mercoledì 29 giugno 2011

Pietro Ancona, commento su accordo Confindustria-Cgil

Note su un accordo

Preceduta da incontri di una diplomazia segreta che ha preso slancio da quanto si è capito che il centro-destra non sarà riconfermato alle elezioni del 2013 ci è stato spiattellato oggi l'ultimo dei tanti accordi interconfederali dettato dalla Confindustria e materialmente scritto dal suo ufficio studi. L'accordo va letto assieme ai suoi precedenti, al dibattito che si è sviluppato su Pomigliano e su Torino ed è frutto ideologico e politico della voglia del centro-sinistra di mostrarsi più scaltro e più dotato di mezzi nella gestione delle politiche imposte dalla Unione Europea. L'accordo farà trovare il grosso del lavoro sporco già fatto alla compagine che si installerà a Palazzo Chigi al posto di Berlusconi e Tremonti.
Questo accordo come alcuni di quelli che lo hanno preceduto compie una operazione giuridica e politica di enorme portata: sposta la soggettività contrattuale dai lavoratori ai "sindacati" e non a tutti soltanto a quelli ammessi nel cerchio magico della legittimità anticomunista. Gli accordi non vanno approvati dai lavoratori ma dal sindacato per almeno il 50 per cento dei rappresentati della RSU, una percentuale che non ha alcuna importanza dal momento che i tre stammo assumendo tante di quelle affinità elettive da poter presto fondersi in un unico supersindacato a cui vengono assegnati quasi d'ufficio dodici milioni di iscritti. E' un processo giuridico e giuslavoristico guidato da menti raffinatissime che porta genericamente il titolo di sussidiarietà e che prevede la privatizzazione della giustizia del lavoro ed il graduale quasi impercettibile spostamento del sindacato da rappresentante dei lavoratori o del lavoratore (se è il caso) a soggetto c he agisce con una propria autonomia ed un proprio potere di somministrazione di diritti rispetto il quale il lavoratore viene del tutto passivizzato in una figura che da sola non conta più assolutamente niente. E' quello che è accaduto nel sindacalismo americano di stampo neoliberistico.
Tutto il gruppo dirigente del PD è impegnato con Confindustria e con i superpoteri europei
a realizzare il disegno che ha trovato oggi un suo momento importante nell'accordo stipulato.
In sostanza si realizza un momento di una manovra che in Grecia sta costando quasi una rivoluzione per mettere insieme quello che in modo silenzioso e con una perfetta triangolazione con il governo in Italia si sta realizzando senza che le classi dirigenti ne paghino dazio: quaranta miliardi di tagli pagati per il 95 per cento dai redditi di lavoro e di pensione e strumenti al padronato per una gestione totalitaria delle aziende.
Tutto quello che si fa a livello istituzionale e delle grandi organizzazioni sociali contraddice le spinte profonde che sono venute dal referendum contro il nucleare e la privatizzazione. Il PD sembra sospinto a destra piuttosto che a sinistra dal sentimento popolare che si innalza dal paese. E' diventato sordo, sordissimo alle migliaia di proteste dei precari, della scuola, degli operai e tira avanti per la sua strada che è la stessa dei governi di centro-destra e socialisti europei.
L'obiezione all'accordo è venuto da Cremaschi e da Landini. Obiezione data per scontata e tuttavia terribile nel suo isolamento politico e sociale. Pur rispondendo ad interessi fondamentali ed irrinunziabili dei lavoratori italiani, le gravissime denunzie scivolano senza lasciare profonde tracce nel corpo enorme dei gruppi dirigenti delle tante categorie che fanno capo alla CGIL. La logica che prevale in questo corpo è quella di un centralismo autoritario dal quale bisogna avere fegato per dissentire specialmente per chi ha scelto di fare un funzionario sindacale a tempo pieno.
Come ha giustamente detto oggi Susanna Camusso l'accordo di oggi chiude un periodo e ne apre nuovo. La CGIL non è più in bilico tra moderatismo ed autonomia di classe. Ha scelto per sempre il moderatismo e di stare con Bonanni e con Angelletti. Bonanni è il vero leader della nuova fase unitaria. Napolitano nè è l'alto patrocinatore. Che importa se i lavoratori ne ricaveranno soltanto amarezze delusioni disagi e povertà? Se si leggono gli atti fondamentali del fascismo dal 1926 al 1938 si scopre una somiglianza impressionante con gli accordi dei tre con la Confindustria e con il Governo di oggi. Ma il processo di deidentificazione della classe lavoratrice non era sollecitato ed attuato con forme così penetranti come quelle di oggi.
Pietro Ancona
già sindacalista della CGIL e membro del CNEL
http://medioevosociale-pietro.blogspot.com/
www.spazioamico.it di Giuseppina Ficarra

lunedì 27 giugno 2011

Val di Susa - Turi Vaccaro, scalzo contro il bulldozer

LA STORIA

Vaccaro, l'uomo-simbolo delle proteste pacifiste
Siciliano d'origine, ex operaio Fiat, Turi Vaccaro è stato fermato stamattina dalla polizia a Chiomonte mentre tentava di opporsi al bulldozer impiegato per abbattere le barricate erette dai No Tav
di VERA SCHIAVAZZI

E' stato operaio alla Fiat, accompagnatore di monaci buddisti, protagonista di azioni clamorose come quella che l'ha portato in un carcere olandese per aver provocato danni per migliaia di euro a un aereo militare in una base Nato (con un martello acquistato a Assisi, però). Turi Vaccaro ha 52 anni e i pacifisti, o quelli che amano farsi chiamare così, italiani e europei lo conoscono bene: barba lunga, sguardo ispirato, sandali (o meglio ancora piedi scalzi, ogni volta che si può), canzoni e poesie, e l'abitudine di dormire all'aperto anche d'inverno. Ora Turi, origini siciliane e Torino come città d'adozione, scrive una nuova pagina della sua biografia, e fa lo sciopero della fame insieme ai no Tav che presidiano Chiomonte. E' allenato, è tosto e di sicuro non mollerà. Ed è l'uomo-simbolo, uno dei tanti, di un movimento che ha saputo comunicare molto al di sopra delle sue possibilità. C'è da scommettere che sarà proprio lui il volto più gettonato dalle telecamere nella nuova fase della storia.

IL FILMATO: COME TIENANMEN

"Sono pronto - ha detto ieri - ad andare avanti fino a fine mese. E spero di non essere il solo: il digiuno, massimo strumento della nonviolenza, è aperto a tutti e ognuno può digiunare come meglio crede in coscienza. E' la miglior risposta a coloro che dicono che il nostro movimento è in mano a fasce violente. Io farò anche il digiuno della parola eccetto che in assemblea". La sua storia, lui la racconta così: immigrato a Torino con mamma Michelina e papà Vincenzo, si iscrive a Filosofia, coltiva "la sua vena poetica" e intanto entra alla Fiat come operaio motorista. Ma presto si accorge "che il suo lavoro doveva servire ad assemblare componenti di un sistema di trasporto militare" e "preferisce il licenziamento alla complicità nella predisposizione di strumenti di morte.

Nel 1981, va Comiso incontrando l'amicizia dei tanti pacifisti arrivati nella cittadina siciliana per opporsi alla costruzione della base dei missili nucleari". Aiuta il monaco buddista Morishita a edidicare la "Pagoda della Pace", un edificio di culto di tutto rispetto che ancora svetta su una collina, poi si dedica al "cruisewatching" in Sicilia, cioè alla scoperta alla denuncia dei convogli di missili americani, e inizia, con una condanna a 4 mesi, le sue esperienze carcerarie. Nel 1986, inizia un giro d'Europa per studiare e apprendere le tattiche dei diversi movimenti pacifisti e incontra Emmie Ekper, olandese, che diventerà la sua compagna e la madre di sua figlia. E decide che David Henry Thoreau e san Francesco d'Assisi saranno i suoi modelli. Il 27 ottobre del 2005 riesce a eludere la sorveglianza in una base militare olandese e prima che lo fermino distrugge a martellate due F16. Processato, passa sei mesi in carcere, ma fa in tempo a tornarci nel 2009, questa volta in Italia, per essere entrato illegalmente nella base del Dal Molin, in provincia di Vicenza. Ora ci riprova a Chiomonte, con lo strumento caro a Gandhi e, in tempi più recenti, a Marco Pannella. E corre il serio rischio di diventare più famoso di Alberto Perino.

Fonte www.repubblica.it

domenica 26 giugno 2011

Libia - campagna della Rete No War e Statunitensi contro la guerra-Rome

“Stop alla guerra Nato in Libia: scriviamo ai membri non belligeranti del Consiglio di Sicurezza Onu”

Alcuni paesi della Nato, con l’alleanza di alcune petromonarchie del Golfo, stanno conducendo da tre mesi in Libia una guerra illegale a sostegno di una delle due fazioni armate che si affrontano; una guerra fondata su informazioni false, portata pervicacemente avanti con vittime dirette e indirette; una guerra che continua malgrado le tante occasioni negoziali disponibili fin dall’inizio.

