sabato 27 agosto 2011

Pisa, 31 agosto,per ricordare il bombardamento del 1943 e che nessuna guerra e' giusta.

Pisa,ore 12.00 del 31 agosto 2011
Presso il sacrario della Chiesa di San Giovanni al Gatano in Pisa, via Conte Fazio (Porta a Mare)

Commemorazione delle vittime dei bombardamenti


“La guerra è follia!” Giovanni XXIII

“Mai più la guerra, avventura senza ritorno!
Mai più la guerra, spirale di lutti e di violenza!" Giovanni Paolo II

Pisa, il 31 agosto 1943, fu tra le prime città italiane a sperimentare gli effetti della guerra moderna con 1738 vittime, centinaia di dispersi e immani devastazioni del suo patrimonio abitativo, artistico e industriale, provocate dai bombardamenti aerei delle forze anglo-americane.

Oggi il ricordo di quella terribile tragedia deve trasformarsi in un impegno a proclamare Pisa città per la Pace, libera da armamenti e da basi militari, perché dal suo territorio non partano più offese alla vita e alla libertà dei popoli.

In occasione della prossima commemorazione, che si svolgerà la mattina del 31 agosto alle ore 12 presso il sacrario collocato nella Chiesa di Porta a Mare, il Centro Gandhi invita tutti gli amici della nonviolenza ad essere presenti numerosi, portandovi il proprio messaggio di Pace, per scongiurare che essa si riduca in una stanca parata di autorità civili e militari, come è accaduto negli ultimi anni.

In prossimità del cinquantesimo anniversario della “marcia per la pace e la fratellanza tra i popoli” Perugia-Assisi convocata da Aldo Capitini il 24 settembre 1961 riaffermiamo che :

Non ci sono guerre umanitarie!
La pace si costruisce con mezzi di pace!

I bambini non vanno portati nelle caserme, ma vanno educati alla nonviolenza!
No alla costruzione dell’hub militare e di qualsiasi struttura bellica!
Convertiamo le strutture belliche in strutture civili!
Trasformiamo una caserma in sede di studio delle scienze per la pace!

Svuotiamo gli arsenali, riempiamo i granai!

Per il Centro Gandhi
Rocco Altieri

venerdì 26 agosto 2011

Nonviolenza,Peppe Sini-Un programma aperto per l'Italia in vista della Perugia-Assisi

EDITORIALE. PEPPE SINI: FEMMINISTA, ECOLOGISTA, NONVIOLENTA. NOVE TESI APERTE SULLA MARCIA PERUGIA-ASSISI DEL 25 SETTEMBRE 2011 E PER IL PROGRAMMA DELLA RIVOLUZIONE DISARMISTA NECESSARIA

La marcia Perugia-Assisi del 25 settembre 2011 dovra' esprimere alcuni chiari concetti e un semplice, nitido ed intransigente programma di alternativa di governo per l'Italia.

I. Il femminismo e' la corrente calda della lotta di liberazione dell'umanita' dalle violenze che tuttora la opprimono.

Se non vince la lotta del movimento delle donne contro la violenza maschilista e l'oppressione patriarcale, non vi e' alcuna possibilita' di impedire la regressione dell'umanita' nella barbarie, barbarie in cui la stanno palesemente precipitando le politiche belliche e desertificatrici dei poteri politici, economici, ideologici, mediali e militari dominanti.


II. La biosfera e' in enorme, immediato pericolo: il modello di sviluppo dominante ha forzato i limiti della natura e sta provocando distruzioni irreversibili e disastri ambientali e sociali apocalittici.

O la politica del XXI secolo sara' ecologica, o non vi sara' piu' alcuna politica, alcuna civilta', alcuna organizzazione sociale dell'umanita' degna di questo nome.


III. L'organizzazione sociale, economica e politica fondata sull'esercizio della violenza ha portato l'umanita' sull'orlo di un abisso: oltre questo limite vi e' solo l'annichilimento della civilta' umana.

Occorre fermarsi e cambiare radicalmente strada: erede del costituzionalismo moderno, cosi' come erede delle piu' antiche e luminose tradizioni di pensiero e convivenza, solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

La conversione alla nonviolenza della politica e dell'economia, dell'amministrazione e della formazione, della riproduzione sociale, delle relazioni tra le persone e tra i popoli, della morale e del diritto ad ogni livello giurisdizionale, e' l'imperativa, primaria esigenza dell'ora attuale per l'umanita' intera presente e futura.


IV. La marcia Perugia-Assisi del 25 settembre 2011 deve raccogliere, unificare e rendere pienamente autocoscienti e reciprocamente responsabili ed interdipendenti le esperienze piu' vive di lotta per la democrazia, la legalita' e i diritti nel nostro paese in questi ultimi mesi: dalla manifestazione "Se non ora quando" alla vittoria referendaria, dalla difesa del diritto allo studio e alla salute, alla difesa del diritto al lavoro, alla difesa dell'ambiente.


V. La marcia in quanto "assemblea itinerante" deve dibattere, recare a sintesi e formulare il programma politico su cui coalizzare il plurale ed aperto comitato di liberazione nazionale inclusivo di tutte le forze democratiche del nostro paese per mettere fine al governo della guerra e del razzismo, al regime dell'illegalita' e della corruzione, all'eversione dall'alto da parte dei poteri dominanti; ovvero per tornare alla legalita' costituzionale, allo stato di diritto, alla democrazia progressiva.


VI. Premesse indispensabili di questo programma di liberazione nazionale devono essere:

1. l'immediata cessazione della partecipazione italiana a tutte le guerre, ovvero l'immediato ritorno al rispetto dell'articolo 11 della Costituzione della Repubblica Italiana;

2. l'abrogazione di tutte le misure in cui si e' concretizzato il colpo di stato razzista in Italia dal 1998 ad oggi, e quindi il ritorno al rispetto della Dichiarazione universale dei diritti umani, ergo ad una politica rispettosa ed inveratrice della dignita' e dei diritti di tutti gli esseri umani, fondata sull'accoglienza e l'assistenza atte a salvare la vita ed a promuovere l'esistenza di tutti gli esseri umani.


VII. Decisioni fondamentali di questo programma di liberazione nazionale devono essere:

1. una politica economica e finanziaria che attui come prima e ineludibile misura d'emergenza il taglio di tutte le spese militari;

2. una politica internazionale rigorosamente antimilitarista e disarmista; non solo antimperialista, anticolonialista e antirazzista, ma anche esplicitamente e concretamente attiva per l'abolizione di tutti gli eserciti e le armi, cominciando con la smilitarizzazione e il disarmo unilaterale del nostro paese.


VIII. Che ogni decisione sia presa con la specifica tecnica nonviolenta del metodo del consenso.


IX. Che ogni decisione ed azione politica sia orientata dal principio: non uccidere; ovvero: salvare le vite.

Dal notiziario La nonviolenza in cammino
del Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo

lunedì 22 agosto 2011

Marinella Correggia sulla Libia conquistata dalla Nato

Italia MA STAVOLTA C'E' UN COLPEVOLE IN PIU'. CHI NON HA FATTO NULLA

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Un j'accuse a una sinistra e a un mondo dell'associazionismo che sono stati in vergognoso silenzio, dopo aver fatto affari con le guerre precedenti (già solo i sette milioni di bandiere per la pace, e i posti di lavoro, e la ricostruzione...)

A quanto pare in Libia è finita, nel senso che la Nato e i suoi alleati locali hanno vinto (ma prima correrà altro sangue, mille e oltre morti in queste ultime poche ore, a questo punto è meglio se i non filoNato si salvano la pelle, tanto perderebbero comunque e in più morirebbero). Hanno vinto di nuovo i soliti, ed è la quinta volta dal 1991. Hanno vinto quelli che non hanno mai provato cosa vuol dire stare sotto un cielo di bombe perché ai loro paesi non succede dal 1945. Hanno vinto i privilegiati. Ogni volta con gli stessi metodi, ogni volta i potenti che si sentono buoni, una cosa intollerabile. Me lo sentivo dal 17 agosto (anche prima di ricevere notizie da là).

