli interessi di fondo della nostra gente, ed offrendo loro, a tutte le realta’ solidali, a tutte le persone impegnate nella solidarieta’ e nel volontariato, una strada concreta e perseguibile per una alternativa solidale. Sosteniamo in questo senso gli importanti appuntamenti gia’ convocati della assemblea nazionale degli immigrati il 4 dicembre a Napoli e della Assemblea nazionale dei comitati solidali il 15 gennaio 2012.

Socialismo rivoluzionario
La comune

mercoledì 16 novembre 2011

Novembre 2011,crisi finanziaria/economica dell' Occidente e guerre, a che punto e' la notte.

Dopo molte settimane di proteste contro il mondo della finanza possiamo provare a inquadrare un minimo la situazione.

La crisi finanziaria e' grave in Europa ma anche negli USA. Ancora pero' le tempeste finanziarie degli ultimi tre-quattro mesi non hanno avuto conseguenze complete sull' economia reale.

Cioe' la crisi dell' economia reale e' gravissima, ma e' sempre quella di qualche mese fa, le tempeste finanziarie ed i tagli in arrivo probabilmente provocheranno una nuova recessione; una diminuzione della produzione rispetto ai mesi scorsi. Cioe' un ulteriore aggravamento della crisi dell' economia reale.

Ci sono proteste ancora abbastanza generiche , e' stato individuato il mondo dele borse e della finanza come responsabile o corresponsabile della crisi, ma ancora mancano proposte economiche alternative chiare e con un seguito forte.

Il tentativo piu' forte di combattere le politiche economiche correnti, neoliberiste, e' stata la proposta del referendum greco che ha terrorizzato l' oligarchia economica e politica, ma e' stato per il momento neutralizzato.

La protesta e' latente, sotterranea, diffusa. In Italia gli incidenti del 15 ottobre sono bastati, insieme alla decisione di Alemanno di negare le strade di Roma alle proteste, a bloccare sul nascere una opposizione piu' vasta.

Come ha detto giustamente un sindacalista dell' USB, manifestazioni pro o contro Berlusconi hanno occuppato il centro di Roma, ma studenti e lavoratori non possono percorrere gli stessi luoghi per manifestare contro le politiche economiche che ormai non solo solo di Berlusconi ma di tutta la Ue e di tutta la politica nelle istituzioni. Il TG3, La7, Repubblica continuano ad attaccare Berlusconi ma sono ormai militanti nel difendere le politiche economiche della Bce, Ue,di Monti.

Ma questo tappo potrebbe saltare in Italia e nel mondo occidentale e altre politiche economiche potrebbe essere rivendicate da strati di popolazione di dimensioni notevoli.

La crisi finanziaria sta per investire anche la Francia e questo avrebbe contraccolpi enormi, soprattutto nell' opinione pubblica che capirebbe che non e' una crisi provocata da poche cicale greche o berlusconiane, quindi minoranze particolari,

MA E' CRISI DELL' INTERA UNIONE EUROPEA E DELLE SUE POLITICHE NEOLIBERISTE PRESENTATE ED IMPOSTE COME SENZA ALTERNATIVE.

A questo punto temo davvero che

-la crisi sempre piu' grave in arrivo,
-la finanza ormai vista come responsabile o corresponsabile,
-la possibilita' che strati ampi di popolazione si aggreghino non su sola protesta ma anche per politiche diverse, di redistribuzione di ricchezza

provochino l' arrivo di diversivi fortissimi per la pubblica opinione, come successe nel 2001 con l' attentato delle torri gemelle. Per esempio qualche nuova guerra impedirebbe nell' occidente lo scontro di diversi interessi che ormai stanno capendo di essere in conflitto tra loro.

marco

lunedì 14 novembre 2011

15 novembre, iniziano le dirette audio-video del Comitato No Debito

Il Comitato No Debito va in diretta

Martedi 15 novembre alle 14,30 il Comitato No Debito trasmette in diretta il primo dei suoi appuntamenti bisettimanali audio e video.
Informazioni sulla campagna No Debito e referendum, commenti, appuntamenti. In studio Giorgio Cremaschi
Sarà possibile vedere e sentire in diretta la trasmissione
in streaming video su www.libera.tv/
in streaming audio su www.radiocittaperta.it
via etere nel Lazio su 88.9 mhz
invitiamo tutte le emittenti e le pagine web che lo vorranno, a collegarsi in diretta via streaming.

Commissione comunicazione del Comitato Non Debito

Libri: M.Correggia,"Libia.l'ultima delle guerre"

Questo libro, di prossima uscita, si puo' prenotare sul sito www.produzionidalbasso.com

LA PROPOSTA.
Libro bianco “Libia. L'ULTIMA DELLE GUERRE" di Marinella Correggia,si chiede come evitare le prossime guerre occidentali studiando le cinque di questo ventennio. Partendo dalla (frustrante) militanza pacifista contro la guerra alla Libia e contro le altre guerre occidentali dal 1991 a oggi, il testo esamina le numerose menzogne e le ugualmente numerose omissioni di verità che hanno preceduto e accompagnato l’intervento Nato in Libia e i precedenti, dal 1991 a oggi (Iraq, Kosovo, Afghanistan). Esamina anche il fallimento e l'ignavia dei "movimenti" occidentali un tempo considerato la "seconda superpotenza pacifista". Descrive cause vere e vere conseguenze della guerra. E chi lavorò per la pace e chi no a livello di stati e di organizzazioni non statali. Propone una Rete internazionale per la Verità sulla Libia e contro le guerre occidentali. Che il sacrificio della Libia sia la tomba della Nato.