Che fare? La pressione popolare nei confronti dei paesi Nato è certo necessaria, ma non basta. Potrebbe essere utile, se attuata in massa, una campagna di email dirette a paesi non belligeranti e membri del Consiglio di Sicurezza del’Onu, chiedendo loro di agire. Molti di quei paesi hanno già manifestato volontà negoziali e potrebbero utilizzare come strumento di pressione questo appoggio popolare da parte di cittadini di paesi Nato.
Per questa ragione i gruppi Rete No War e Statunitensi contro la guerra hanno consegnato un analogo appello ad alcune ambasciate a Roma.

Ecco come partecipare alla campagna, semplicemente, con una email. Basta mandare il testo seguente (in inglese) nel corpo del messaggio alle email di: Russia, Cina, India, Sudafrica, Nigeria, Gabon, Bosnia Erzegovina, Libano, Colombia, Portogallo, Germania.

Per informazioni (ma l’appello va inviato direttamente agli indirizzi dei paesi!): boylan@interfree.it;mari.liberazioni@yahoo.it

Email delle rappresentanze dei paesi: ChinaMissionUN@Gmail.com; rusun@un.int; India@un.int; portugal@un.int;contact@lebanonun.org;chinesemission@yahoo.com;dsatsia@gabon-un.org;
delbrasonu@delbrasonu.org; info@new-york-un.diplo.de;siumara@delbrasonu.org; bihun@mfa.gov.ba; a.moungara-moussotsi@gabonun.org;colombia@colombiaun.org;pmun.newyork@dirco.gov.za; perm.mission@nigerdeleg.org;perm.mission@nigerdeleg.com;aumission_ny@yahoo.com, AU-NewYork@africa-union-nyo.org; LamamraR@africa-union.org;waneg@africa-union.org;presidentrsa@po.gov.za;unsc-nowar@gmx.com

Nell’oggetto della email scrivere:
PLEASE STOP NATO WAR IN LIBYA. APPEAL TO NON-BELLIGERANT MEMBERS OF THE UN SEC. COUNCIL

Testo da inviare
WE APPEAL TO NON-BELLIGERENT MEMBERS OF THE U.N. SECURITY COUNCIL

- to put an end to the misuse of U.N. Security Council Resolution 1973 to influence the internal affairs of Libya through warfare, by revoking it, and
- to press for a peaceful resolution of the conflict in Libya, backing the African Union’s central role in this context.
We thank those countries that have tried, and are still trying, to work towards peace.

Our appeal is based on the following:

- the military intervention in Libya undertaken by some NATO members
has now gone far beyond the provisions of Security Council Resolution 1973, and is based on hyped-up accounts of defenseless citizens being massacred by their government, while the truth is that, in Libya, there is an on-going and intense internal armed conflict;

- we are aware of the economic and geo-strategic interests that lie behind the war in Libya and,in particular, behind NATO support of one of the two armed factions;
- NATO military intervention in Libya has killed (and is continuing to kill) countless civilians, as well harming and endangering the civilian population, including migrants and refugees, in various other ways;

- the belief, at this stage, only non-belligerent countries – and particularly those with U.N. Security Council voting rights – can successfully bring a peaceful end to the conflict through negotiations and by implementing the opening paragraph of UNSC Resolution 1973, which calls for an immediate ceasefire.

Respectfully yours,
Name (or association)
Address (optional)

Unione Africana:"Negoziati e Gheddafi non vi partecipera'"

LIBIA
Gheddafi non parteciperà ai negoziati
Lo riferiscono i capi di Stato dell'Unione Africana
Jacob Zuma:«Obiettivo Onu non è l'assassinio del Rais»


MILANO- Muammar Gheddafi ha accettato di non partecipare a eventuali negoziati sulla Libia. Lo hanno riferito domenica capi di stato africani che stanno portando avanti la mediazione dell'Unione Africana per avviare trattative e porre fine al conflitto che va avanti da quattro mesi.

OBIETTIVO ONU NON È L'ASSASSINIO DEL RAIS - «L'intenzione della risoluzione dell'Onu non era quella di autorizzare una campagna per il cambiamento di regime o l'assassinio politico di Gheddafi» ha poi detto il presidente sudafricano Jacob Zuma, nel discorso di apertura del meeting del comitato dei mediatori dell'Unione africana sulla Libia, tenutosi a Pretoria. «Vite dei civili sono state perse a causa di queste bombe e le infrasttrutture hanno subìto danni indicivili», ha aggiunto Zuma riferendosi ai raid della Nato. «I bombardamenti della Nato sono andati oltre la risoluzione dell'Onu, che autorizzava l'uso della forza per proteggere i civili libici dagli attacchi delle truppe di Gheddafi», ha detto Zuma. «I cittadini libici ci chiedono di porre fine a questa carneficina e vogliono vedere una fine immediata del conflitto e l'inizio di un processo per l'amministrazione democratica», ha concluso.


«BISOGNA ARRESTARLO»- Di diverso avviso, la Corte dell'Aja : «Bisogna arrestate il leader libico Muammar Gheddafi per mettere fine ai crimini di guerra e contro l'umanità commessi in Libia dall'inizio del conflitto». È quanto sostiene il Procuratore della Corte penale internazionale (Cpi) dell'Aia, Luis Moreno Ocampo, che il 16 maggio scorso ha chiesto alla Corte di spiccare mandati di arresto a carico di Gheddafi, del figlio primogenito, Saif Al Islam, e del capo dei servizi di Intelligence, Abdallah Al Senussi. «I crimini vengono commessi ancora oggi in Libia. Per farli cessare e per proteggere i civili, Gheddafi deve essere arrestato», ha detto il procuratore in un comunicato. I giudici della Cpi si pronunceranno lunedì sulla richiesta di Moreno-Ocampo.


26 giugno 2011
Fonte www.corriere.it

mercoledì 22 giugno 2011

Fermare la guerra in Libia, inviamo tutti un appello ai paesi terzi non belligeranti

Stop alla guerra in Libia: manda una email ai membri non belligeranti del Consiglio di Sicurezza Onu

Alcuni paesi della Nato, con l’alleanza di alcune petromonarchie del Golfo, stanno conducendo da tre mesi in Libia una guerra illegale a sostegno di una delle due fazioni armate che si affrontano; una guerra fondata su informazioni false, portata pervicacemente avanti con vittime dirette e indirette;una guerra che continua malgrado le tante occasioni negoziali disponibili fin dall’inizio.

Che fare?
La pressione popolare nei confronti dei paesi Nato è certo necessaria, ma non basta. Potrebbe essere utile, se attuata in massa, una campagna di email dirette a paesi non belligeranti e membri del Consiglio di Sicurezza del’Onu, chiedendo loro di agire. Molti di quei paesi hanno già manifestato volontà negoziali e potrebbero utilizzare come strumento di pressione questo appoggio popolare da parte di cittadini di paesi Nato. Per questa ragione i gruppi Rete No War e Statunitensi contro la guerra hanno consegnato un analogo appello ad alcune ambasciate a Roma.

Ecco come partecipare alla campagna, semplicemente, con una email. Basta mandare il testo seguente (in inglese) nel corpo del messaggio alle email di: Russia, Cina, India, Sudafrica, Nigeria, Gabon, Bosnia Erzegovina, Libano, Colombia, Portogallo, Germania

Email: ChinaMissionUN@Gmail.com; rusun@un.int; India@un.int ; portugal@un.int; contact@lebanonun.org;chinesemission@yahoo.com;dsatsia@gabon-un.org; portugal@missionofportugal.org;delbrasonu@delbrasonu.org; info@new-york-un.diplo.de; siumara@delbrasonu.org; bihun@mfa.gov.ba; a.moungara-moussotsi@gabon-un.org; colombia@colombiaun.org;pmun.newyork@dirco.gov.za; perm.mission@nigerdeleg.org; perm.mission@nigerdeleg.com;aumission_ny@Yahoo.com, AU-NewYork@africa-union-nyo.org; LamamraR@africa-union.org;waneg@africa-union.org

Oggetto della email:
PLEASE STOP NATO WAR IN LIBYA. APPEAL TO NON-BELLIGERANT MEMBERS OF THE UN SEC. COUNCIL

Testo
“PLEASE STOP THE NATO WAR ON LIBYA!”

WE APPEAL TO THE NON-BELLIGERENT MEMBERS OF THE U.N. SECURITY COUNCIL

to put an end to the misuse of that Resolution to influence the internal affairs ofLibya through warfare, by revoking it, and
to press for a peaceful resolution of the conflict in Libya, with the African
Union playing a central role.