Dopo aver avviato il tutto con menzogne gigantesche che anche la cosiddetta sinistra e i cosiddetti grossi gruppi "pacifisti" si sono bevuti non solo in Italia (senza fare poi mea culpa anzi continuando a non fare nietne, chi poi inneggiava ai ribelli come fossero "zapatisti", chi li definiva "come i partigiani italiani"), la Nat-Onu ha fatto un sacco di morti civili e ha decimato l'esercito libico (che non era di mercenari, a differenza di quello dei "ribelli" filoNato), braccandolo in tutti i modi, spianando la strada ai tagliagole alleati. L'ultimo regime laico insieme alla Siria (la prossima) salta. L'unico che proponeva la moneta arabo-africana e che aveva una banca centrale del tutto nazionalizzata. E che non aveva accettato le basi nato dell'Africom. E che aveva dato all'Africa molti soldi e progetti. Uno può dire quel che vuole di Gheddafi ( gli altri? I democratici?) ma queste cose sono un fatto.

Parlando da un punto di vista personale, inutile lo strazio di questi cinque mesi in cui mi sono stupidamente scervellata (non facendo praticamente nient'altro, eppure di lavorare ho bisogno...) per cercare di far pressione, intanto scalfendo il muro di indifferenza per il quale adesso sento di detestare certa sinistra e certo pacifismo (quanti ervamo a pensare a questa guerra? Due gatti, anzi due asini o due caprette - i gatti sono carnivori cacciatori e mi piacciono poco). Non vi sto a dire di vari danni economici riportati, direste che sono pazza; comunque farò causa alla Nato per danni materiali e morali.

Sapete l'ironia? Dopo aver puntato con alcuni di voi per tanti mesi sulla campagna sui non belligeranti del Consiglio di Sicurezza (che era una bella idea, ma si è scontrata con un muro di indifferenza...l'abbiamo diffusa tanto, è vero PATRICK,ANNA, STEFANIA, ENZO? MA HAN FIRMATO IN COSì POCHI...che grande delusione...la gente che perde tanto tempo in cose intuoli non ne ha avuto un po' per mandare un messaggio?), e dopo aver perso tanto tempo a informarmi per un libro bianco per convincere i "pacifisti" ora inerti (ah ah), avevo deciso che si poteva cercare di far uscire l'Italia dalla guerra puntando sui politici, una scorciatoia, troppo lunga convincere i "pacifisti"... E parallelamente da Napoli avevano lanciato la petizione al governo e alle autorità. Allora ho preparato, con pezzi del libro bianco (che non si farà più; a che son servite le denunce postume?) e molto altro, un dossier con un sacco di file, video, foto. Un dossier convincente, l'ho finito oggi mentre non avevo internet e ancora non sapevo; da domani lo volevo mandare a tappeto ai politici, ai media, alle associazioni.

Inutile. Troppo tardi. Ho sbagliato ancora. In nutrita compagnia. E' la quinta volta che facciamo solo cose inutili contro le guerre occidentali. Non abbiamo fermato nemmeno una bomba. Nel 2003 intere schiere di italiani hanno fatto i soldi con il pacifismo (posti di lavoro associativi, bandiere vendute...davvero scrocconi di guerra, a vederlo adesso) ma non è servito a nulla. L'unica cosa buona che feci allora fu di andare a condividere lo strazio con gli iracheni (ero a Baghdad con l'Iraq peace team, a Baghdad dal marzo al maggio 2003). Poi è diventato tutto un business.

Gli unici a fare cose utili sono i governi latinoamericani. Poi avevo pensato "magari facciamo lo sciopero della fame davanti al parlamento". Troppo tardi

Abbiamo avuto cinque mesi e non sono riuscita a far nulla pur non facendo praticamente altro.

Il dossier diventerà un J'accuse. Contro chi non ha fatto nulla. Lo manderò in giro lo stesso. E poi faremo il libro "L'ultima guerra", l'unica cosa di cui sono contenta è che farò un libro con voi..

Ieri - quando ancora non avevo queste notizie, anzi l'imprenditrice da là mi rassicurava - Gianna mi ha chiesto del libro bianco e io le ho detto che avevo cambiato asse, puntandolo sulle cinque guerre e sul che fare, lei è d'acorsissimo, del resto ci siamo conoscite nel 1991 proprio perché entrambe propinevamo invano i boicottaggi dei prodotti Usa contro la guerra all'Iraq.

E' ormai vitale capire se c'è il modo di fermare queste guerre. Ci fossero dicei Chavez! (e lui ha pure il cancro).

Adesso sono troppo triste.

Comunque ci sentiamo presto


Marinella Correggia
giornalista e autrice, collabora con diverse testate tra cui il Manifesto. Tra i suoi libri: Manuale pratico di ecologia quotidiana (Mondadori, 2000); La rivoluzione dei dettagli (Feltrinelli, 2007); Io lo so fare (Altraeconomia, 2009)
Fonte www.comedonchisciotte.org

domenica 21 agosto 2011

S.Andreis, da Sbilanciamoci-Come uscire dalla crisi? Ecco la via ecologica.

Come uscire dalla crisi? Ecco la via ecologica
di Sergio Andreis
Fonte: Sbilanciamoci
da www.peacelink.it


A livello globale gli scenari sono stati preparati in vista della conferenza Rio+20 delle Nazioni unite, in programma dal 4 al 6 giugno 2012 in Brasile in occasione del ventesimo anniversario della conferenza sull'ambiente e lo sviluppo del 1992 e del decimo anniversario del vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile, tenutosi a Johannesburg nel 2002 1. Per l'occasione l'Unep, il programma per l'ambiente dell'Onu, ha pubblicato, nel febbraio scorso, lo studio Towards a Green Economy: Pathways to Sustainable Development and Poverty Eradication, che analizza i dieci settori chiave dell'economia mondiale –
l'agricoltura, l'edilizia, l'energia, la pesca, le foreste, il manifatturiero, il
turismo, i trasporti, la gestione delle acque e dei rifiuti – e dimostra come, con
l'investimento del 2% del Pil mondiale, sia possibile far partire una transizione verde dell'economia che produrrebbe milioni di nuovi posti di lavoro, eliminando, allo stesso tempo, i danni ambientali e l'aumento del divario fra ricchi e poveri di una logica business-as-usual 2 .

Nella Ue già nel 2004, i Verdi al Parlamento europeo hanno commissionato al Wuppertal Institut uno studio per capire le prospettive e gli ostacoli verso uno scenario di economia verde continentale. Il risultato è stato A Green New Deal for Europe. Towards a green modernization in the face of crisis 3. Come ricordato da Matteo Lucchese, nel suo pezzo Dall'economia dei disastri al Green New Deal, pubblicato da sbilanciamoci.info 4 –
da anni, ormai, per la serie a-nessuno-è-permesso-dire-che-non-sapeva, luogo di dibattito e di elaborazione di proposte – le principali indicazioni emerse, rilevanti ancora oggi e concretizzate in proposte legislative e politiche, sono state:

A. Nel 2004 sono state stimate circa 3,4 milioni di persone che lavorano direttamente o indirettamente nel settore ambientale, di cui 2,3 in quello della gestione dell’inquinamento e 1 milione della gestione delle risorse. Con proiezioni di quasi 8 milioni di posti di lavoro potenziali che possono essere creati in Europa nei prossimi 20 anni nell’energia solare ed eolica. Inoltre, nuovi stimoli all’occupazione verranno dalla costruzione di strutture energetiche efficienti – l'anno scorso persino Confindustria ha stimato in 1 milione 635 mila i nuovi posti di lavoro che si potrebbero creare, al 2020, nel settore dell'efficienza energetica in Italia 5 – dalla riqualificazione degli edifici, dall’adattamento a nuove forme di coltivazione, dall’espansione del riciclo dei rifiuti e dall’ammodernamento del comparto del trasporto pubblico.