L'ARGOMENTO.
Ancora una volta E PIU' CHE MAI LA DISINFORMAZIONE FA LE GUERRE. In questo caso la falsa notizia di febbraio "in Libia Gheddafi ha assassinato 10mila manifestanti" ha dato la stura alla guerra; altre menzogne l'hanno accompagnata. Il ruolo dei media e in generale della comunicazione nella guerra Nato alla Libia, la quinta alla quale partecipa l’Italia dal 1991, è stato riassunto così da Lucio Caracciolo di Limes: “Questa guerra sarà ricordata come il collasso dell’informazione

A CHE SERVE QUESTO LIBRO BIANCO?
Risponderei così: “La vera democrazia è avere accesso a informazioni veritiere. Per poter decidere. I governi occidentali quando fanno guerre per interessi petroliferi e geostrategici debbono comunque mascherarle da azioni umanitarie e quindi mentire, con l’aiuto dei media. Quindi svelare tutto l’apparato di bugie (che spesso si ripetono da una guerra all’altra) e renderle fruibili tutte in un solo documento, può servire a far sì che alla prossima guerra non ci ingannino più. I governanti sapranno che sappiamo!

La guerra della Nato in Libia, la quinta guerra occidentale nell’ultimo ventennio, ha riassunto e amplificato le caratteristiche delle quattro guerre per le risorse e il controllo geostrategico che si sono susseguite: Iraq 1991, Jugoslavia/Kosovo 1999, Afghanistan 2001, Iraq 2003…Simili anzi amplificati e resi più efficaci i meccanismi, ovvero le menzogne e la narrazione necessarie a rendere “umanitario” l’intervento geostrategico; simili gli intenti (controllo delle risorse e della situazione geostrategica e politica); simili gli esiti nefasti, con crimini di guerra, effetti collaterali e sfaldamento di paesi.

Ma stavolta a differenza delle altre la propaganda ha lavorato a tutto spettro ottenendo l’astensione da parte delle popolazioni non solo occidentali. Gli attori di guerra, gli astenuti e gli attori di pace in effetti stavolta si sono dislocati diversamente. Si pensi all’azione di mediazione invano offerta dai governi dell’America Latina e, con qualche ritardo, dall’Unione africana.
E si pensi al "silenzio dei pacifisti".

In tutto questo, c’è la specificità dell’Italia, unico paese insieme a Usa e Gran Bretagna ad aver partecipato – malgrado l’art. 11 della Costituzione - a tutte e cinque le guerre prese in considerazione. Con quest’ultima, l’Italia ha celebrato i suoi 150 anni di vita, ma anche i cento anni giusti dalla colonizzazione della Libia e dai primi esperimenti dell’aviazione di guerra.

Eppure si può pensare che, essendo stato stavolta toccato il fondo quanto a pretesti per la guerra e quanto a mancanza di impegno popolare, da qui si possa e debba ripartire per un impegno futuro contro le guerre imperialiste da parte di cittadini e governi non belligeranti?

Il libro è frutto dell’impegno ventennale dell’autrice contro le guerre occidentali come via cruentissima per il mantenimento di un sistema mondiale di privilegio e apartheid e di un modello produttivo e di consumo distruttivo e iniquo. Dunque un impegno ecosociale per la pace.

La seconda parte del libro è una chiamata all’azione. Partendo da una “storia delle azioni pacifiste nelle cinque guerre” (una storia mai scritta) e dai suoi insuccessi, nonché dall’analisi del ruolo degli attori governativi non belligeranti, l’autrice cerca che cosa potrebbe funzionare, in nuove sinergie, e in funzione strutturale e preventiva come emergenziale e “a bombe cadenti” perché quella in Libia sia…l’ultima delle guerre.

Almeno, di quelle occidentali.

NOTA BIOGRAFICA MINIMA.Marinella Correggia,l’autrice del libro bianco che qui si propone è ecopacifista e si divide fra l’attivismo e il lavoro di giornalista/scrittrice nonché autoproduttrice agricola. Sin dalla guerra del Golfo del 1991 ha cercato di contrastare il sommo dei mali, la guerra, con l’informazione (vari articoli e reportage, e il libro Si ferma una bomba in volo?)e la partecipazione a campagne e delegazioni.

Fonte www.produzionidalbasso.com

domenica 13 novembre 2011

Per un'opposizione di sinistra, plurale e antiliberista, al governo Monti

E' necessaria subito un' opposizione di sinistra, plurale e antiliberista, al governo Monti. In caso contrario i limiti che esploderanno del governo Monti e del centrosinistra saranno capitalizzati solo da berlusconi e Lega.Questa sinistra dovra' essere costituente di una nuova sinistra, plurale e antiliberista, che si presenti in ogni spazio anche elettorale.

marco

ADDIO A BERLUSCONI E AL SUO GOVERNO
ADESSO OPPOSIZIONE AL GOVERNO DELLE BANCHE E DELLA FINANZA EUROPEA

Le migliaia di donne e uomini nelle piazze in tante città italiane giustamente festeggiano le dimissioni di un personaggio che troppi danni ha fatto negli anni in cui è stato presidente del consiglio – e anche in quelli in cui è stato all’opposizione.