Our appeal is based on the following:
- the military intervention in Libya undertaken by some Nato members
has now gone far beyond the provisions of Security Council Resolution 1973 and is based on hyped-up accounts of defenseless citizens being massacred by their government, while the truth is that, in Libya, there is an internal conflict between two armedfactions;
- we aware of the economic and geostrategic interests that lie behind the war in Libya and, in particular, behind NATO support of one of the two armed factions.
- NATO military intervention in Libya has killed (and is
continuing to kill) countless civilians, as well hurting and endangering the
civilian population, including migrants and refugees, in various other ways;
- at this stage, only non-belligerent countries can successfully bring a peaceful end to the conflict through negotiations;

Respectfully, Nome (o associazione) e indirizzo

Per maggiori informazioni:
mari.liberazioni yahoo.it, elbano9@yahoo.it

domenica 19 giugno 2011

19 giugno, a Madrid 50-100.000 indignatos in piazza; contro le politiche dell' U.E., la politica corrotta, il potere dei banchieri.

Madrid, 'indignados' di nuovo in piazza
In centomila protestano contro l'austerity

Una folla festosa, composta da persone di tutte le età, ha invaso le vie della capitale, urlando slogan e srotolando striscioni: "Camminiamo uniti contro la crisi'. Manifestazioni in tutto il Paese

MADRID - Nuova giornata di protesta, festosa e pacifica, a Madrid. Sei marce, convocate del Movimento 15-M (che prende il nome dalla data, il 15 maggio scorso, in cui di svolsero le principali proteste nella piazza della Puerta del Sol 1, nel cuore di Madrid) hanno attraversato la capitale, dirette verso Plaza de Neptuno, vicino al Parlamento, per protestare contro il giro di vite imposto in nome della difesa dell'euro, i politici corrotti, la collusione con i banchieri, una vita per molti senza prospettive di un futuro.

El Mundo ha calcolato che circa 40mila persone sono scese in strada a Madrid, la tv pubblica Tve ha parlato di 'decine di migliaia' di manifestanti. Sono cifre che partiti e sindacati non riescono più a raggiungere. Gli 'indignados' hanno parlato di 100-150 mila partecipanti e non escludono ora lo sciopero generale. "Dobbiamo paralizare il paese" ha gridato un oratore a Plaza de Neptuno, cuore della protesta di oggi.

I cortei, partiti da diversi punti della capitale, sono arrivati a Plaza de Neptuno, a due passi dal Congresso dei Deputati, blindato dalla polizia nel timore di nuovi incidenti dopo quelli di Barcellona martedì. Ma la marea umana della Spagna indignada ha invaso la capitale senza incidenti. "Ricordate che dovete portare con voi acqua, creme contro il sole e tanto pacifismo" invitava nella convocazione la pagina "@acampadasol".

E migliaia di persone hanno marciato in diverse altre città di tutta la Spagna. A Barcellona 50mila persone, secondo la polizia, sono partite da Plaza Catalunya e sono arrivate a Plaza de Palau, nei pressi del Parlamento catalano. Gli indignados hanno manifestato anche a Valencia (circa 10mila) Granada, Bilbao e Malaga. Ci sono state anche concentrazioni all'estero.

Su cartelli e striscioni a Madrid tanti i messaggi di ribellione a una crisi provocata da banchieri e governi 'a loro sottomessi', e gli appelli a una 'rivoluzione all'islandesè: "Questa crisi non è la nostra, non la paghiamo", "Non siamo merci nelle mani di politici e banchieri", "Dormivamo e ci siamo svegliati!", "Non resteremo muti anche se fate i sordi!". "Le banche e i governi che hanno favorito questa situazione devono sapere che non siamo d'accordo con le misure e i giri di vite che sono stati decisi, e che siamo determinati a manifestarci" ha chiarito la piattaforma 'Spanishrevolution' indicando l'Islanda dei cittadini che per referendum si sono opposti ai 'diktat delle banche' come l'esempio da seguire.

La marcia di Madrid ha confermato che il fenomeno indignados non è più un fatto di rivolta giovanile. Tanti i giovani nei cortei ma ancora di più i 40-50enni, i pensionati, le famiglie con i bambini, e sotto il braccio la borsa del picnic, che hanno fatto poi al fresco sotto gli alberi del Paseo del Prado. "Siamo la gente indignata, le persone anonime, i senza voce. Eravamo silenziosi, ma ascoltavamo, osservavamo aspettando il momento di unirci" spiegano gli indignados. "Oggi chiamiamo alla 'Globalrevolution'. Invitiamo alla occupazione pacifica delle piazze pubbliche e alla creazione di spazi di incontro, di dibattito e di riflessione. È nostro dovere recuperare lo spazio pubblico e decidere insieme che mondo vogliamo".

Fonte www.repubblica.it

venerdì 17 giugno 2011

Petizione contro il Monopolio dei Trasporti Marittimi per l' Isola d' Elba.

Petizione Popolare contro il Monopolio dei Trasporti Marittimi per l’ Isola d’Elba

Il Comitato Elba traghetti con prezzi piu’ bassi per tutti
All’ Autorita’ Garante della Concorrenza e del Mercato
I sottoscritti cittadini dell’ Isola d’Elba, ospiti e villeggianti

PREMESSO

- Che la Regione Toscana, a seguito di specifico bando finalizzato alla privatizzazione della societa’ Toscana Regionale Marittima (TO.re.mar S.p.A.), ha ceduto alla Moby S.p.A. le proprie quote azionarie consentendo che il 92% delle quote di mercato da e per l’ Isola d’Elba siano gestite da un unico operatore, in questo caso Moby S.p.A.

- Che si e’ ulteriormante rafforzata la posizione dominante di Moby S.p.A. sul mercato dei trasporti marittimi per l’ Isola d’ Elba.

- Che non vi e’ piu’ concorrenza sul mercato dei trasporti marittimi per l’ Isola d’ Elba.

- Che il costo dei traghetti incide in modo determinante sull’ economia delle isole e sul Turismo in particolare.

- Che solo una sana concorrenza stimola la qualita’ del servizi o e consente l’ applicazione di tariffe appropriate ai costi sostenuti.

PER EVITARE

a) Che anche l’ Isola d’ Elba si trovi nel prossimo futuro con gli stessi problemi che oggi subisce la Sardegna.

b) Che si costituiscano e si ripropongano posizioni di privilegio nell’ assegnazione delle linee e delle bande orarie di accosto (slot) con diritto di prelazione sulle banchine del Porto di Piombino (unica via di accesso dal mare all’ Isola d’ Elba) alle sole compagnie storiche.

CHIEDONO

L’ urgente intervento dell’ Autorita’ Garante della concorrenza e del mercato affinche’:

- Venga assicurato un vero e proprio sistema concorrenziale sulle tratte Piombino-Isola d’ Elba;

- Venga data la possibilita’ a piu’ Compagnie Armatoriali di operare sul mercato in questione (almeno tre come suggerisce l’ Europa);

- Vengano ridistribuite, con equidistanza – le linee e gli slot tra tutte le Compagnie per il servizio di trasporto marittimo per l’ Isola d’ Elba

Al Presidente della regione Toscana Enrico Rossi

Che garantisca agli abitanti dell’ Arcipelago nessuna riduzione, in generale, della mobilita’ ed alcun aumento discriminante delle tariffe.

giovedì 16 giugno 2011

Toscana,Elba-Pacini-IDV -Privatizzazione Toremar e referendum acqua pubblica

Pacini (IdV) Le decisioni referendarie applicate al trasporto marittimo


Gli amministratori dovrebbero essere vicini alla gente, per sentirne gli umori e capirne le vere esigenze. Spesso chi governa, troppo occupato dalle proprie idee, dimentica di essere stato eletto, e quindi di essere al servizio di tutti i cittadini amministrati. Gli eletti devono ascoltare gli elettori.
Per la questione Toremar l’Assessore ai trasporti della Toscana Luca Ceccobao si è dimenticato di ascoltare i cittadini che in questo caso subiranno le sue scelte e che comunque sono suoi elettori.
Fortunatamente poi ci sono degli eventi con cui i cittadini li riportano con i piedi per terra.
Il primo punto referendario ci ha chiamato in causa per il seguente quesito:
Si propone l'abrogazione dell'art. 23 bis (dodici commi) della Legge n. 133/2008 , relativo alla privatizzazione dei servizi pubblici di rilevanza economica.
Un “servizio pubblico di rilevanza economica” è il trasporto pubblico, qualunque esso sia.
Egregio Presidente il suo assessore non ha voluto ascoltare i cittadini dell’arcipelago Toscano.
Oggi i cittadini toscani ci dicono in 1.741.860 (quelli che hanno votato al referendum): “non vogliono che i servizi pubblici in generale siano privatizzati obbligatoriamente al 40%”.
Il suo assessore mostrandosi poco lungimirante ha imposto la privatizzazione della Toremar al 100%, contro ogni evidente volontà degli abitanti dell’Arcipelago e contro il 63,6% di elettori Toscani che hanno detto con chiarezza e in massa: “non vogliono la privatizzazione dei servizi pubblici di rilevanza economica, trasporti pubblici inclusi”..
Implicitamente, anche se in modo indiretto, i cittadini hanno bocciato i disegni del suo assessore.
Se conosciamo bene il suo assessore, non vorrà rivedere i termini di privatizzazione della Toremar.
È troppo orgoglioso per accettare dei distinguo o delle visioni anche giuste, ma diverse dalle sue.
Quindi rispettare la volontà elettorale dei cittadini spetta a lei Presidente Rossi. Solo per onestà le
ricordiamo che la vicenda della gara Toremar ha attualmente molti punti oscuri e per questo ci sono vari ricorsi (TAR, Garante) che aspettano risposte proprio per chiarire ogni aspetto.
Solo il suo intervento deciso può rasserenare gli animi di tanta gente già provata dalle incomprensibili angherie e dallo sfruttamento subito. Presidente confidiamo in lei!
Solo questa riteniamo sia la via maestra: il suo impegno per governare dei territori cosi particolari come un arcipelago senza ritrovarsi con delle proteste, che porterebbero danni enormi all’immagine del governo Regionale in Italia e all’Estero.
L’arcipelago Toscano e parte integrante della Regione, e tanto ha dato e sta dando alla Regione, chiediamo di essere rispettati e coinvolti nelle scelte che il suo governo deve fare per le nostre isole. Ci creda e difficile capire cosa vuol dire essere un isolano ci permetta di dimostraglielo.