B. L’esempio più promettente di rilancio ambientale è quello della Germania. Secondo il ministero dell’ambiente tedesco, fra il 2004 e il 2006, il 40% delle industrie legate al settore ambientale è cresciuto a tassi annui del 10%. Dal 2005 al 2007, la produzione totale nell’industria ecologica è cresciuta del 27% con aziende che hanno registrato un aumento medio del 15% nella forza lavoro fra il 2004 e il 2006. Nel 2006 quasi 1,8 milioni di tedeschi era impiegato nel settore ambientale pari al 4,5% dei lavoratori occupati. La Germania è anche uno dei maggiori esportatori mondiali di prodotti a tecnologia eco-sostenibile con una quota attuale intorno al 16% dell’intero commercio internazionale.

C. Il caso tedesco ci insegna che la chiave del rilancio verde passa per una chiara
leadership politica, fatta di investimenti mirati e di chiari interventi legislativi
volti allo sviluppo del settore. In questo senso più che di fondi, l’Europa avrebbe
bisogno di capitale politico.

D. La crisi economica può rappresentare un punto di svolta per le politiche ambientali europee. Perché questo si realizzi, l’Europa deve farsi promotrice di una visione di sviluppo sostenibile che sia il più possibile funzionale alla crescita e al mantenimento di alti livelli occupazionali, tramutando in decisioni politiche e investimenti le opportunità senza precedenti per la riconversione ecologica ell'economia, tout court, offerte dai cambiamenti climatici.



Come sostiene PietroColucci, Presidente di Assoambiente, nel recente documentatissimo libro-intervista di Silvia Zamboni Vento a favore,l’economia verde e’una possibile exit strategydalla crisi finanziaria ed economica: l'economia verde non permette soltanto il rispetto dell’ambiente, ma è un volano di crescita perché è l’unica ad assicurare sviluppo nel lungo periodo e quindi a creare mercato, garantendo ritorni economici: su questa base è possibile e doveroso ricostruire un'Europa desiderabile. Subito.
1 www.uncsd2012.org/rio20/
2www.unep.org/greeneconomy/
3www.greens-efa.org
4www.sbilanciamoci.info
5www.efficienzaenergetica.enea.it

Fonte www.peacelink.it

venerdì 19 agosto 2011

Nonviolenza, sette domande a Giovanni Mandorino

"La nonviolenza e' in cammino": Quale e' stato il significato piu' rilevante della marcia Perugia-Assisi in questi cinquanta anni?

- Giovanni Mandorino: Ritengo ci sia da distinguere tra due livelli di significato: uno interno (sarei per dire "intimo") a ciascuno di coloro che vi prendono parte, ed uno esterno, nel messaggio che la marcia manda al resto del mondo. Il primo - forte anche del potere evocativo dei luoghi - e' (dovrebbe essere?) quello di una riflessione e maturazione personale e di una crescita nella forza necessaria a mantenere fede ad un impegno di lotta per la pace e la convivenza tra le persone ed i popoli che si vive tutti i giorni: la fatica fisica della marcia rispecchia quella (almeno intellettuale e morale) che va fatta costantemente per evitare di adattarsi al clima generale di violenza in cui gli interessi immediati/individuali hanno la preminenza sulla costruzione di relazioni di pace e di giustizia (a tutti i livelli); la gioia dell'incontro con altre persone (non "gente" indistinta) che assume lo stesso impegno e condivide con te un tratto di cammino, e i dialoghi che si intrecciano nel cammino, e' un robusto ricostituente per quelle occasioni in cui ti sembra che il tuo impegno non sia altro che una lotta contro i mulini a vento di donchisciottesca memoria. Dal punto di vista del messaggio inviato al resto del mondo e' quello dell'esistenza e della solidita' di un "popolo della pace", fortemente radicato in Italia, capace di affermare e sostenere (in modo non convenzionale/utilitaristico) che la guerra (armata/economica/ecologica) non e' mezzo ne' utile ne' accettabile per la risoluzione dei conflitti internazionali e tra i popoli (ammesso che possano esistere conflitti tra popoli e non tra "potenti" che di quei popoli si fanno scudo e strumento). Devo dire che, purtroppo, gli happening che, sulla strada da Perugia ad Assisi si sono susseguiti a partire almeno dal 1998 (anche se i segni premonitori risalgono gia' ai primi anni '90) ad oggi, difficilmente hanno avuto (per i piu') il significato con cui la Marcia era stata fondata e organizzata originariamente: spesso alla marcia hanno preso parte (anche se, bisogna riconoscerlo, giusto il tempo di essere ripresi dalle telecamere) personaggi politici che l'hanno usata - senza che i promotori gliene chiedessero conto - come passerella di promozione e legittimazione personale o, peggio, di politiche che piu' lontane non potevano essere da quanto scritto sopra. Il caso forse piu' clamoroso e' stato quello di D'Alema (il Presidente del Consiglio della Repubblica Italiana che aveva bombardato la Jugoslavia) alla marcia del 1999, ma non e' stato l'unico.

- "La nonviolenza e' in cammino": E cosa caratterizzera' maggiormente la marcia che si terra' il 25 settembre di quest'anno?

- Giovanni Mandorino: Mi auguro che la Marcia di quest'anno abbia un pieno successo. Devo ammettere di non essere riuscito a comprendere il messaggio che vorrebbe essere veicolato/sintetizzato nella locandina/poster di invito alla partecipazione. Dopo aver letto con attenzione il Manifesto-appello, devo segnalare cio' che mi sembra non la caratterizzera' e di cui avrei sentito, invece, un estremo bisogno. Non mi sembra sarebbe stato un peccare di provincialismo se, in un Paese come il nostro, attivamente impegnato in (almeno) due guerre (Afghanistan e Libia) ed in ingenti "investimenti" in armamenti offensivi (seconda portaerei ed F35) si fosse posto esplicitamente il tema della rinuncia allo spreco di risorse pubbliche che le nuove armi comportano e del ritiro immediato delle truppe e di tutte le forme di appoggio alle attivita' belliche in corso, non come "fuga" ma come riconoscimento, quantomeno, di un errore, e contributo all'avvio di una nuova fase nelle relazioni internazionali. Mi auguro che, almeno, non si dia occasione di ripetere quella confusione che ha caratterizzato alcuni degli ultimi anni, tra rivendicazioni del Manifesto-appello di convocazione e pratiche (nel campo dell'educazione e dell'accoglienza, ad esempio) di quei politici o amministratori che riterranno di prendervi parte.

- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' lo "stato dell'arte" della nonviolenza oggi in Italia?

- Giovanni Mandorino: Abbiamo, in Italia, una ricchezza di piccoli e piccolissimi gruppi (laddove non siano singoli isolati) di "amici della nonviolenza" che contribuiscono sia con lo studio e la riflessione, sia attivamente nel tessuto e nelle lotte sociali sul territorio. Purtroppo manca la capacita' di un coordinamento stabile su scala nazionale e di una comunicazione efficace di queste lotte e dei principi della nonviolenza. Per cui, salvo rari casi, questo contributo risulta invisibile non solo nell'opinione pubblica generale, ma a volte anche alla maggior parte degli attori di queste lotte, per i quali, nella migliore delle ipotesi, la nonviolenza e' un insieme di tecniche contingenti. Quante volte vi e' capitato di sentir rivendicare che in una lotta "ciascuno sta secondo le sue modalita'", senza alcun tentativo di comprensione delle caratteristiche "di sistema" (anche al di la' degli obbiettivi immediati) di una lotta nonviolenta? A questo si aggiunga che il termine "nonviolenza", grazie alla loro grande abilita' comunicativa, e' saldamente associato alle iniziative (solo talvolta condivisibili) di Marco Pannella e del Partito Radicale, per rendersi conto del cammino che c'e' da fare. Purtroppo l'esperienza della Rete Lilliput, in cui pure tanti di questi gruppi si erano impegnati, non e' riuscita ad avere la stabilita' e la crescita el tempo che sarebbero state augurabili.