Non condividiamo di questi festeggiamenti la disattenzione per come è avvenuta la caduta di Berlusconi e per quello che succedera da questo momento.

Nemmeno condividiamo la gioia verso il presidente Napolitano, che è stato protagonista di questa caduta per rispondere alle esigenze del capitale e della leadership politica europea, che consideravano Berlusconi e il suo governo inadatti a portare a termine le politiche di austerità e di distruzione dello stato sociale che in tutta Europa sono l’unica “risposta” alla crisi.

Tantomeno possiamo dimenticare che la cronaca di un’austerità annunciata porta il nome di Mario Monti, commissario integerrimo che vietava qualsiasi aiuto di Stato, per favorire gli interessi delle grandi banche e per garantire la deregulation del sistema finanziario. Lo stesso Mario Monti che sul “Corriere della sera” esaltava le “riforme” di Gelmini e Marchionne. Può seriamente qualcuno a sinistra pensare che sia l’uomo giusto, che possa rappresentare qualcosa di “meglio”?

Non c’è un “dopo”, quindi, c’è invece un presente rappresentato da un governo pericoloso per gli interessi delle classi popolari e che ha come suo unico programma nuove e più pesanti manovre economico-finanziarie contro lavoratrici e lavoratori, per maggiori privatizzazioni dei beni comuni, per asservire ancora maggiormente le scelte interne alle esigenze del capitale europeo.

Un governo che vuole vendere la vecchia ideologia secondo la quale dalla crisi si può uscire solamente con ulteriori sacrifici dopo che il welfare, i salari, le pensioni fanno sacrifici da più di vent'anni.

Per lavoratrici e lavoratori, precari/e, giovani, migranti c’è solo una strada possibile: l’opposizione immediata e ferma al governo Monti-Napolitano – ricostruendo dal basso le ragioni e l’organizzazione necessarie per resistere a nuove manovre contro di loro e per costruire una rete che ponga le questioni dell’alternativa sociale e politica, facendo pagare la crisi a chi l’ha provocata.

Non ci sono scorciatoie istituzionali: l’unica via democratica non può che venire da elezioni immediate e da un confronto sulla politica e sui programmi che provi a far tesoro di quanto accaduto negli ultimi quattro anni – con una sinistra anticapitalista che rifiuti qualsiasi compromesso di “unità nazionale” o “tecnico” e organizzi l’opposizione sociale e politica.

Invitiamo tutte/i a costruire la più ampia unità delle forze che rifiutano il governo Monti per un’uscita da sinistra alla crisi. Noi ci saremo.

Esecutivo nazionale Sinistra Critica
www.sinistracritica.org

"Non possiamo smantellare la casa del padrone con gli attrezzi del padrone", Audre Lorde , poetessa

Barcellona,Indignados ed elezioni politiche del 20 novembre

Gli indignados saranno protagonisti anche di queste elezioni politiche spagnole dopo esserlo stati per le amministrative di primavera ? Manca una sola settimana alle elezioni e sembra davvero tardi, pero' la Spagna e' il paese dove Zapatero ha vinto le elezioni la prima volta (se non sbaglio) per un evento, l' attentato sanguinoso attribuito per propaganda all'Eta dal governo,negli ultimi giorni.
Cosi' segnalo la notizia, anche perche' negli stessi giorni in Italia altri dovranno decidere se stare con la U.E e BCE o con gli Indignados. Forse lo devono decidere anche alcuni che si definiscono indignati.

Marco


ANSA.it:Indignati a Plaza Catalunya a Barcellona
A una settimana dalle politiche anticipate del 20 novembre
12 novembre 17:43

ANSA -MADRID - A una settimana dalle politiche anticipate spagnole del 20 novembre gli indignados di Barcellona hanno rioccupato la notte scorsa la Plaza Catalunya, uno dei due grandi simboli con Puerta del Sol a Madrid dell'esplosione del movimento nel maggio scorso. I giovani intendono rimanere accampati sulla piazza della citta' catalana, dove hanno aperto un 'punto d'informazione' sulle elezioni, almeno fino al giorno del voto, ha indicato un loro portavoce. Il movimento non ha dato indicazioni di voto.

giovedì 10 novembre 2011

Nicaragua e Guatemala:Uomini Contro la Violenza

L'AHCV (Asociaciòn Hombres Contra la Violencia)

L’Associazione è stata formalmente costituita il 20 maggio del 2000 su iniziativa del gruppo uomini di Managua, attivo dal 1993 (l’anno in cui è nato anche il nostro gruppo...). Una settantina di gruppi-uomini sono attivi in quasi tutte le regioni del Nicaragua, impegnati a:
- Promuovere nuove forme di relazioni tra uomini e donne
- Prevenire e ridurre la violenza di genere e di generazione
- Stimolare processi di cambiamento delle forme di pensiero, delle attitudini, dei valori e dei comportamenti machisti degli uomini in Nicaragua
- Promuovere spazi educativi e di riflessione sulle modalità di esercizio del potere tra uomini e sul cambiamento personale verso pratiche di uguaglianza in tutte le relazioni
- Incidere sulle politiche pubbliche per orientarle all’uguaglianza di diritti, opportunità e responsabilità per donne e uomini di ogni età e condizione sociale
Le loro iniziative specifiche possono essere così riassunte:
- Organizzano campagne di riflessione e sensibilizzazione nelle regioni dove c’é più violenza (anche se il Nicaragua – ci hanno detto – è il Paese centramericano dove c’è meno violenza...)
- Curano tre “reti” per fasce d’età: bambini fino agli 11 anni; adolescenti e giovani dai 12 ai 23; adulti; sia nelle campagne che nelle città
- A loro fa riferimento anche una rete di gay
- Promuovono il consolidamento di una Rete Centramericana e del Caribe di uomini contro la violenza: il 23 novembre prossimo questa rete si incontrerà in un convegno a cui Julio mi ha invitato a partecipare via skype
- Cercano di far maturare la responsabilità maschile nella prevenzione della violenza di genere e dell’AIDS, in particolare promuovendo e diffondendo i diritti sessuali e riproduttivi di donne e giovani.