Florio Pacini
Italia dei Valori
Isola d’Elba
Dalla parte dei cittadini

Fonte www.elbareport.it

Indignatos spagnoli verso il 19 giugno - un punto di vista

"La piazza è nostra"
Il movimento degli "indignados" spagnoli verso la giornata nazionale del 19 giugno. Alla ricerca di nuove forme della politica e di una rivolta contro il sistema
di Josep Maria Antentas* e Esther Vivas*

Sono già passate quasi quattro settimane. Quattro settimane che hanno cambiato il paesaggio politico dell’insieme dello Stato spagnolo con l’irruzione di un movimento che nessuno aspettava e che ha al suo attivo le vittorie politiche contro la Giunta elettorale prima e contro il tentativo di espulsione a Barcellona poi. E, soprattutto, l’aver posto fine alla rassegnata passività di fronte agli attacchi contro i diritti sociali.

Dopo intensi giorni di attivismo, la stanchezza e l’esaurimento si fanno sentire negli accampamenti. Le difficoltà di gestione di molti di questi sono noti. La stagione degli accampamenti si è ormai esaurita. Accampamenti ed occupazioni di piazze non sono fine a se stessi. Hanno agito simultaneamente come simboli, elementi di riferimento e basi "operative", hanno costituito una potente leva per stimolare future mobilitazioni e sono stati potenti megafoni per amplificare quelle attuali. Chiudere questi accampamenti ancora in una posizione di forza, volontariamente, evitando di entrare in una spirale di declino, di cui s’intravvedono alcuni segnali negli ultimi giorni, è il passo da compiere ora. E quello che stanno già facendo, con molte difficoltà, molti accampamenti.
La sfida è saper gestire il successo per poter passare ad una fase successiva e utilizzare l’energia e lo slancio degli accampamenti per continuare ad avanzare. Dall'esperienza degli accampamenti e dalle occupazioni delle piazze emerge così un calendario di mobilitazioni immediate. Esse dovrebbero permettere da un lato di fissare un obiettivo ancora più avanzato alla fase di mobilitazioni aperte il 15 maggio; dall'altra segnare l’entrata in una fase successiva, segnando in questo modo lo spostamento del centro di gravità del movimento.

Vi sono dapprima le mobilitazioni di questo sabato 11 giugno in molte località di fronte all’insediamento delle nuove maggioranze regionali e comunali; e questo per rispondere alla dura repressione, lo scorso 9 giugno, della manifestazione di fronte al Parlamento di Valenzia in occasione della seduta di insediamento della nuova maggioranza di destra.

Vi sono poi le mobilitazioni davanti alle sedi di varie istituzioni contro le politiche di tagli sociali, nella scia delle manifestazioni dello scorso 8 giugno davanti al Congresso dei Deputati a Madrid contro la riforma della negoziazione collettiva e di venerdì 10 davanti alla sede del Ministero del Lavoro. Tra le mobilitazioni previste ricordiamo poi quelle del 14 el 15 giugno davanti al Parlamento di Catalunya, con l'obiettivo di organizzare un accampamento e un blocco del blocco del Parlamento: appuntamenti che rivestono una particolare importanza.

Una buona mobilitazione il giorno in cui il Parlamento comincia a discutere i il budget può essere un momento chiave nelle lotte contro la politica di austerità che da mesi sta sconvolgendo la Catalogna, soprattutto, nel settore della sanità e dell'educazione. Si tratta di un punto di riferimento importante per future mobilitazioni in altre comunità autonome, quando anche queste cominceranno ad annunciare misure di austerità a partire dal prossimo autunno.

Infine è necessario preparare la giornata di manifestazioni del 19 giugno (19G) in tutto lo Stato spagnolo. Il tema centrale proposto dall'accampamento di Barcellona è “La piazza è nostra. Non pagheremo la loro crisi”. Questo appuntamento dovrebbe permettere di tradurre a livello di mobilitazione di piazza le simpatie suscitate dagli accampamenti e dalle occupazioni, e rafforzare così la dimensione di massa del movimento. L’obiettivo del 19G è poter mostrare l’allargamento politico e sociale del movimento rispetto alla giornata del 15 maggio.

Al di là delle mobilitazioni immediate per la prossima settimana, bisogna cominciare a tracciare un percorso per la tappa seguente. È anche necessario poter cominciare ad elaborare una lista di rivendicazioni di base che combinino un discorso generale di critica all’attuale modello economico e alla classe politica, seguendo lo spirito dello slogan del 15 maggio “Non siamo merci in mano a politici e banchieri”, con proposte concrete. In assenza di una piattaforma comune di rivendicazioni di tutti gli accampamenti, quelle di Barcellona sembra la più consistente dal punto di vista politico ed è un buon punto di riferimento rivendicativo per il futuro.
In questo nuovo periodo non si può perdere il riferimento simbolico che hanno rappresentato gli accampamenti e le occupazioni di piazze. Mantenere questi simboli, come memoria ed elemento di continuità è importante. Per questo molti accampamenti, pur decidendo di smobilitare, hanno deciso di mantenere una piccola infrastruttura nelle piazze (punti d’informazion) e di convocare regolarmente delle assemblee.
I percorsi attraverso i quali passare nei prossimi mesi sembrano chiari. Prima di tutto rafforzare il radicamento territoriale del movimento, potenziare le assemblee locali e stabilire meccanismi di coordinamento stabili. Bisognerà cercare i modi per combinare radicamento locale e attività che unifichino, senza creare una dispersione di obiettivi. La proposta di consulta sociale che stanno abbozzando alcuni attivisti di Pl. Catalunya può permettere, assieme ad altre iniziative, di raggiungere questo obiettivo.

Bisogna poi cercare legami con la classe lavoratrice, i settori in lotta e il sindacalismo combattivo, e mantenere così la pressione sui sindacati maggioritari, sconcertati di fronte a un cambiamento nel panorama politico e sociale che non prevedevano. L’obiettivo è portare l’indignazione nei centri del lavoro, dove predominano ancora la paura e la rassegnazione.

Bisogna poi preparare la giornata del 15 ottobre, come data unificante di mobilitazione, cercando di trasformarla in un giorno si azione globale e in un momento decisivo per l’internazionalizzazione del movimento.
Infine è necessario articolare lo sviluppo di un movimento che ha una portata di carattere generale, il “movimento degli/le indignati/e” che fa una critica globale all’attuale modello politico ed economico, con le lotte concrete contro le politiche di austerità che cercano di trasferire il costo della crisi sulle spalle dei lavoratori e delle lavoratrici.
Una fase termina e ne comincia un’altra. Senza essercene resi conto, abbiamo tra le mani un movimento di cui stiamo appena cominciando a scoprire le potenzialità.

*Josep Maria Antentas è professore di sociologia all’Universitat Autònoma de Barcelona (UAB). Esther Vivas fa parte del Centro de Estudios sobre Movimientos Sociales nell’Universitat Pompeu Fabra (UPF). Entrambi sono autori di 'Resistencias Globales. De Seattle a la Crisis de Wall Street' (Editorial Popular, 2009) e partecipanti del campo di Pl. Catalunya. L'articolo è apparso sulla rivista Viento Sur l'11 giugno 2011.

La traduzione in italiano è stata curata dalla redazione di Rivoluzione (www.rivoluzione.ch) il sito dei giovani dell'MPS.

Fonte www.ilmegafonoquotidiano.it

"Non si puo' smantellare la casa del padrone con gli attrezzi del padrone" Audre Lorde, poetessa

La crisi greca incrina l' Europa

La crisi greca sta passando il confine tra i problemi risolvibili e quelli che non hanno soluzione, ma anche quello tra problemi “locali” e quelli “sistemici”. Così come, in questi anni, è stato passato il confine tra crisi nel sistema finanziario “privato” e suo trasferimento nella finanza pubblica.