- "La nonviolenza e' in cammino": Quale ruolo puo' svolgere il Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini, e gli altri movimenti, associazioni e gruppi nonviolenti presenti in Italia?

- Giovanni Mandorino: A mio modo di vedere potrebbero/dovrebbero svolgere un ruolo importante di "lievito" nella cultura e nelle lotte per l'evoluzione della societa' italiana verso relazioni piu' eque ed inclusive, fondate sulla corretta distribuzione dei beni e la giustizia sociale. Da una parte, a partire dal livello locale, dovrebbero cercare, dove ne sussistono le condizioni, di promuovere una presenza attiva e costruttiva, di base, non episodica, dei cittadini nelle scelte e nelle sedi istituzionali (ad esempio, sul modello dei Centri di Orientamento Sociale di Capitini). Dall'altra sarebbe urgente (ri)costruire un efficace coordinamento a livello nazionale di tutti i gruppi di amici della nonviolenza che possa avere l'ambizione di incidere sulle politiche regionali/nazionali che sarebbero al di fuori della portata di ciascun singolo gruppo.

- "La nonviolenza e' in cammino": Quali i fatti piu' significativi degli ultimi mesi in Italia e nel mondo dal punto di vista della nonviolenza?

- Giovanni Mandorino: Nel mondo: le rivoluzioni egiziana e tunisina (in particolare quest'ultima) e quella in corso in Siria, al di la' dei loro esiti, sono sicuramente un segno della forza della nonviolenza nel suo pieno dispiegarsi. Come anche le manifestazioni popolari nonviolente che da mesi occupano le piazze in Spagna e in Israele, e di cui cosi' poche notizie trapelano nelle televisioni e sulla stampa nazionale. In negativo, i saccheggi e le distruzioni - e la relativa repressione - avvenuti a Londra e in Inghilterra nelle ultime settimane. Speriamo che il confronto tra le dinamiche e gli esiti (e gli spazi dati loro dall'informazione mainstream) di questi diversi "movimenti" sia utile a coloro che (in buona fede) ancora credono/praticano forme di lotta che non escludono retorica o azioni violente per riflettere su quanto il potere moderno (almeno nei Paesi "democratici") abbia bisogno della "violenza di movimento" per dispiegare appieno i suoi strumenti repressivi e mantenere il consenso. In Italia: sicuramente la campagna referendaria per l'acqua pubblica e contro il nucleare (ed il suo esito); le lotte No-Tav in Val di Susa e la loro capacita' di resistere alle provocazioni (sia delle forze di polizia che di qualche gruppo di supposti "sostenitori"); la lotta per i diritti e contro il caporalato dei lavoratori stranieri nel Salento; i digiuni che si sono susseguiti contro la partecipazione italiana all'aggressione alla Libia. Mi sembra interessante riflettere sul fatto che di questi fatti la stampa, la televisione ed i grandi partiti se ne sono occupati quasi solo se/quando singoli episodi di violenza hanno dato loro la possibilita' di esprimere una condanna/stigmatizzazione nei loro confronti.

- "La nonviolenza e' in cammino": Su quali iniziative concentrare maggiormente l'impegno nei prossimi mesi?

- Giovanni Mandorino: Ci troviamo in un periodo di grandi trasformazioni, la crisi economica mondiale sta dando il modo al nostro governo (come e piu' che agli altri dell'Europa) e ai grandi poteri economici di attaccare a fondo i diritti sociali e quelli dei lavoratori, di tentare di cancellare (con la scusa degli indici di produttivita') financo gli appuntamenti che, ogni anno, ci ricordano eventi e principi fondanti della nostra storia recente (la Liberazione, la proclamazione della Repubblica, la dignita' del Lavoro), di scatenare sempre nuove "guerre tra poveri" (il giovane disoccupato o precario contro l'anziano "garantito", il "bianco" autoctono contro l'immigrato "giallo" o "nero" o "zingaro" che "ruba il lavoro, o ruba e basta")... In questa situazione bisognerebbe avviare una grande campagna contro la guerra ed il razzismo quotidiano in cui siamo immersi. Le iniziative su cui impegnarsi sarebbero tante altre, purtroppo le forze (pur non essendo poche) sono disperse e, spesso, scoraggiate.

- "La nonviolenza e' in cammino": Se una persona del tutto ignara le chiedesse "Cosa e' la nonviolenza, e come accostarsi ad essa?", cosa risponderebbe?

- Giovanni Mandorino: Ad una persona del tutto ignara cercherei di parlare a partire dall'indicazione di comportamenti esemplificativi della nonviolenza nella vita di tutti i giorni. Nonviolenza e' usare le proprie forze e le proprie capacita' per migliorare le condizioni di vita di ciascuno (uomo, animale, pianta) nell'ambiente che ci sta intorno, fino alla scala globale. Nonviolenza e' non ritenere i propri bisogni piu' meritevoli di essere soddisfatti di quelli di chi ci sta vicino, come pure di quelli di chi vive dall'altra parte del mondo. Nonviolenza e' cercare di immedesimarsi in colui/lei che potrebbe "subire" la nostra azione, mentre si decide come agire. Nonviolenza e' sapere che il mezzo e il fine sono collegati tra loro come il seme e la pianta. Nonviolenza e' sostenere colui che si trova in difficolta' (anche se nessuno, fuorche' noi, ci obbliga a farlo) o e' oppresso, senza per questo aggredire l'oppressore. Nonviolenza e' riconoscere la propria piena responsabilita' per le conseguenze delle proprie azioni (o non azioni), e assumersela. Nonviolenza e', nel grande, la tensione ad un sistema di rapporti e relazioni (ed un insieme di tecniche e strumenti a supporto) che consentano di soddisfare i bisogni di tutti, e risolvere i problemi ed i conflitti che immancabilmente si presenteranno, con la cooperazione e nel segno dell'equita', piuttosto che con la competizione e la sopraffazione. Se ci si vuole veramente accostare alla nonviolenza, lo si deve fare sia leggendo e studiando i testi dei classici (un buon punto di partenza e' l'autobiografia di Gandhi), sia esercitandosi a misurare le proprie azioni/decisioni (personali e nelle comunita' a cui si partecipa) di tutti i giorni sul metro della sofferenza che queste contribuiscono a procurare/alleviare negli esseri viventi (in primo luogo persone) che ci stanno intorno.

Da la nonviolenza in cammino
quotidiano online del Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo

domenica 14 agosto 2011

Il Movimento Nonviolento Litorale Romano "Aldo Capitini" si presenta

Il Centro del Movimento Nonviolento del Litorale Romano, intitolato ad Aldo Capitini si presenta con un intervista al quotidiano online Il Faroonline

- Opposizione alla guerra, allo sfruttamento economico e alle ingiustizie sociali e salvaguardia dell’ambiente naturale: queste sono tra le direttrici principali dell’azione del Movimento Nazionale Nonviolento fondato da Aldo Capitini nel 1961, cui è affiliato il centro territoriale della nonviolenza del litorale romano, con sede a Fiumicino.

Responsabile del centro è Daniele Taurino,
un giovane di 19 anni impegnato nel Servizio Civile che vanta diverse esperienze nel volontariato con varie associazioni, tra cui "Io, Noi" e "Matumaini". Lo abbiamo incontrato per avere qualche informazione sul nuovo centro e sui suoi obiettivi.

Cristina (Il Faroonline): "Perché la creazione di un centro della nonviolenza del litorale romano?"

Daniele: "L’idea è nata dopo aver conosciuto e apprezzato la figura di Aldo Capitini, così insieme ad alcuni amici del liceo Anco Marzio di Ostia e del Leonardo da Vinci di Maccarese abbiamo preso contatti con la sede nazionale. Pensavamo che fosse il momento che anche il nostro territorio avesse una sede stabile della nonviolenza e ci troviamo qui dal 13 maggio di quest’anno ospitati in Via Porto Romano 3 dalla Federazione Focus Casa dei Diritti Sociali.
Tra i nostri obiettivi c’è anche quello di creare un punto di ritrovo alternativo per parlare e fare cultura tra noi giovani".