I diritti umani

I “diritti umani” sono come una parola d’ordine universale, che abbiamo letto dappertutto e sentito ripetere spesso, tanto in Nicaragua quanto in Guatemala. E, tra la documentazione che abbiamo portato con noi, sono molti gli opuscoli che ne parlano. A leggerli sembrerebbe che le Istituzioni quasi non pensino ad altro, mentre la realtà è profondamente diversa. Riprenderò l’argomento parlando del Guatemala.
La rete nicaraguense degli uomini contro la violenza insiste nell’iniziativa per “promuovere l’organizzazione di gruppi di uomini che si impegnino, in reti locali, in pratiche di nonviolenza verso le donne, di uguaglianza tra i generi e di giustizia sociale basata sui diritti umani”. Una foto li ritrae mentre reggono un enorme striscione, durante una manifestazione pubblica, in difesa dei diritti umani.

Uomini di verità o la verità sugli uomini

E’ il titolo di una “Guida alla riflessione con gruppi di uomini in tema di Genere e Mascolinità” (se qualcuno/a volesse consultarla, Julio me ne ha regalato una copia), realizzata in sinergia tra l’AHCV e un’agenzia di cooperazione internazionale dell’Irlanda del Nord.
E’ costituita da “30 sessioni di riflessione divise in 5 cicli, indirizzate in primo luogo a uomini adolescenti, giovani e adulti che non hanno mai avuto contatti con la tematica di genere e mascolinità. (...) Per gruppi che hanno già avuto contatti con la tematica è possibile selezionare sessioni specifiche di particolare interesse, dal momento che ogni sessione costituisce una unità completa in sé”.
I 5 cicli sono così articolati:
1. Disimparare il machismo (5 sessioni)
2. Mascolinità, potere e violenza (7 sessioni)
3. La sessualità maschile (12 sessioni)
4. Imparare a essere padri (3 sessioni)
5. La comunicazione interpersonale (3 sessioni)
In alcune sessioni del terzo ciclo è raccomandata la presenza di donne specialiste sui temi della sessualità umana. Ovviamente se il gruppo è preventivamente d’accordo; e con questa motivazione: “L’accompagnamento da parte di donne è importante per dare stimoli al processo di riflessione tra uomini e per assicurare che il risultato delle varie sessioni porti a una maggior qualità di vita delle donne.
Non prendere in considerazione il punto di vista femminile intorno al cambiamento maschile può comportare il rischio che un gruppo di uomini, con le migliori intenzioni del mondo, cada nella complicità e, invece di mettere in discussione il machismo, finisca per giustificarlo. L’accompagnamento da parte di donne organizzate è un fattore decisivo per il successo del processo di riflessione tra uomini”.

Noi uomini abbiamo una responsabilità di fronte all’aborto

“Nella nostra qualità di fratelli, padri, fidanzati, mariti e amici di donne che in qualche momento hanno avuto o potrebbero avere necessità di un aborto terapeutico per salvaguardare la propria vita e la propria salute, rifiutiamo la pretesa di penalizzare l’aborto terapeutico. Pensiamo che l’aborto terapeutico non sia un delitto, bensì un mezzo necessario per salvare la vita della donna e salvaguardare la sua salute. Si tratta di un diritto della donna a mettere al primo posto la propria salute e il proprio benessere.
Noi uomini non abbiamo nessun diritto di obbligare le donne a mettere a rischio la vita per continuare una gravidanza che può portarle alla morte. Con la penalizzazione dell’aborto terapeutico si condanna a uno o due anni di carcere la donna che l’abbia subito, ma non si dice che cosa fare agli uomini corresponsabili di un aborto. Se l’aborto terapeutico viene penalizzato, allora anche gli uomini dovrebbero venir incarcerati. Infatti siamo cause dirette di molti aborti quando ci comportiamo nei seguenti modi:
- Far pressione od obbligare le donne a relazioni sessuali
- Rifiutare l’uso del preservativo o di altro metodo anticoncezionale maschile o impedire che la nostra compagne utilizzi un metodo anticoncezionale, come le pillole
- Esercitare violenza fisica, sessuale o psicologica contro la nostra compagna
- Negare la nostra responsabilità nelle gravidanze
- Non adempiere ai nostri obblighi legali e morali di corrispondere gli “alimenti” a figli e figlie
- Non adempiere al nostro dovere morale di essere padri responsabili
- Fare pressione e minacciare la nostra compagna affinché abortisca. Le donne devono avere l’ultima parola.