L'elemento critico più grave è dato dalla frattura tra Banca centrale europea e stati nazionali, che corrisponde a un conflitto tra “logiche”, oltre che fra interessi. Gli stati – a partire dalla Germania – sono favorevoli a un nuovo piano di “aiuti” ad Atene, ma a condizione che una parte della spesa sia accollata ai “privati”. Fuor di metafora, alle banche che hanno in cassaforte titoli di stato greci, cui viene proposto di sostituire i titoli in scadenza con altri con gli stessi rendimenti e scadenza a sette anni.

Tecnicamente, dicono le agenzie di rating, è un fallimento vero e proprio; e quindi hanno lancia un “avvertimento” mafiosetto a diverse grandi banche europee (quasi tutte francesi, però, quelle i cui nomi sono stati resi noti; Societé Generale, Bnp Paribas, Credit Agricole). La Bce, al contrario, vorrebbe tenere fuori dai rischi proprio “i privati”.

Il secondo elemento di crisi è la divisione esistente tra gli stessi stati nazionali, che ha impedito fino all'Eurogruppo di trovare una linea d'azione comune sulla “seconda tranche di aiuti” (la prima è stata di 110 miliardi, ne servono – pare – altri 80).Il commissario Ue Olli Rehn, lanciando un appello ai 27 «per superare le attuali divisioni», stamattina ha spiegato che, per il salvataggio della Grecia, ci sarà un intervento in due tempi: ma domenica prossima bisognerà dare il via libera alla tranche da 12 miliardi, mentre l'11 luglio si dovrà decidere sulla partecipazione dei privati al secondo intervento.

Fratture che hanno immediati effetti sistemici. Si è indebolito l'euro (nei confronti del franco svizzero, nel giro di poco più di un anno, si è passati da un cambio 1,50 all'1,20 di ieri), cadono le borse, vanno in sofferenza le banche esposte verso la Grecia (anche quelle tedesche, dunque).

Più in generale perde credibilità lo stesso progetto di un'Europa unitaria. Non solo perché da Atene a Barcellona – passando per le elezioni amministrative e i referendum italiani – i popoli mostrano un'insofferenza crescente per i costi della crisi che vengono scaricati loro addosso “per salvare i privati” (le banche); cosa che comunque ha un peso di cui tener conto per chi, come noi, punta a tutt'altre “soluzioni” della crisi capitalistica. Ma proprio perché questa unità europea – incentrata sugli interessi del sistema finanziario e l'abbandono del “modello europeo” di welfare – non riesce a risolvere alcune problema. Anzi, ne crea di nuovi e più gravi.

Ora, ad Atene, Papandreou – alle prese con lo sfarinamento della propria maggioranza parlamentare assediata dalla piazza – ha tentato di varare un nuovo governo di “salvezza nazionale”, imbarcando anche i conservatori di Nea Demokratia (quelli che, nella precedente legislatura, avevano truccato i conti pubblici, facendo esplodere l'ammontare del debito fino ai livelli attuali), forse nella speranza di non avere un'opposizione politica forte in parlamento contro il piano di “austerità”. Ha dovuto ripiegare su un più banale “rimpasto”, e la nomina dei nuovi ministri dovrebbe avvenire entro stasera.

Fonte www.contropiano.org

mercoledì 15 giugno 2011

15 giugno 2011, un giorno storico ?Assedio degli Indignatos al Parlamento Catalano e al Parlamento Greco, manifestazioni in Marocco.

Assedio e scontri tra indignados e polizia a Barcellona dove è stato circondato il parlamento e bloccati i deputati. A Madrid si passa all’azione ed è stato bloccato uno sfratto. Zapatero e le classi dominanti “preoccupati dalla deriva violenta” del movimento.

Migliaia di “Indignados” a Barcellona stanno manifestando oggi davanti al Parlamento regionale della Catalogna per tentare di impedire l'approvazione in aula di nuove misure di spesa che comportano tagli sociali rilevanti. Alcuni esponenti politici sono dovuti arrivare in elicottero all'interno del complesso, come il presidente del governo catalano Artur Mas, diversi suoi consiglieri e la presidente del parlamento regionale Nuria de Gispert. La maggior parte dei deputati è riuscita a entrare a piedi nel parlamento situato nel Parco della Cittadella, ma è stata scortata dalla polizia. I manifestanti hanno fra l'altro gettato vernice su alcuni deputati regionali. Diversi parlamentari regionali sono stati trasportati in parlamento in furgoni della polizia catalana, i Mossos d'Esquadra. Due deputati, Gerard Figueres e Alfons Lopez Tena, hanno affermato di essere stati aggrediti dai manifestanti. Gli agenti hanno caricato in diverse occasioni e secondo i servizi sanitari ci sono stati 23 feriti, tra i quali tre poliziotti. Intanto il capo del governo Josè Luis Rodriguez Zapatero, si è detto preoccupato per la “deriva violenta di una parte del movimento degli indignati”.

A Madrid invece gli “indignados” si sono mobilitati sul terreno del diritto alla casa e oggi alcune centinaia di 'indignatì hanno impedito lo sfratto di un alloggio in cui vivono una madre e la figlia di 15 anni, nel quartiere di Tetuan, per mancato pagamento dell'ipoteca. Gli sgomberi per morosità hanno raggiunto nel primo trimestre nella sola Madrid il record storico di 15.491, oltre il 36% in più che nello stesso periodo del 2010, secondo i dati del Consiglio superiore del potere giudiziario. Gli “Indignati”, assieme alla Federazione delle associazioni degli inquilini chiedono una risistemazione degna per gli sfrattati per insolvenza, in molti casi lavoratori rimasti disoccupati. La Piattaforma dei colpiti dall'ipoteca (Pah) chiede all'amministrazione di difendere gli interessi dei cittadini e «non quelli degli enti finanziari». Reclamano l'applicazione dell'articolo 47 della costituzione, dell'articolo 25 della Dichiarazione Universale dei diritti umani e del numero 11 del Patto internazionale di diritti economici, sociali e culturali, «in virtù del quale lo Stato è obbligato a fare tutto il possibile per evitare gli sgomberi coatti

Fonte www.contropiano.org

"Non si puo' smantellare la casa del padrone con gli attrezzi del padrone" Audre Lorde, poetessa

lunedì 13 giugno 2011

Raul Zibechi - Le rivoluzioni della gente comune

7/06/2011 Raul Zibechi

Nei più diversi angoli del pianeta la gente comune sta uscendo nelle strade e occupando le piazze. Si incontra con altra gente comune che non conosceva e immediatamente riconosce. Non ha aspettato di essere convocata, è accorsa, spinta dalla necessità di scoprirsi. Non ha calcolato le conseguenze delle sue azioni, ha agito sulla base di ciò che sente, desidera e sogna. Siamo di fronte a delle vere rivoluzioni, a cambiamenti profondi che non lasciano nulla al proprio posto, malgrado los de arriba («quelli di sopra», ndt ) credano che tutto tornerà uguale quando le piazze e le strade avranno recuperato, per un certo tempo, quel silenzio di piombo che chiamano «normalità».

Il miglior modo di spiegare quel che sta succedendo resta, a mio modo di vedere, un memorabile testo di Giovanni Arrighi, Terence Hopkins e Immanuel Wallerstein: «1968: la grande prova», un capitolo del libro Antisystemic mouviment. Quel testo, ispirato dallo sguardo lungo e profondo di Braudel, si apre con un’affermazione insolita: «Ci sono state solo due rivoluzioni mondiali. La prima nel 1848. La seconda nel 1968. Entrambe sono state un fallimento storico. Entrambe hanno trasformato il mondo».

Subito dopo, i tre maestri del sistema-mondo affermano che il fatto che entrambe le rivoluzioni non furono progettate e furono spontanee «nel senso profondo del termine» spiega tanto il loro fallimento quanto la loro capacità di cambiare il mondo. Dicono, inoltre, che il 1848 e il 1968 sono date più importanti del 1789 e del 1917, con riferimento alle rivoluzioni francese e russa. Esse furono appunto superate da quelle del 1848 e del 1968.

Il concetto ereditato e ancora egemonico di rivoluzione deve essere rivisitato, lo è nei fatti. Di fronte a un’idea di rivoluzione centrata esclusivamente nella conquista del potere statale, appare un’altra idea più complessa, e soprattutto più integrale, che non esclude la strategia statale ma la supera e la deborda. In ogni caso, la questione di conquistare il timone dello Stato è un passaggio in un cammino molto più lungo alla ricerca di qualcosa che non può darsi a partire dalle istituzioni statali: creare un mondo nuovo.

Per creare un mondo nuovo, ciò che meno serve è la politica tradizionale, ancorata alla figura della rappresentanza che consiste nel sostituire soggetti collettivi con professionisti dell’amministrazione e dell’inganno. Al contrario, un mondo nuovo e diverso da quello attuale comporta il provare e lo sperimentare relazioni sociali orizzontali in spazi autonomi e autogestiti, spazi sovrani dove nessuno impone e comanda il collettivo.