Cristina: "Quali sono gli obiettivi del Movimento nonviolento?"

Daniele: "Naturalmente la direttrice principale dell’azione del Movimento è l’opposizione integrale alla guerra. Non è un semplice pacifismo, la non violenza nell’accezione di Aldo Capitini è di tipo attivo, non deve scoppiare una guerra perché si levino le voci di opposizione! Nel tempo di pace bisogna creare legami non violenti per evitare che le guerre vengano preparate.
Gli altri obiettivi sono la gestione diretta del potere, il controllo della legalità e della trasparenza: ricordiamo che la violenza non è solo di tipo fisico. Inoltre di vitale importanza è la questione ambientale".

Cristina: "Parlaci dell’evento del 9 settembre"

Daniele: "Ci presenteremo ufficialmente alla comunità nella cornice di Villa Gugliemi e nella stessa occasione verrà presentato l’ultimo libro su A. Capitini: “Aldo Capitini, le radici della non violenza”di Fabrizio Truini. Propaganderemo il nostro impegno a portare la comunità del litorale romano alla Marcia Perugia - Assisi, un evento organizzato dal Movimento Nazionale Nonviolento e dalla Tavola della Pace che si terrà il 25 settembre. Ricordiamo che la prima si ebbe nel 1961, fu ideata da Aldo Capitini e vi parteciparono personaggi famosi come Bobbio e Italo Calvino".

Cristina: "Come fare per collaborare con il vostro centro?"

Daniele: "Semplicemente basta contattarci. Siamo lieti di accogliere chiunque voglia partecipare. Inoltre stiamo preparando un tesseramento, la cui quota di iscrizione sarà di 15 euro. Questa ci permetterà di autofinanziarci, ma una parte sarà destinata all’associazione 'Matumaini' per l’Africa, perché è proprio nei nostri obiettivi creare legami con altre associazioni sul territorio".

Cristina Gaudino


Info Circolo Movimento Nonviolento Litorale Romano:
e-mail: nonviolenzalitoraleromano@gmail.com
Cell: 3283736667

giovedì 11 agosto 2011

Rinnovabili, Sudafrica indice una gara per una potenza complessiva di 3.725 MW

Rinnovabili, il Sudafrica indice una gara di notevoli dimensioni, 3725 MW, prima parte di un programma molto interessante.

Il Governo sudafricano ha indetto una gara per l’installazione di impianti per la produzione di energia elettrica per mezzo di fonti rinnovabili. La potenza da installare dal 2011 al 2013 e’ di 3.725 MW e le fonti rinnovabili da utilizzare sono eolica, solare, fotovoltaica e a concentrazione, mini-idroelettrica, biogas, biomasse e gas da discarica. La taglia degli impianti interessati dalla gara e’ superiore a 5 MW, impianti quindi grandi, mentre per gli impianti inferiori a tale potenza sara’ redatto un programma apposito.

Per dare un’idea delle dimensioni rilevanti di questa prima fase del programma possiamo confrontare la potenza fotovoltaica da installare in tre anni, 1.450 MW, con i 3.000 MW di potenza cumulata installati finora negli Stati Uniti.

I soggetti che si aggiudicheranno la realizzazione dei loro progetti faranno due contratti: uno con il Dipartimento Energia per quanto riguarda la costruzione degli impianti e un contratto per la vendita dell’energia prodotta da stipulare con un acquirente che dovrebbe essere l’ente statale sudafricano ma che nella comunicazione della gara non e’specificato. La tariffa per la vendita dell’energia non e’stata definita ma sara’stabilita dalle offerte vincenti. I criteri per la valutazione delle offerte sono divisi in due parti, una prima valutazione sara’ sugli effetti socio-economici dei progetti e sui requisiti tecnici indispensabili degli impianti mentre la valutazione sull’offerta economica sara’ effettuata solo in secondo momento. Il Governo quindi si sta muovendo in modo che lo sviluppo della produzione dell’energia da fonti rinnovabili contribuisca anche allo sviluppo generale del paese con particolare attenzione a zone e soggetti piu’deboli. In Sudafrica e’gia’presente un settore economico nel campo delle energie rinnovabili ed esiste anche un’associazione delle imprese fotovoltaiche, la Sapvia (www.sapvia.co.za) .

Questa gara e’ la prima parte della realizzazione del programma per il raddoppio della produzione di energia elettrica tra il 2010 e 2030. In questo piano le energie rinnovabili dovrebbero raggiungere il 20% della nuova potenza installata, 10 GW su 50 GW totali, la stessa quantita’dovrebbe arrivare dall’energia elettrica di fonte nucleare. Non so quanto il disastro di Fukushima abbia modificato gli orientamenti del Governo di Pretoria, ma gia’in un documento governativo di inizio 2011 si scriveva che i costi dell’energia nucleare stavano crescendo oltre le previsioni. Un eventuale rallentamento dei piani nucleari nel paese, rallentamento che si e’verificato in tutto il resto del mondo, vedrebbe un ulteriore aumento dello sviluppo delle fonti rinnovabili.


Perche’ sono importanti questa gara e il piano a medio-lungo termine del Governo Sudafricano.


Innanzi tutto perche’ il Sudafrica ha molta influenza su tutta l’Africa. Il paese e’attualmente alla guida dell’Unione Africana, che tra l’ altro si e’ sempre dichiarata contraria all’ intervento militare occidentale in Libia e ha tentato una mediazione respinta dai ribelli libici,e quindi in questo momento il suo orientamento sull’energia guida l’atteggiamento dell’intero continente. A differenza degli altri paesi africani e’avanzato economicamente, fa parte del G-20 e viene indicato come componente del cosiddetto Brics, il gruppo dei paesi emergenti: Brasile, Russia, India, Cina e appunto Sudafrica. Ha gia’un apparato industriale anche nelle rinnovabili che potrebbe introdurre negli altri paesi africani questa produzione di energia meglio dei paesi occidentali. Su questo tema dal 22 al 25 agosto si terra’ in Sudafrica l’evento Power Solar Summit Africa (www.SolarPower-Africa.com), con il contributo organizzativo della Associazione delle imprese fotovoltaiche, Sapvia.

Il piano afferma un concetto importante, cioe’ che lo sviluppo delle rinnovabili e’utile per affrontare e probabilmente risolvere il problema dell’insufficiente produzione di energia elettrica, mentre nei paesi occidentali neanche i paladini piu’attivi delle rinnovabili spiegano che la rivoluzione delle energie pulite e’l’unica possibilita’ di portare energia elettrica al miliardo e mezzo di persone che ancora non vi hanno accesso.

Il piano prende in considerazione anche l’ipotesi che in questi 20 anni della sua attuazione si verifichi il Pick Oil (picco produttivo del petrolio), processo inevitabile poco citato tra i sostenitori della Green Economy, e si afferma la necessita’ di intervenire sul cambiamento delle fonti energetiche sfruttate allo scopo di diminuire le emissioni di anidride carbonica, responsabili dei cambiamenti climatici.

Proprio in Sudafrica, a Durban, si terra’ tra il 26 Novembre e il 9 dicembre 2011, la conferenza Onu sui cambiamenti climatici, appuntamento che fara’ discutere il continente africano di energie rinnovabili come mai e’avvenuto finora.

Per concludere segnalo come la diffusione delle fonti rinnovabili nel mondo, soprattutto dell’ energia solare, termica o fotovoltaica, sia una opportunita’ potenzialmente importante per l’economia del nostro paese, in questi giorni nella tempesta.