Storicamente le istituzioni sociali e religiose hanno voluto regolamentare la vita sessuale e riproduttiva delle donne. I portavoce e i principali leader di queste istituzioni sono stati e continuano ad essere gli uomini. Si tratta quindi di una imposizione di norme nella vita delle donne da parte di noi uomini.
Ma sono le donne quelle che vivono nel loro corpo l’esperienza della gravidanza e dell’aborto, e questo dà loro un’autorità speciale per avere l’ultima parola nel merito. L’aborto è un tema molto complesso e delicato e, quindi, crediamo che i sentimenti e le preoccupazioni delle donne debbano essere il fattore fondamentale, perché è nel loro corpo che avviene la gravidanza. L’uomo che mette incinta una donna, come risultato di una relazione sessuale condivisa, gioca anche un ruolo importante e ha delle responsabilità di fronte a questa gravidanza.
L’autoritarismo morale è un’altra manifestazione del machismo. Non si dovrebbe imporre una particolare visione morale in relazione al tema della riproduzione e dell’aborto. Siamo di fronte a uno dei temi etici più controversi a livello mondiale. Non esiste un unico modo di porsi di fronte alla gravidanza e all’aborto da un punto di vista morale. Alcune persone pensano che fin dalle prime settimane di gravidanza già viva un essere umano nel ventre della madre. Noi, con altre persone, crediamo che quello che c’è sia un embrione, che porterà alla formazione di un essere umano, e che, se durante questo processo di gestazione si arriva a mettere in pericolo la vita della donna incinta, sia un obbligo morale dare la priorità alla salute integrale e alla vita della donna.
Sappiamo che su questo tema non c’è consenso nella società. Per questo chiediamo che non si penalizzi l’aborto terapeutico e rifiutiamo l’autoritarismo morale fondamentalista che oggi vuole condannare le donne al carcere e alla morte”.
(documento del GU di Managua, a pag. 87 della “Guida” – traduzione mia)

In Guatemala

Dicevo della grande quantità di materiale che abbiamo visto circolare sui “diritti umani”. A Città di Guatemala abbiamo incontrato anche un’associazione di donne femministe e altre che si occupano di mantenere viva la consapevolezza intorno alla democrazia e alla memoria delle sofferenze causate dalle varie dittature. Purtroppo la corruzione continua a impedire che le elezioni politiche, come quelle recenti, portino a significativi cambiamenti istituzionali.
Con due uomini ho soprattutto parlato di violenza, a Città di Guatemala: Gérard Lutte, anima del movimento dei giovani e delle giovani di strada (Mojoca), e José Domingo, avvocato di un comitato che sostiene un movimento di contadini/e.
Lutte ha esordito dicendo che in Guatemala ogni anno circa 3000 donne vengono uccise per mano maschile. Ci sono iniziative organizzate, come la “Casa 8 marzo” del Mojoca e altre, che cercano di metterle al sicuro, convincendole a lasciare la strada. “Speriamo –ha concluso – che le donne comincino a non educare più i figli al machismo...”.
L’efficacia del “metodo Mojoca” sta nel fatto che anche gli uomini che vivono sui marciapiedi vengono invitati a cambiare vita, lasciando la strada ed entrando nella “Casa de los amigos”. Noi li abbiamo incontrati e ascoltati: tutti sognano di vincere definitivamente la tentazione delle droghe, di lavorare o studiare e di poter accedere finalmente a una vita “normale”, fatta di relazioni serene con una compagna e con figli e figlie.
Domingo ci diceva rassegnato che la violenza maschile è una cultura diffusa e che è molto complicato contrastarla, anche se c’è una legge dello Stato in proposito. Quale efficacia possa avere quella legge ce lo dice l’elezione recente a presidente della repubblica di un uomo famoso per essere stato un torturatore ai tempi della dittatura. Anche un fratello di Domingo è stato ucciso, cinque anni fa, presumibilmente per motivi politici.
Sia in Nicaragua che in Guatemala gli amici e le amiche ci consigliavano di non uscire dopo il tramonto, se non con taxisti fidati...
Anche in Guatemala l’associazione AHCV ha qualche contatto con uomini, ma è significativo che quell’associazione femminista, incontrata nel Parque Central, non fosse a conoscenza di alcun gruppo e di alcuna iniziativa maschile contro la violenza alle donne.
Ho anche saputo, però, da un’altra signora, che in Guatemala opera la “Liga Guatemalteca de la Higiene Mental”, una ong che si occupa della violenza nelle scuole, aiutando i bambini a “confrontarsi” con i propri padri.
Sono sicuro che quegli splendidi ragazzi del Mojoca stanno imparando a stare nelle relazioni con rispetto e nonviolenza... ma so anche, per esperienza diretta, che, se non c’è capacità di riflessione, il rischio di vivere la sessualità come puro esercizio di sfogo e potere, invece che come pratica, piacevolissima, di relazione, è sempre in agguato. Sotto ogni cielo.

Infine... quante “giornate”!