La frase chiave della citazione precedente è «spontanee nel senso profondo». Come interpretare quella affermazione? Su questo punto bisogna accettare il fatto che non c’è una razionalità, strumentale e centrata sullo Stato, ma che ogni soggetto ha la sua razionalità, e tutti possiamo essere soggetti nel momento in cui diciamo «Basta». Si tratta, allora, di comprendere le razionalità altre, questione che solo si può dare dal di dentro e in movimento, a partire dalla logica intrinseca che rivelano le azioni collettive dei soggetti dell’abajo (del «sotto», ndt). Questo significa che non si tratta di interpretare ma di partecipare.

Al di là delle diverse congiunture in cui sono sorti, i movimenti di Piazza Tahrir al Cairo e della Puerta del Sol a Madrid sono parte di una stessa genealogia, quella del «Que se vayan todos» della rivolta argentina del 2001, della guerra dell’acqua di Cochabamba nel 2000, delle due guerre del gas boliviane del 2003 e del 2005, e della Comune di Oaxaca del 2006, per citare solo i casi delle rivolte urbane. Ciò che hanno in comune quei movimenti sono sostanzialmente due fatti: porre un freno a los de arriba e farlo aprendo spazi di democrazia diretta e partecipazione collettiva senza rappresentanti.

Questa strategia in due fasi, rifiuto e creazione, deborda dalla cultura politica tradizionale ed egemonica nelle sinistre e nel movimento sindacale, le quali contemplano solo parzialmente la prima fase: le manifestazioni autogestite con obiettivi precisi e delimitati. Quella cultura politica ha mostrato i suoi limiti, perfino come rifiuto di ciò che esiste, perché nel momento in cui non deborda dall’alveo istituzionale è incapace di frenare los de arriba e si limita a preparare il terreno per una staffetta tra le squadre di governo senza cambiare politica. Quella cultura politica è stata utile a spodestare le destre ma ha fallito alla prova di cambiare il mondo.

Le rivoluzioni in corso sono estuari dove sboccano e confluiscono fiumi e ruscelli di ribellioni che percorrono lunghi cammini, alcuni dei quali bevono nelle acque del 1968 ma le superano in profondità e densità. Sono ribellioni che vengono da molto lontano, dall’alta montagna, per confluire in modo impercettibile e capillare in altri alvei, a volte minuscoli, per poi mescolare un bel giorno le proprie acque in un torrente dove nessuno si domanda più da dove viene e che colori e segni di identità trascina.

Queste rivoluzioni sono il momento visibile, importante ma non fondante di un lungo cammino sotterraneo. Per questo l’immagine della talpa è tanto adeguata: un bel giorno fa un salto e si mostra, ma prima ha fatto un lungo percorso sotto terra. Senza questo percorso non potrebbe in alcun modo vedere la luce del giorno. Questo lungo andare sono le centinaia di piccole iniziative che sono nate come spazi di resistenza, piccoli laboratori (come quelli della fine degli anni Novanta a Lavapies, Madrid) dove si vive come si vuole vivere e non come loro vorrebbero che vivessimo.

Voglio dire che i grandi fatti sono preceduti e preparati, provati come segnala James Scott, da pratiche collettive che vivono lontane dall’attenzione dei media e dei professionisti della politica. Lì dove i partecipanti si sentono al sicuro e protetti dai propri simili. Ora che quelle migliaia di microesperienze sono confluite in queste mareggiate di vita, è il momento di festeggiare e sorridere, malgrado le inevitabili repressioni. Occorrerà soprattutto non dimenticare, al momento del ritorno degli anni di piombo, che sono quelle laboriose esperienze solitarie, isolate e spesso fallimentari, che pavimentano le giornate luminose. Una dopo l’altra cambiano il mondo.

Fonte www.carta.org

sabato 11 giugno 2011

Bahrein la rivoluzione araba che non piace ad Obama

BAHREIN: 10.000 SCIITI IN PIAZZA PER CHIEDERE RIFORME
In Bahrein circa 10.000 sciiti sono tornati a manifestare in piazza per chiedere riforme politiche. Si tratta della prima dimostrazione dopo la violenta repressione che a meta' marzo vide le truppe barelite, aiutate da quelle saudite, reprimere le manifestazioni della maggioranza sciita contro la famiglia reale sunnita degli al Khalifa. Le autorita' accusano l'opposizione di essere manovrata dall'Iran, culla dello sciismo .
Agenzia Agi da www.repubblica.it

Obama ha detto che tutti i dittatori arabi saranno spazzati via, ma l' Arabia Saudita, il Marocco,lo Yemen e il Bahrein non rientrano tra i governi illiberali sgraditi. Il piccolo Bahrein, piccolo ma vicino all' Arabia Saudita dei 9 m/b il giorno di greggio su 87 m/b dell' intero pianeta, aveva represso le rivolte con l' aiuto delle truppe saudite, paese dove le donne non possono neanche guidare l' automobile. Ma nessuna campagna di stampa ha fatto conoscere la repressione e l' arretratezza culturale in questi due paesi.Come se fossero migliori di Iran o Syria. Si e' rotto un equilibrio in quella parte del mondo (Nord Africa e Medio Oriente) contemporaneamente alle difficolta' dell' offerta di petrolio a tenere il passo della domanda.

La domanda di greggio ha gia' superato i massimi storici del 2008, quando il prezzo tocco' i 148 dollari, quell' anno passo' da inizio aprile a fine luglio da 100 a 148 dollari/b, rimase quindi sopra i 100$/b per quattro mesi. Quest' anno l' impennata sopra i 100$/b c'e' stata a fine febbraio, quindi a fine giugno sono gia' 4 mesi sopra 100$/b; mentre il Brent e' superiore a 100$/b da almeno 6 mesi, e da quattro e' superiore a 110$/b.

Nell' ultimo vertice Opec alcuni paesi hanno rifiutato di alzare le quote di produzione, ma questi produttori (Venezuela,Iran,ect) non sarebbero neanche in grado di produrre piu' petrolio. Un aumento della produzione dell' Arabia Saudita o dell' Iraq, abbasserebbe il prezzo e loro, non potendo estrarre di piu', vedrebbero diminuire i propri introiti.

Si avvicina quindi una nuova crisi economica, un altro fronte critico oltre la questione greca.

Sara' un' estate rovente.

"Non si puo' smantellare la casa del padrone con gli attrezzi del padrone" Audre Lorde, poetessa.

mercoledì 8 giugno 2011

Marcegaglia vota ai Referendum, una notizia importante solo per me !?!

Ho riportato in un post sul forum Notizie dall' Italia un accenno ad una dichiarazione della Marcegaglia che afferma che andra' a votare ai Referendum del 12-13/6. Mi sembrava e mi sembra una notizia importante. Fiumi di parole in questi giorni sul quorum da raggiungere e, da qui alla prossima settimana, questa tema inondera' i media.
La Repubblica ha fatto un titolo d' apertura della prima pagina su Napolitano che vota, secondo me era come fare sulle pagine sportive un titolo su Prandelli che va allo stadio, una notizia del tutto ovvia, una non notizia.

La Marcegaglia che va a votare, la rappresentante del principale avversario ai Referendum sull' acqua e nucleare e' invece considerata da tutti una notizia marginale.

Facendo una ricerca su Google con le parole "Marcegaglia andro' a votare" ho trovato solo agenzie di stampa e la pagina Bolognese e di Parma della Repubblica. Una notizia locale ? Una notizia marginale ?
Riporto nei post successivi quello che ho scritto nel Forum Notizie dall' Italia.

marcopa
Inviato: Gio Giu 09, 2011 4:07 pm Oggetto:

Sul Sole24ore di oggi, mercoledi' 8 giugno, a pag. 9 un piccolo articolo di due colonne dal titolo

Marcegaglia "Andro' a votare "

"Come il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, anche Emma Marcegaglia "fara' il suo dovere" di elettrice: la Presidente di Confindustria ha annunciato che il 12 e 13 giugno andra' a votare per i referendum..."
l' articolo prosegue riportando le posizioni,note, di Confindustria sul nucleare,
"..una quota di nucleare sarebbe utile....comprendiamo il timore delle persone in seguito a quanto successo in Giappone...pero' decisioni cosi' importanti ...andrebbero prese con calma...quindi-ha concluso- noi siamo a favore del nucleare"

Giancarlo54
Inviato: Mer Giu 08, 2011 11:17 pm Oggetto:

La marcegaglia andrà a votare? Prendo atto, io non andrò.

marcopa
Inviato: Gio Giu 09, 2011 5:02 am Oggetto:

Finalmente qualcuno ha una qualche reazione a questa notizia che invece a me ha colpito.
Tutte le previsioni dicono che i Referendum dovrebbero essere vincenti a meno che i partecipanti al voto siano inferiori al quorum del 51%. La Confindustria e' schierata apertamente contro il Si ai quesiti sull' acqua e nucleare e cosa fa ? Non spera nell' astensione ma invita al voto ?
Io ho dato a questo una mia interpretazione.
In realta' la Confindustria spera che i Referendum abbiano il meno successo possibile. La Marcegaglia pero' si deve accreditare come persona "politicamente corretta" verso una fascia di opinione di sinistra moderata che nei prossimi mesi sara' chiamata a condividere scelte impopolari.
Quindi fa questa dichiarazione sottovoce e pochi ne parlano, non serve per invitare i cittadini al voto, serve per il futuro.
E le varie sinistre che fanno? Non ne parlano, non capiscono che potrebbe essere un buon argomento per invitare al voto una fascia di elettori moderati e benestanti che invece sono invitati all' astensione dal centrodestra.
Anche sindaci di centrodestra di piccoli paesi hanno invitato all' astensione e la Marcegaglia che vota non e' ritenuto un argomento utile per invitare al voto !
Nel mio piccolo ho cercato di fare conoscere la notizia che ho letto stamani sul Sole24ore, sul Manifesto era nell' interno di un articolo, sulla Repubblica non l' ho vista e oggi non ho fatto la mia solita overdose di informazione, ma a una occhiata veloce sui siti principali non l' ho trovata.

martedì 7 giugno 2011

No Tav - Appello per la democrazia e la legalita' in Val di Susa

Appello per la democrazia e il rispetto della legalità in Val di Susa

Premessa
In questi giorni la Val di Susa sta vivendo momenti di tensione che ricordano quelli dell’autunno 2005 quando fu usata la
forza per imporre l’apertura di un cantiere in vista della realizzazione del TAV Torino-Lione. Da allora nessun cantiere è
stato aperto ma le promesse di governi di diverso colore di aprire un dialogo e un confronto con le istituzioni locali si sono
dimostrate un inganno e le amministrazioni democraticamente elette, critiche sulla realizzazione della grande opera, non
sono state riconosciute dal governo quali interlocutori affidabili e sono state estromesse dai tavoli di confronto.

Decine di migliaia di persone chiedono semplicemente di essere ascoltate, chiedono un confronto vero, pretendono che
alle loro ragioni - scientificamente documentate - si risponda entrando nel merito. In cambio ricevono insulti e l’accusa di
voler difendere il loro piccolo cortile, di volersi opporre al progresso, di non rispettare le regole: slogan e accuse infondate
in risposta ad argomenti seri, a pratiche di protesta pacifica, all’utilizzo rigoroso di ogni spazio previsto da leggi e
procedure.
L’opposizione al TAV Torino-Lione è diventata in questi anni un esempio di partecipazione democratica dal basso, di
democrazia vera, di resistenza all’illegalità ed al sopruso in difesa dei beni comuni: un’opposizione popolare che può
contare sul sostegno della comunità montana e di ben 24 consigli comunali.

Viceversa il governo e le potenti lobby che governano l’economia e la finanza, con l’appoggio di partiti di maggioranza e
minoranza, non hanno esitato a stravolgere procedure, infrangere leggi e ingannare l’Unione Europea pur di assicurarsi
un grande business da cui anche la grande criminalità organizzata e le mafie contano di trarre profitto. Hanno scatenato
una grande campagna mediatica per nascondere le dimensioni e le ragioni dell’opposizione, per screditare il movimento
notav presentandolo come covo di estremisti e sovversivi: la criminalizzazione del dissenso è un’arma micidiale a cui
ricorre solo chi disprezza il confronto democratico e le regole condivise.

Oggi, fallito ogni tentativo di comprare il consenso e la benevolenza di cittadini e sindaci, il governo sta preparando una
nuova prova di forza: il Prefetto assicura che “sarà il Questore a decidere tempi e modi” per installare il primo cantiere. E
mentre la campagna di disinformazione si intensifica rispuntano le intimidazioni mafiose e le provocazioni che si ripetono
puntuali dal 2005 ad oggi, dagli incendi dolosi dei presidi notav alle buste con le pallottole. In nessun caso indagini serie
hanno portato a individuare i responsabili, ogni volta il movimento notav ha denunciato la natura mafiosa di tali gesti, ha
riaffermato e rivendicato con orgoglio il carattere pacifico della propria lotta, ha invitato a cercare esecutori e mandanti tra
chi ha interesse ad avviare i cantieri.

Se questo è il quadro non possiamo rimanere indifferenti, non possiamo rimanere in silenzio e ci rivolgiamo a singoli
cittadini, associazioni, sindacati, movimenti, esponenti del mondo della cultura affinché si uniscano a noi in questo
appello.


APPELLO PER LA DEMOCRAZIA E LA LEGALITA' IN VAL DI SUSA

Come singoli cittadini, associazioni, sindacati, movimenti, esponenti del mondo della cultura:
x rifiutiamo l’idea che la realizzazione di una grande opera possa ridursi ad un problema di ordine pubblico
x condanniamo senza riserve l’invito ad usare la forza e a militarizzare il territorio lanciato nei giorni scorsi da
rappresentanti del popolo eletti in Parlamento, da alcuni partiti e da alcune associazioni di imprenditori
x denunciamo il disprezzo delle più elementari regole della democrazia e pretendiamo dal governo il rispetto della
legalità, il rispetto dei diritti dei cittadini, il rispetto nei confronti della amministrazioni locali democraticamente
elette
x respingiamo il ricatto e le strumentalizzazioni secondo cui chi si oppone al TAV non difende il lavoro: al contrario
la realizzazione di questa grande opera inutile penalizzerebbe pesantemente le economie locali in cambio di
pochi posti di lavorio precario e privo di tutele e di diritti, mentre un diverso utilizzo delle risorse pubbliche
creerebbe numerose opportunità di nuova occupazione
x le ragioni di chi si oppone a questa grande opera inutile, devastante, che sottrarrebbe enormi risorse economiche
ai servizi pubblici di tutto il paese sono le nostra ragioni: non ci rassegniamo all’idea che il nostro futuro possa
essere deciso da quell’intreccio perverso tra politica, affari e criminalità organizzata che governa ampie aree del
nostro paese e inquina la nostra società.

Il nostro riferimento continua ad essere la Costituzione, quella Costituzione nata dalla Resistenza e oggi troppo spesso
violentata. Per queste ragioni esprimiamo la nostra solidarietà alla resistenza notav e ci impegniamo a sostenerla
concretamente. Invitiamo a diffondere questo appello e a raccogliere nuove adesioni (per aderire: www.notavtorino.org)

Torino, 7 Giugno 2011

Primi firmatari (tra i promotori a Torino di "Presidiare la Democrazia"):
Comitato notav Torino;
Laboratorio per la Democrazia - Torino;
Unione Culturale Franco Antonicelli - Torino;
Ferico Bellono, segretario generale FIOM Torino;
Emergency Torino;
Pro Natura Torino e Piemonte;
Centro Sereno Regis;
Giuseppe Sergi, docente storia medievale Univ. Torino;
Alessandra Algostino, docente Diritto costituzionale comparato Univ. Torino; Caffè Basaglia - Centro di animazione sociale e culturale delle comunità; CUB Piemonte; Ass. L'Interezza non è il mio forte;
Fabionews; Officine Corsare; Associazione La Fonte Acquariana; Comitato di cittadinanza attiva Rivalta Sostenibile; MAG4;
IK Produzioni; Mani Tese Torino

Grecia, qualche crepa nel governo su misure UE ? Intanto Der Sprigel pubblica foto con simbolo UE con svastica nazista.

martedì 7 giugno 2011

GUERRA FRATRICIDA DENTRO IL GOVERNO:accuse e insulti ai vertici...un Governo all'altezza...deve saper portare i pantaloni...

...alcuni deputati si preparano ad un uscita eroica dalla compagine governativa?
Pubblicato da comites popolare grecia a 07:14

E i poveri greci pagheranno con gli stracci,i 360 miliardi di buco nero lasciato dai passati Governi,di cui 300 sono interessi!

Ma qualche ministro ,coraggiosamente!...si dichiara contrario alla proposta del ministero delle Finanze di ridurre l'imponibile a 6.000 euro all'anno!

Papandreou ha parlato anche delle manifestazioni degli ''indignati'' puntando il dito contro il sistema politico degli ultimi anni come la causa dei problemi attuali del Paese!
Altri capi di dicastero hanno sostenuto che le misure dei tagli generali degli stipendi e delle pensioni sono ingiuste.

E' stata cambiata anche la data della votazione del programma economico a medio termine: verra' approvato dal Parlamento greco....(la costituzione prevede i 3/5 dei deputati!).... dopo il Vertice Europeo di giugno per dare il tempo necessario al ministro delle Finanze di fare alcune delle modifiche richieste dai ministri...
Pubblicato da comites popolare grecia a 01:16

lunedì 6 giugno 2011Dopo un burrascoso consiglio dei ministri di 9 ore,detto informale....il Governo proporra' al popolo un referendum?

fonte http://letteradaatene.blogspot.com

Bruxelles si scandalizza per le proteste sociali in Grecia, ma le responsabilità delle banche tedesche nel saccheggio del paese sono sempre più evidenti.