Nonostante i nostri difetti, quelli storici e quelli accentuati o introdotti dal berlusconismo-leghismo, nel nostro paese le rinnovabili ed esperienze per migliorare l’efficienza energetica hanno messo delle radici piccole ma solide e siamo in questi settori piu’avanti di grande parte del resto del mondo. Il settore del fotovoltaico, nonostante il caos e vuoto normativo dei primi mesi dell’anno, non si e’fermato e tanto meno e’stato ammazzato come temevano, o solo dichiaravano, le imprese. L'11 agosto 2011 abbiamo installata una potenza di 9,3 GW e nel solo 2011, quindi dopo il golpe di inizio anno con l'abolizione del 3° conto energia varato ad agosto 2010, sono stati installati impianti per una potenza di piu’di 2000 MW (2 GW). I manufatti, soprattutto moduli e celle, utilizzati per questa enorme quantita’ di impianti sono per lo piu’prodotti all’estero, ma esiste anche in Italia un settore produttivo fotovoltaico e soprattutto alle installazioni hanno lavorato con diversi ruoli professionali molti italiani; esiste dunque una esperienza anche se giovane e questa puo’servire a partecipare in misura notevole allo sviluppo del fotovoltaico negli altri paesi e fare da traino anche alle produzioni italiane nel settore.

A questo proposito la Confindustria dal 23 al 25 settembre organizza una missione in Sudafrica per sviluppare contatti tra le nostre industrie e quelle sudafricane, contatti che viste le intenzioni del paese di Mandela possono concretizzarsi subito in attivita’comuni.

Dovrebbero avere la stessa attenzione ai programmi energetici del paese africano anche altri soggetti: le Università. le istituzioni pubbliche, statali e decentrate, l’associazionismo ambientale, sociale, sindacale e politico, l’informazione.

Due motivi rilevanti della crisi dal 2008 attanaglia l’ Occidente sono, l’ aumento del prezzo del petrolio che negli anni 2000 e’ passato da 25 $/b a 80-100 $/b e il costo delle guerre senza fine di questi dieci anni per garantirsi fonti energetiche ormai senza futuro. Gli effetti recessivi e sociali della crisi finanziaria attuale non saranno neutralizzati dal ritorno alla crescita, inferiore al 2% annuo, che avuto l’ Italia negli anni 2.000, ma ,nel probabile ridimensionamento quantitativo complessivo della nostra economia, dobbiamo lavorare allo sviluppo dei settori che hanno un futuro e una utilita’, oltre che pensare agli ultimi e ridistribuire ricchezza.

Si parla molto della rivoluzione energetica ma per l’Italia potrebbe essere addirittura piu’utile di quello che si crede.


Marco
Associazione Internazionale Italia-Africa
Roma

venerdì 5 agosto 2011

Nonviolenza: No Tav- Val di Susa, Turi Vaccaro,che digiuna da 5 giorni, passa la notte sopra un albero a 20 metri di altezza

No-Tav bloccano Tgv Parigi-Milano
Circa 300 militanti hanno bloccato il treno per ore in Vla Susa
05 agosto, 09:35


TORINO - Ha trascorso tutta la notte su un albero, a un'altezza di circa 20 metri all'interno dell'area recintata della Maddalena di Chiomonte (Torino), Turi Cordaro, noto come 'Vaccaro', l'attivista del movimento No Tav che da ieri sera manifesta contro la realizzazione del tunnel geognostico della linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione. Un altro manifestante, entrato senza autorizzazione nell'area recintata, che si era arrampicato sull'albero per portare acqua e indumenti al compagno, è stato denunciato in stato di libertà per inosservanza di provvedimento dell'autorità giudiziaria. Indumenti e cibo (una coperta, un pile e una bottiglia d'acqua) sono stati poi consegnati dai Vigili del fuoco che hanno utilizzato un braccio meccanico. I Vigili del fuoco e la Polizia presidiano la zona dove è in corso la protesta. Da cinque giorni 'Vaccaro' fa lo sciopero della fame e ieri ha fatto anche quello della sete. Sull'albero si è imbragato soltanto per mezzo di una coperta, dopo aver rifiutato le corde e i moschettoni offerti dai Vigili del fuoco perché "prodotti con sostanze non naturali". Nel corso della notte è sceso di alcuni rami a causa del forte vento, ma ha continuato la sua protesta "contro il silenzio dei media sullo sciopero della fame" che sta attuando insieme ad altri attivisti del movimento No Tav.

BLOCCATO TGV PER ORE IN VAL SUSA - Il Tgv delle ferrovie francesi SNCF Parigi-Milano, con circa 250 passeggeri a bordo, è stato bloccato per ore, in serata, in Val Susa, nella stazione di Chiusa di San Michele-Condove (Torino), da 250-300 militanti No Tav che si oppongono alla costruzione della Tav Torino-Lione. La manifestazione si è svolta senza incidenti. I manifestanti non hanno occupato i binari ma la loro protesta ha comunque costretto il Tgv a fermarsi. Durante la manifestazione, nella stazione erano presenti molti bambini per cui - si è saputo dalla Questura di Torino - sarà inviata una segnalazione al Tribunale per i Minorenni del capoluogo piemontese.

Alcuni manifestanti sono stati identificati dalle forze dell'ordine e saranno denunciati alla Procura della Repubblica per interruzione di pubblico servizio. Alla manifestazione - sempre secondo le informazioni della Questura di Torino - non hanno partecipato esponenti dell'area antagonista, anarchica e dei Centro sociali, ma quasi esclusivamente persone che vivono in Val Susa, che si sono date appuntamento, intorno alle 20, nella piazza del Municipio di Condove da dove si sono poi spostate alla stazione.

Qui hanno lasciato transitare un treno di pendolari diretto a Torino e, subito dopo, hanno bloccato il Tgv. La manifestazione - ha spiegato il Movimento No Tav - è stata "una prima risposta al rinnovo del contratto alla ditta Martina che proseguirà il lavoro delle recinzioni a Chiomonte", dopo il fallimento della ditta Italcoge e il conseguente abbandono dei lavori per l'installazione del tunnel esplorativo della Tav da parte della stessa Italcoge. L'iniziativa - ha aggiunto il Movimento - è stata organizzata ancora una volta per dimostrare che il treno veloce già collega Torino e Lione e una nuova linea è completamente inutile", "contro lo spreco del denaro pubblico" e "contro la militarizzazione in val di Susa".

Al termine della manifestazione, durante la quale i passeggeri del Tgv sono sempre rimasti a bordo del convoglio, le forze dell'ordine hanno ispezionato la linea ferroviaria per consentire la ripresa della circolazione dei treni in condizioni di sicurezza. Il blocco del Tgv è arrivato dopo altre proteste contro la Tav che si sono susseguite nel corso della giornata: in mattinata, tre attivisti No Tav si sono incatenati alla recinzione dell'area del cantiere di Chiomonte per protestare contro "la presenza militare e poliziesca sul territorio, l'uso dei gas lacrimogeni Cs sulla popolazione e sulla natura". Nel pomeriggio, inoltre, uno dei più noti attivisti del movimento No-Tav, Turi Cordaro, noto come Turi Vaccaro, è salito su un cedro dell'altezza di 20 metri nei pressi della centrale idroelettrica di Chiomonte per protestare "contro il silenzio degli organi di informazione sul digiuno" che lui e due altri esponenti del movimento hanno cominciato da alcuni giorni.

giovedì 4 agosto 2011

Intervista al Prof.Vasopollo:" Una campagna del mondo del lavoro contro il massacro imposto dall' euro"

Intervista a Luciano Vasapollo, professore di Economia Applicata presso l’Università “La Sapienza” di Roma:

«Una campagna del mondo del lavoro contro il massacro imposto dall’euro»
di Fabrizio Salvatori

Nemmeno il compromesso raggiunto tra Obama e i repubblicani è riuscito a convincere i mercati finanziari. Vuol dire che le modifiche a cui stiamo assistendo sono più profonde di quanto sembrino?