Dal Guatemala abbiamo portato anche opuscoli e volantini che documentano una notevole attenzione ai problemi causati alle donne dalla cultura patriarcale e dal machismo così diffuso. L’elenco delle “giornate dedicate” si allunga:
- 8 marzo, giornata internazionale della donna
- 11 maggio, giornata nazionale delle levatrici
- 28 maggio, giornata mondiale per la salute delle donne
- 25 luglio, giornata internazionale delle donne afrocaraibiche e afrodiscendenti
- 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza alle donne.
Ma non basta, evidentemente, aumentare le giornate “dedicate” alla commemorazione, alla memoria, alla celebrazione. Bisogna che quello di cui facciamo memoria diventi pratica quotidiana nella vita di ciascuno e ciascuna. O finisce come con l’Eucarestia nella tradizione cattolica: invece di imparare a “fare come Gesù”, che ha spezzato la sua vita mettendola a servizio di chi lo incontrava, la si è trasformata in oggetto di culto e strumento di controllo sulle coscienze, attraverso un’assurda e dettagliatissima lista di regole. E il mondo continua ad andare alla deriva...
Scrive su un segnalibro l’ “Alleanza Femminista Centroamericana per la Trasformazione della Cultura Patriarcale”:
“Esse ci hanno ereditato il diritto al voto... essi ci impediscono di prendere decisioni a favore dei nostri diritti (...). Mettiamo in discussione il modello di democrazia esistente, che subordina, rende invisibili e limita la partecipazione e la decisione delle donne (...)”.
E su un pieghevole del “Centro di Documentazione dell’Associazione Tierra Viva”:
“I libri mi hanno insegnato a pensare e il pensiero mi ha reso libera (...).
Il Guatemala è un paese con alti indici di analfabetismo e scarso accesso all’informazione. L’accesso alla conoscenza non è un diritto, ma un privilegio. Soprattutto per le donne (...).
La cultura patriarcale mantiene le donne in un sistema di subordinazione e oppressione, dove non siamo visibili come soggette di diritti e doveri, che ci permettano di avanzare nei cambiamenti che sono necessari per una società giusta ed egualitaria (...)”.

Scelta lesbica

Un’altra fuggevole riflessione di Gérard Lutte diceva dell’aumento del lesbismo a causa del machismo violento. E sui muri della capitale abbiamo letto molte scritte di questo tenore: lesbianas en rebeldìa (lesbiche ribelli) – lesbianas indigenas – lesbianas negras indigenas ...
Ogni scelta di ribellione e di liberazione dall’oppressione patriarcale è anche frutto del desiderio di felicità. Auguro a ogni donna e a ogni uomo del Guatemala di cercare e trovare la felicità anche nelle relazioni tra di loro, tra uomini e donne.
Dedico questo numero di Uomini in Cammino, con tutti i suoi limiti nella scelta dei testi e di traduzione, ad Alexander Muñoz, assassinato martedì 27 settembre; e ai ragazzi e alle ragazze del Mo.Jo.Ca in Guatemala, forti testimoni del loro desiderio di vita e di felicità.

Beppe Pavan
www.uominincammino.it
www.maschileplurale.it

lunedì 7 novembre 2011

Campagna per il congelamento del debito - Centro Nuovo Modello di Sviluppo

CAMPAGNA PER IL CONGELAMENTO DEL DEBITO

Continuano a farci credere che per uscire dal debito dobbiamo accettare manovre lacrime e sangue che ci impoveriscono e demoliscono i nostri diritti. Non è vero. La politica delle manovre sulle spalle dei deboli è voluta dalle autorità monetarie europee come risultato della speculazione. Ma è intollerabile che lo Stato si adegui ai ricatti del mercato: la sovranità appartiene al popolo, non al mercato!

Esiste un'altra via d'uscita dal debito. E' la via del congelamento e se la condividi ti invitiamo a firmare e a diffondere questo documento, affinché si crei una grande onda che dica basta alle continue manovre che distruggono il tessuto sociale. Il problema del debito va risolto alla radice riducendone la portata. Non è vero che tutto il debito va ripagato, il popolo ha l'obbligo di restituire solo quella parte che è stato utilizzata per il bene comune e solo se sono stati pagati tassi di interesse accettabili. Tutto il resto, dovuto a ruberie, sprechi, corruzione, è illegittimo e immorale, come hanno sempre sostenuto i popoli del Sud del mondo.

Per questo chiediamo un'immediata sospensione del pagamento di interessi e capitale, con contemporanea creazione di un'autorevole commissione d'inchiesta che faccia luce sulla formazione del debito e sulla legittimità di tutte le sue componenti. Le operazioni che dovessero risultare illegittime, per modalità di decisione o per pagamento di tassi di interesse iniqui, saranno denunciate e ripudiate come già è avvenuto in altri paesi.

La sospensione sarà relativa alla parte di debito posseduto dai grandi investitori istituzionali (banche, assicurazioni e fondi di investimento sia italiani che stranieri) che detengono oltre l’80% del suo valore. I piccoli risparmiatori vanno esclusi per non compromettere la loro sicurezza di vita.

Contemporaneamente va aperto un serio e ampio dibattito pubblico sulle strade da intraprendere per garantire la stabilità finanziaria del paese secondo criteri di equità e giustizia.

Almeno cinque proposte ci sembrano irrinunciabili:

•riforma fiscale basata su criteri di tassazione marcatamente progressiva;
•cancellazione dei privilegi fiscali e seria lotta a ogni forma di evasione fiscale;
•eliminazione degli sprechi e dei privilegi di tutte le caste: politici, alti funzionari, dirigenti di società;
•riduzione delle spese militari alle sole esigenze di difesa del paese e ritiro da tutte le missioni neocoloniali;
•abbandono delle grandi opere faraoniche orientando gli investimenti al risanamento dei territori, al potenziamento delle infrastrutture e dell'economia locali, al miglioramento dei servizi sociali col coinvolgimento delle comunità.