Se dovessi dare un titolo a questa domanda direi “niente di nuovo sul fronte occidentale”. Tutto quello che appare come qualcosa di nuovo come il default degli Usa in realtà va avanti da Bretton Woods del 1971. Con la fine degli accordi gli Usa decidono in base al loro potere politico e militare di imporre il loro indebitamento come proprio modello di sviluppo basato sull’import facendo pagare il costo agli altri: debito privato, debito pubblico, e consumo sostenuto dal mix tra debito interno ed esterno, avendo molto deboli i cosiddetti fondamentali macroeconomici e una economia reale che già da allora mostrava i caratteri della crisi strutturale e sistemica.

Cosa è cambiato nell’odierno scenario?

Dopo la caduta del muro di Berlino si apre una fase di guida unipolare del mondo basata sullo strapotere politico e militare Usa che con l’imposizione dell’acquisto dei titoli debito Usa in tal modo imponevano il sostenimento della loro crescita basata sull’indebitamento e sull’economia di guerra. Poi si apre la fase che a suo tempo definimmo non di globalizzazione, ma di competizione globale, basata non sul modello importatore degli americani ma con l’Europa che cerca i suoi spazi di affermazione economica puntando sul ruolo internazionale con una forte posizione di esportatore svolto dalla Germania. Lo stesso modello di economia basata sulla esportazione viene realizzato dalla Cina, che grazie ai suoi avanzi nella bilancia dei pagamenti decide di diventare il maggior compratore del debito statunitense. Il modello tira e ovviamente accade che le banche tedesche e lo Stato cinese acquistano i titoli degli Usa e, in parte, anche degli altri membri dell’Europa che devono subire lo strapotere tedesco e con questo la costruzione dell’unione europea come nuovo polo imperialista che pur mancando di grande forza interna politica e militare impone la logica economica-finanziaria con guida della Germania .

Ad un certo punto, però, qualcuno presenta il conto…

Quando scoppia la crisi dei subprime negli Usa, la crisi volutamente viene evidenziata come crisi di carattere finanziario per lo scoppio delle bolle speculative immobiliari e finanziarie, ma è semplicemente la punta dell’iceberg che evidenzia una crisi dell’economia reale nei meccanismi stessi dell’accumulazione, cioè è sono gli stessi meccanismi del modo di produzione capitalistico che si sono inceppati già dai primi anni ‘70 e che dimostrano che la crisi è irreversibile ed è di carattere sistemico. E’ evidente che con le privatizzazioni, con l’attacco al costo del lavoro, al sistema del welfare, ai diritti, con la finanziarizzazione dell’economia hanno cercato di coprire la crisi dell’economia che si porta dietro il carattere della strutturalità e sistemicità, e così si fa più aspra e diretta la competizione globale alla ricerca della centralizzazione della ricchezza in poche mani,con scenari sempre più frequenti di guerra economica- finanziaria,guerra commerciale , guerra sociale verso le classi subalterne e guerra militare espansionista per la conquista e il dominio sulle risorse energetiche sempre più scarse per sostenere i ritmi del processo di accumulazione internazionale.

Nel mentre la finanziarizzazione ha allargato il giro segnando l’arrivo dei paesi che prima venivano denominati paesi in via di sviluppo... 
 C’è da dire che il modello esportatore tedesco ha ormai sempre più bisogno di importatori anche direttamente europei ed è così che la Germania deve investire l’avanzo che matura comprando titoli dei PIIGS (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia, Spagna) che sono costretti sempre più ad indebitarsi per rispondere alle regole dell’euro, soffocando le proprie economie e massacrando il mondo del lavoro per garantire che la “questione” dell’Euro rimanga funzionale allo sviluppo esportatore della Germania e in seconda battuta agli interessi francesi. Gli stessi Stati Uniti hanno un indebitamento in parte sostenuto dalla Germania oltre che dalla Cina. La competizione però oggi è sempre più alta e i Brics vogliono il loro spazio. Gli Usa così non hanno più la forza politica e militare per imporre il loro modello di sviluppo al mondo basato sul loro indebitamento. Oggi il presidente degli Usa è costretto a chiedere l’innalzamento del debito proprio per questo ,perché sa che fuori dai suoi confini non troverebbe tanti soggetti disposti a finanziare il suo paese in base al precedente modello economico, è la prova che è finito il mondo a guida unipolare basato sull’egemonia statunitense. 



Che poi in fondo è anche il problema dell’Italia che ora sembra essere entrata in una spirale tra recessione e maggiori interessi sulla vendita dei titoli che dovrebbero servire a finanziare il debito…

L’ Italia si comporta come gli Usa perché spostano il problema del debito più avanti, cioè per tentare di far fronte al deficit , che è un dato congiunturale di flusso lo trasformano in esposizione strutturale di stock trasformandolo in debito che massacrerà le generazioni future di lavoratori. E’ lo stesso identico meccanismo. Dalle finanziarie lacrime e sangue di oggi si passa ad uno stato di lacrime e sangue permanente. La parte di defict che si capitalizza, quindi, è una mannaia per le generazioni del futuro. 



Insomma, è scattata la trappola della speculazione finanziaria…

E’ chiaro che così si pone il problema non della crisi finanziaria ma di una crisi del modello di accumulazione, in crisi è l’intero sistema capitalista. La finanza speculativa che doveva essere quella in crisi si sta riaffacciando in modo prepotente inventando altri armi e nuovi terreni di combattimento, la speculazione finanziaria come un avvoltoio è lì e con gli strumenti creativi aggredisce chi non accetta le regole di dominio e che non effettua attacchi sempre più pesanti contro il salario diretto, indiretto e differito. Per uscire dal debito greco si stanno approntando nuovi strumenti di finanza creativa che dilazionano l’indebitamento e creano le premesse di nuovi collassi. La finanzia continua a svolgere il ruolo di massacro e speculazione e questo ai danni delle casse pubbliche, dei salari, dello Stato sociale.

Le proposte per tentare di mettere un argine a questa situazione?

La cosa assurda è che chi dovrebbe confezionare proposte in grado di tirarci fuori da questa situazione sta in realtà pensando agli interessi di una parte del paese,i ricchi e i soliti noti, come dimostra l’ultima legge finanziaria di Tremonti. Una prima risposta può essere lanciare una campagna del mondo del lavoro non contro l’Europa ma contro le regole del massacro sociale imposte dalle compatibilità economico-finanziarie dell’euro. La seconda questione che va posta all’ordine del giorno è rilanciare una serie di politiche di una efficiente nazionalizzazione e statalizzazione delle banche e dei settori strategici dell’economia. Il debito sovrano sta diventando un nodo nei paesi deboli perché con i soldi pubblici si sono finanziate le banche. Quindi la prima nazionalizzazione deve essere del sistema bancario. E poi porre immediatamente il nodo di energia, trasporti e comunicazioni come settori strategici in mano allo Stato. Sembrerebbe un ritorno agli anni 50-60, quando si creò in Italia una forte economia mista, con un welfare vero e un futuro per i giovani. 



Ultimamente hai partecipato ad alcuni incontri internazionali a Cuba, Bolivia, Spagna, Irlanda. Quali sono i temi del confronto?

Gli economisti critici eterodossi nelle loro varie componenti stanno cercando di trovare un accordo su un programma minimo di controtendenza da proporre e insieme praticare con il ruolo centrale del sindacalismo conflittuale di classe. Da un punto di vista logico, esistono varie alternative possibili alla attuale competizione globale e poi fino alla maggiore determinazione del superamento del modo di produzione capitalista, ognuna con distinti gradi di probabilità in funzione di ragioni tecnico-economiche o politico-sociali. In ogni caso, qualsiasi proposta attuabile dovrà “fare i conti”, in primo luogo, con la tecnologia. Il cambio tecnologico può rappresentare un progresso tecnico e sociale se è frutto di una decisione collettiva dei lavoratori, maggioritaria, responsabile, aperta al dialogo, negoziata e contrattata. Dall’epoca “luddista” – l’epoca di quegli operai che distruggevano le macchine che andavano ormai a prendere il loro posto nelle fabbriche tessili –, i sindacati dei lavoratori hanno rinunciato a controllare, a regolare e a partecipare nel senso e nell’orientamento del cambio tecnico. È stata una decisione che si è lasciata sempre in mano degli imprenditori e del capitale.
Invertire questa tendenza secolare implica intendere in altra maniera lo sviluppo democratico, comprendere che il dibattito sulla tecnologia, che è parte del dibattito tra marxisti, esige che tra i lavoratori vi sia una cultura tecnologica – che oggi non c’è –, delle strutture che servano a canalizzare e organizzare il dibattito sul cambio tecnico e non, per esempio, il processo attuale di privatizzazione delle risorse e di orientamento scientifico nelle università, che è il passo che precede lo sviluppo tecnologico. In secondo luogo, si dichiara la necessità di un cambiamento radicale socioculturale (quello che in termini gramsciani si chiama un cambio di egemonia che modifichi il senso comune), che inverta le relazioni causali tra l’economia e la politica.

La politica è sempre stata al servizio dell’economia, quantomeno dal XIX secolo. Il discorso politico occultava precedentemente questi interessi nell’essenza dell’economia; ma nel XX secolo c’è stata una svolta, il discorso politico è stato colonizzato dagli interessi economici, al punto che oggi sembra che parlare di politica sia esclusivamente parlare di economia, di spesa pubblica, di interessi, di imposte, di marche legali, di legislazione del lavoro o legislazione commerciale. Questo è logico in un sistema che subordina lo sviluppo sociale agli interessi di mercato.

E le proposte concrete e immediate?

Penso che il discorso sulle nazionalizzazioni, edilizia pubblica,lavoro e salario pieno e a totalità di diritti veri,di uscita dall’euro e, importante, l’azzeramento del debito siano i primi punti qualificanti. Siccome l’economia finanziaria non crea risorse perché sul medio periodo è un gioco a somma zero, perché quindi in questo ballo mascherato delle celebrità , cioe dei potentati finanziari ci devono entrarci gli Stati, quindi i lavoratori su cui si scarica tutta la durezza e drammaticità della crisi? In Grecia non è bisogna dilazionare ma dare un taglio netto. E’ quello che poi è stato fatto in Sud America, ad esempio quando in Argentina hanno girato le spalle al Fondo monetario internazionale. Se tu entri nella logica della diminuzione del tasso di interesse e allungamento del debito il ricatto diventa continuo e l’economia reale perde completamente i parametri. Per questo, una alternativa globale ridefinisce il discorso politico nel terreno del sociale e subordina, a questo discorso politico sul sociale, il discorso economico e il discorso politico sull’economia. Costruire in maniera indipendente le proprie prospettive muovendosi da subito nella piena autonomia da qualsiasi modello consociativo, concertativo e di cogestione della crisi. Solo così l’autonomia di classe assume il vero connotato di indipendenza dai diversi modelli di sviluppo voluti e imposti dalle varie forme di capitalismo, ma soprattutto da sempre lo stesso sistema di sfruttamento imposto dall’unico modo di produzione capitalistico;e quindi in tal senso il movimento dei lavoratori non può e non deve essere elemento cogestore della crisi ma trovare anche nella crisi gli elementi del rafforzamento della sua soggettività tutta politica.
Nessuna gestione della crisi da parte dei lavoratori , non accettare le compatibilità della sopravvivenza del sistema del capitale, l’indipendenza del mondo del lavoro dallo sviluppismo capitalista significa non collaborare ma proporre il proprio programma minimo di classe fuori dalle compatibilità del capitale esprimendo così tutta la propria autonomia nella conflittualità; entrare nel gioco significa morire nel gioco!
Subordinare l’economia alla politica sarebbe una alternativa alla mondializzazione capitalista realmente esistente. Non è altra cosa del vecchio, ma non antico, programma del Manifesto Comunista: la subordinazione del capitale al lavoro, della produzione all’essere umano.


in data:04/08/2011
Fonte www.liberazione.it

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Nonviolenza e marcia Perugia-Assisi, sette domande a Giancarla Codrignani

- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' stato il significato piu' rilevante della marcia Perugia-Assisi in questi cinquanta anni?

- Giancarla Codrignani: Per chi abbia partecipato anche una volta sola resta fondamentale il pensiero che sarebbe possibile che tutti - e non solo i marciatori - fossero reattivi e appassionati come in quella sola giornata di settembre: cambierebbe la politica del nostro paese e, se fossimo bravi ad esportare la pratica anche negli altri luoghi, vivremmo da nonviolenti: sarebbe davvero la pace.

- "La nonviolenza e' in cammino": E cosa caratterizzera' maggiormente la marcia che si terra' il 25 settembre di quest'anno?

- Giancarla Codrignani: Il valore simbolico, come per i 150 anni dell'unita' d'Italia o i trent'anni dell'appello di Berlinguer per una morale pubblica. Resta tuttavia che per Capitini la "marcia" era un'azione, non un rito.

- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' lo "stato dell'arte" della nonviolenza oggi in Italia?

- Giancarla Codrignani: Vivo un periodo in cui il mio paese non mi piace. Sono convinta che e' gia' molto se si e' diffuso l'uso di dire "nonviolenza" con una parola sola. Ma sarei esigente: la nonviolenza e' il miglior antidoto contro ogni forma di violenza, ma, purtroppo, il veleno resta nella storia degli umani e nelle crisi li morde con piu' ferocia.

- "La nonviolenza e' in cammino": Quale ruolo puo' svolgere il Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini, e gli altri movimenti, associazioni e gruppi nonviolenti presenti in Italia?

- Giancarla Codrignani: So che mi rendo odiosa a fare la prof., ma credo che dovremmo studiare di piu'. Andare a Perugia non vale se non si prevengono i guai prima che diventino guerre. Forse spetta proprio ai nonviolenti ridare senso alla partecipazione.

- "La nonviolenza e' in cammino": Quali i fatti piu' significativi degli ultimi mesi in Italia e nel mondo dal punto di vista della nonviolenza?

- Giancarla Codrignani: Le manifestazioni de los indignados sono certo un'opportunita' per impegnarsi. Ma non solo sulle piazze con le proteste e le denunce: anche con la volonta' di assumersi responsabilita'. Le devastazioni dei diritti sociali in Italia non sono opera di un colpo di stato reazionario, ma di un governo democraticamente eletto. Sul piano piu' generale mi ha turbato l'Europa ormai ovunque governata dalla destra, la presenza nel parlamento svedese del partito fascista, il 19 % dei seggi finlandesi nelle mani dei "Veri finlandesi"(come dire il Bossi finnico); e' la tragedia norvegese, che non puo' essere appiattita sulla definizione del pazzo omicida solitario.

- "La nonviolenza e' in cammino": Su quali iniziative concentrare maggiormente l'impegno nei prossimi mesi?

- Giancarla Codrignani: La difesa dei diritti umani anche all'interno di ciascun paese (per noi a partire dalla condizione dei migranti), la difesa dei diritti sociali costruiti dalle ultime generazioni contro l'imminente privatizzazione della scuola e della sanita', l'accoglimento e la condivisione della cultura delle donne. E la ripresa di un impegno diffuso contro il mercato delle armi.

- "La nonviolenza e' in cammino": Se una persona del tutto ignara le chiedesse "Cosa e' la nonviolenza, e come accostarsi ad essa?", cosa risponderebbe?

- Giancarla Codrignani: Conosco un prete che interpreta come "nonviolenza" la castita' imposta al clero. E' un'evidente sublimazione, ma rende l'idea che la purezza della mente genera comportamenti rispettosi della propria e dell'altrui dignita'. Perfino un giusto calcolo sugli interessi dell'umanita' dimostra facilmente (anche se e' facilita' tutta teorica) che la violenza e' sempre perdita: di se' e degli altri.

Da la nonviolenza in cammino,
notiziario online del centro di Ricerca per la Pace di Viterbo