Attorno a queste poche, ma concrete rivendicazioni, è importante avviare un dibattito quanto più ampio possibile, partecipando al forum appositamente costituito all'indirizzo www.cnms.it/forum

Se poi l'onda crescerà, come speriamo, decideremo tutti insieme come procedere per rafforzarci e ottenere che questa proposta si trasformi in realtà.


Francuccio Gesualdi ,
Aldo Zanchetta,
Alex Zanotelli,
Bruno Amoroso,
Antonio Moscato,
Alberto Zoratti, Claudia Navoni, Rodrigo A.Rivas, Giorgio Riolo, Roberto Bugliani, Luigi Piccioni, Michele Boato, Carlo Contestabile Ciaccio, Roberto Fondi, Roberto Mancini, Gianni Novelli, Achille Rossi, Paolo Cacciari, Maurizio Fratta, Fabio Lucchesi, Lorenzo Guadagnucci, Nadia Ranieri, Paola Mazzone, Enrico Peyretti, Gaia Capogna, Francesco Amendola, Uberto Sapienza, Manuela Moschi, Mauro Casini, Roberto Viani, Michela Caniparoli, Franco Fantozzi, Franco Nolli

domenica 6 novembre 2011

Cosa fare per fermare le prossime guerre dell' Occidente?

Concordo con Marinella che le prossime guerre dovremmo cercare di evitarle, impresa impossibile ? Le dovessi fermare da solo direi proprio di si, se ci muoviamo bene, anche in un numero dell' ordine di qualche decina, possiamo invece fare qualcosa.

Sono convinto che l' attivita' ben preparata di qualche decina di persone possa dare molto fastidio e forse far saltare qualche progetto, soprattutto perche' c'e' una vasta parte di opinione pubblica che vedrebbe di buon occhio le sue attivita',il gruppo iniziale si ingrandirebbe con altre adesioni e soprattutto

perche' abbiamo ragione e le ultime guerre sono state giustificate da bugie e propaganda anche abbastanza grossolana.

Penso che in questo momento non riusciremmo a fare delle azioni adeguate, mentre credo che in ultimi due mesi siamo riusciti a mettere qualche decina di persone in un minimo di collegamento tra loro. All' inizio di settembre questi collegamenti non li vedevo.

Allora come fare azioni efficaci partendo dalle nostre forze reali, con i nostri limiti numerici e anche di altra natura ? Penso che dovremmo parlarne almeno una volta di persona, magari dopo aver preparato la discussione da incontri locali e collegamenti tra i gruppi diversi.

Non e' facile, ma intanto il 4 novembre a Roma al presidio eravamo un buon numero e qualcuno ha approfittato dell' occasione per prendere contatto con la rete. Altre iniziative si sono svolte in altre citta' e il tema delle spese militari e' sempre piu' "nominato" nelle dichiarazioni politiche e del movimento.

Le azioni nonviolente hanno una storia e c'e' anche qualche libro sul tema, possono essere efficaci se proporzionate alle nostre forze e ai nostre limiti reali e se ben comunicate, poi il grosso dell' aiuto lo dara' il fatto che opporsi ad una guerra e' una causa giustissima.

sabato 5 novembre 2011

Comitato NoDebito-Referendum contro le misure economiche chieste dalla BCE all'Italia.

Referendum anche in Italia

E' la proposta avanzata dal Comitato "No Debito" del 1 ottobre. "Gli strumenti ci sono, è già avvenuto sull'Europa nel 1989" dice Giorgio Cremaschi. E si pensa a lanciare un vero e proprio referendum autogestito

imq
Mentre la Grecia fa marcia indietro sull’ipotesi del referendum popolare, c’è chi in Italia chiede che un referendum si svolga anche nel nostro paese. Obiettivo: la lettera di Trichet e Draghi al governo italiano cioè le misure economiche che la Banca centrale chiede siano applicate dall’Italia. Gli strumenti ci sono, assicura il “Comitato No Debito”, il coordinamento di varie forze sindacali, sociali, politiche, ambientaliste che si è formato lo scorso 1 ottobre in una grande assemblea al teatro Ambra Jovinelli di Roma. A presentare la proposta in conferenza stampa è stato Giorgio Cremaschi, presidente del Comitato centrale della Fiom affiancato dai diversi rappresentanti del Comitato: Usb, Forum ambientalista, sinistra Cgil, Rete Viola, Rifondazione comunista, Sinistra Critica, Pcl, Rete del comunisti, Alternativa di Giulietto Chiesa e altri ancora. “Non siamo euroscettici, diciamo no ai vincoli europei e diciamo no al debito. E chiediamo di poter decidere con un vero e proprio referendum” spiega Cremaschi che punta il dito contro i vertici dell’Unione europea a cominciare dal presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi. “Questa Europa è ormai alternativa alla democrazia, la piega e la fa soccombere” viene ripetuto in diversi interventi a poche ore dalla decisione della Grecia di fare marcia indietro sul referendum.

“E invece noi, aggiunge Cremaschi, un referendum lo chiediamo anche per quanto riguarda l’Italia”. Come? A spiegarne le modalità è Franco Russo che da anni segue le tematiche giuridiche e costituzionali con l’occhio rivolto ai movimenti socali, “Istituzionalmente, dice, la cosa è perfettamente fattibile perché non si voterebbe sui Trattati, cosa vietata dall’articolo 75 della Costituzione, ma sulle politiche dettate dall’Unione”. Russo spiega che la lettera di Trichet e Draghi del 4 agosto non è altro che la riproposizione delle linee guida stabilite dall’Ecofin a giugno. Quelle direttive sono diventate legge europea il 21 giugno e dunque è su quello che occorrebbe pronunciarsi. “Si tratterebbe dunque di un referendum di indirizzo, cioè consultivo e basterebbe, come già avvenuto una volta nel 1989, che il Parlamento varasse una legge costituzionale per permettere una consultazione popolare”. Sulla scheda andrebbe scritto: “Siete favorevoli ai piani di salvataggio stabiliti dall’Unione europea?”.

Il Comitato No Debito lancerà una petizione formale al Parlamento, sulla quale saranno raccolte le adesioni più ampie, per chiedere questa iniziativa. Senza, ovviamente, farsi illusioni In subordine, è la proposta lanciata ieri, c’è l’ipotesi di un vero e proprio referendum “autogestito”. “Proveremo a organizzare centinaia e centinaia di urne per permettere un voto popolare che pesi sull’attuale fase politica”.

Fonte www.ilmegafonoquotidiano.it

"Non possiamo smantellare la casa del padrone con gli attrezzi del padrone",Audre Lorde,poetessa.

giovedì 3 novembre 2011

Novara,4 novembre,tempo di crisi basta spese militari, no ai tagli alle spese militari

Novara
Convegno
Tempo di crisi basta spese militari, no ai tagli alle spese sociali

4 Novembre 2011
Ore 18:00 (Durata: 6ore)
Quartiere Ovest in Via Cagliari, 3/a

intervengono
Mazzeo Antonio giornalista – strategie militari, modello di difesa

Rossana De Simone - Associazione PeaceLink - Progetto F35 e descrizione tecnica

Leopoldo Nascia ricercatore Istat - Sbilanciamoci – spese militari in tempo di crisi e alternative possibili

Solferino Massimo USB Ministero Difesa- industrie militari e politiche di difesa

Don Renato Tavola della pace

Per maggiori informazioni:
movimento NO F-35 Novara
info@noeffe35.org
http://www.noeffe35.org

mercoledì 2 novembre 2011

Roma,4 novembre,mostra e presidio contro le guerre e le spese militari

4 NOVEMBRE 2011- Presidio della rete NOWAR contro le guerre e le spese militari

“Giornata delle Forze Armate e dell’Unità Nazionale”. Continua ad essere chiamato così il 4 novembre, cent’anni dopo la fine del primo terribile conflitto mondiale del novecento. Giornata celebrata dai cappellani militari nelle piazze di tutta Italia, caserme e unità navali aperte alla visita di civili, compreso lo spazio del Circo Massimo a Roma, completamente militarizzato per l'occasione. Eppure mai come quest’anno ci sarebbe bisogno di celebrare invece il disarmo e il bisogno di pace, dopo l'infame guerra neocoloniale in Libia, finita in una oscena macelleria, dopo dieci anni di guerra infinita in Afghanistan, dopo l'escalation delle spese militari che hanno portato l'intero mondo a spendere 3 milioni di dollari al minuto in armi ed eserciti, nel pieno di una crisi globale che ha distrutto lo stato sociale.
Per protestare contro la guerra in Libia, contro la guerra in Afghanistan, contro le spese militari e le missioni militari, la rete NoWar di Roma organizza una mostra contro la guerra in ricordo delle sue vittime.
Per protestare contro il ruolo di guerra dell'Italia, anche perchè, secondo la Nato, l’80% delle missioni aeree della coalizione anti-Gheddafi sono state lanciate da basi italiane (Decimomannu, Trapani-Birgi, Sigonella, Gioia del Colle, Aviano, Amendola e Pantelleria, con l’apporto di altre infrastrutture Usa, Nato e italiane come Camp Darby, Pisa, Napoli-Capodichino, Poggio Renatico, Augusta, ecc.).
Il 4 novembre dovrebbero scendere di nuovo in piazza gli indignati che si oppongono al modello globale neoliberista e al conseguente smantellamento dello stato sociale. Infatti le guerre del complesso militare-industriale nazionale, stanno dilapidando enormi risorse finanziarie, dissanguando i bilanci dello Stato e annientando le politiche di redistribuzione sociale.
Senza contare la guerra a Gheddafi, le missioni militari all’estero costeranno a fine 2011 un miliardo e mezzo di euro. Un insostenibile spreco di denaro imposto dai fabbricanti d’armi del complesso Finmeccanica e dal colosso degli idrocarburi ENI, le due holding che con il loro potere finanziario condizionano pesantemente le scelte di politica industriale, estera e della difesa. Come insostenibile è il livello raggiunto dalle spese militari: sempre nel 2011, il solo bilancio del Ministero della difesa ammonta a 20.556.850.000 (venti miliardi e mezzo) di euro, 192 milioni in più del bilancio 2010. E questo mentre istruzione, università, sanità, ambiente, pensioni, assistenza sociale e occupazione giovanile vengono falciate senza pietà.

Noi non festeggeremo il 4 novembre. Lo vivremo come un giorno di dolore e di lutto. E mostreremo indignati tutta la nostra rabbia.
Presidio e mostra contro la guerra a Largo Argentina dalle 16 alle 19.

Roma, Rete NOWAR