Ha suscitato scandalo e riprovazione negli ambienti finanziari europei la foto che mostra il simbolo dell'Unione Europea equiparato alla svastica nazista. La foto, che è stata scattata dall'Associated Press e pubblicata dal sito del giornale tedesco Der Spiegel, ritrae una ennesima manifestazione di piazza oggi ad Atene. Migliaia di greci continuano ad assediare materialmente il Parlamento in piazza Sintagma e protestano contro le ulteriori misure di austerita' e sacrifici imposte dal governo di George Papandreu per "riaggiustare" i bilanci della Grecia, per evitare il default accettando finanziamenti per un totale di 110 miliardi di euro da parte della Bce, Ue e Fmi. Finanziamenti che dovranno essere restituiti a caro, carissimo prezzo dai sacrifici dei lavoratori e della popolazione greca.

Decine di migliaia di «indignati», venuti da tutte le parti della Grecia, hanno manifestato anche ieri sera nel centro di Atene, come in altre città del Paese, contro le nuove misure di austerità decise dal governo socialista di Giorgio Papandreou di comune accordo con la «troika» (i rappresentanti del Fondo Monetario Internazionale l'Unione Europea e la Banca Centrale Europea).

Nella centralissima piazza Sintagma, davanti al Parlamento, secondo alcune fonti si sono radunate più di 100 mila persone, oltre 200 mila secondo altre, mentre gli organizzatori parlano di almeno 500 mila (50 mila per la polizia). Su un punto, però, sono d'accordo tutti: che si è trattato della più grande manifestazione di «indignati» svoltasi finora.

Senza bandiere di partito o di sindacato, ma con molte bandiere di altri paesi (Spagna, Irlanda, Portogallo, Egitto, Tunisia e altre africane), i manifestanti hanno scandito slogan come «Prendete il Memorandum e andatevene via» (ormai il preferito fra tutti) oppure «Europei, noi ci siamo svegliati. E voi?». Alla fine della manifestazione, svoltasi senza incidenti, i partecipanti si sono dati un nuovo appuntamento per domenica prossima senza comunque rinunciare alle dimostrazioni giornaliere.

Per il 15 giugno, giorno della presentazione in Parlamento del Programma economico a medio termine, i manifestanti hanno deciso che «tutti scenderanno per le strade e nelle piazze per costringere i deputati a non votarlo e resteremo finchè coloro che ci rubano la vita non andranno via: i governi, la troika, il memorandum, le banche e tutti quelli che ci sfruttano». «Quel giorno - si legge in un altro documento votato dall'assemblea degli »indignati« - si svolgeranno manifestazioni in tutte le piazze di Atene, con manifesti che spiegheranno ai cittadini i termini del programma a medio termine e con marce che si concluderanno in piazza Sintagma con obiettivo di isolare il Parlamento».

Paragonare l'Unione Europea alla svastica nazista può sembrare un tiro “fuori bersaglio” ma l'evidenza delle responsabilità tedesche nella devastazione sociale della Grecia diventano sempre più evidenti.


La newsletter Controlacrisi.org riferisce oggi che:

“Le banche tedesche sono quelle più esposte al debito sovrano della Grecia con 22,7 miliardi di dollari di titoli di stato detenuti nel 2010, oggi sono venuti alla luce finalmente i dati della Banca dei regolamenti internazionali con sede a Basilea che spiegano come mai il Governo Tedesco è così interessato ad avere piani di risanamento così duri per la Grecia. Per decenni banchieri di ogni risma hanno utilizzato una classe politica corrotta per operazioni finanziarie di ogni genere, ed oggi i conti dei loro giochi vengono fatti pagare sulla pelle del popolo greco. Fra tutti ad esempio lo scandalo di cui nessuno parla secondo il quale nel 2001 la Goldman Sachs avrebbe prestato “di nascosto” perché il tipo di transazioni effettuate erano sotto forma di operazioni valutarie, e non sotto forma di prestiti, miliardi di euro per permettere di l'entrata in Europa della Grecia utilizzando i giochi della borsa speculativa.

Fonte www.contropiano.it ultima modifica 6 giugno ore 18.00

"Non possiamo smantellare la casa del padrone con gli attrezzi del padrone " Audre Lorde, poetessa.

lunedì 6 giugno 2011

Des partisans de Gbagbo torturés et tueés a' Abdijan

"Des partisans de Gbagbo torturés et tués à Abdijan" : c’est le titre d’un rapport publié par l’ONG américaine Human Rights Watch qui recense 149 personnes tuées à Abidjan par les FRCI, depuis le 11 avril, date de l’arrestation de Laurent Gbagbo. L’ONG dénonce des exécutions arbitraires de jeunes supposés être favorable à Gbagbo. Human Rights Watch demande aux autorités ivoiriennes de sanctionner au moins trois commandants de zone, dont Chérif Ousmane l’un des piliers de l’ex-rébellion ivoirienne.
Le rapport de Human Rights Watch provoque un certain embarras au sein des autorités ivoiriennes, réticentes à réagir aux accusations portées par l’ONG américaine. Human Rights Watch accuse les FRCI d’avoir assassiné 149 personnes depuis la chute de Laurent Gbagbo à Abidjan. Ses enquêteurs demandent que soient mis à pied les commandants de zone impliqués directement ou non dans ces crimes.
Trois noms figurent dans le rapport : le capitaine Eddy Medy qui a supervisé la meurtrière offensive dans l’ouest du pays, mais aussi Ousmane Coulibaly et surtout le célèbre Chérif Ousmane, l’un des piliers des FRCI. Selon Human Rights Watch, Chérif Ousmane aurait donné l’ordre d’exécuter 29 prisonniers à Abdijan début mai, il aurait aussi été aperçu à bord d’un véhicule transportant le corps mutilé d’un chef de milice pro-Gbagbo. C’est aussi lui qui a supervisé les opérations de ratissage dans le quartier de Yopougon.
Mettre au pas des commandants tout puissants
Human Rights Watch a présenté ses conclusions au ministre de l’Intérieur Hamed Bakayoko qui a assuré que le gouvernement ne protégerait pas les militaires qui auraient commis des crimes. Mais alors que la situation n’est pas encore totalement stabilisée, on voit mal qui pourrait aujourd’hui mettre au pas des commandants de zone tout puissants et qui, selon certains témoignages, ont le sentiment que le pouvoir politique n’a pas la possibilité de se passer d’eux.
A l’ouest du pays, les villes de Duekoué, Guiglo, Blolequin ou encore Toulepleu –qui étaient auparavant contrôlées par les forces de Laurent Gbagbo- ont été particulièrement touchées par la crise post électorale. La grande ville de Man, à 80 km au nord de Duekoué, était au contraire aux mains des Forces Nouvelles : c’est de Man que sont parties les Forces républicaines dans leur fulgurante descente vers Abidjan.
Il n’y a pas eu de face à face entre les FRCI et les FDS de l’ancien régime dans la ville. Pour ses habitants, les priorités sont désormais l’emploi et le pouvoir d’achat.
Rfi.

Fonte www.africa-times-news.com

"Non si puo' smantellare la casa del padrone con gli attrezzi del padrone" Audre Lorde, poetessa.

domenica 5 giugno 2011

Indignatos, propuestas abiertas comisiòn economia Movim. 15 maggio

PROPUESTAS ABIERTAS DE LA COMISIÓN DE ECONOMÍA DEL 15-m (SOL)

Enviado por laura el Dom, 05/06/2011 - 12:27 Madrid

1. SOMETIMIENTO A REFÉNDUM VINCULANTE LA ÚLTIMA REFORMA LABORAL Y DE PENSIONES.

Optamos por construir un nuevo marco de relaciones laborales consensuado democráticamente por la población. Entretanto, exigimos que se sometan a referéndum vinculante la última reforma laboral y de las pensiones, de forma que la población pueda pronunciarse sobre los aspectos que signifiquen un aumento de la precariedad, una reducción de los derechos laborales y un deterioro de los regímenes de pensiones.

2. REDUCCIÓN EFECTIVA DE LA JORNADA Y DE LA VIDA LABORAL. Reducción efectiva de la jornada laboral y de la vida laboral hasta cumplir todas las necesidades de empleo de la población. Ésta sería una medida efectiva de redistribución de la riqueza y de todos los trabajos (también de los que se realizan en el ámbito doméstico). También exigimos el cumplimiento de los derechos laborales en su integridad.

3. DACIÓN EN PAGO PARA SALDAR LA DEUDA HIPOTECARIA DE LAS FAMILIAS EN CONDICONES DE PRECARIEDAD Y PARA LIZACIÓN INMEDIATA DE LOS DESAHUCIOS. Reforma de la Ley Hipotecaria y de la Ley de Enjuiciamiento Civil, estableciendo:

• Dación en pago para saldar la deuda hipotecaria. Hasta la aprobación de este punto, paralización inmediata de los desahucios de personas en situación de precariedad.

• Un organismo tasador público e independiente. • Un límite máximo de 20 años para la consecución de un crédito hipotecario, nunca superando el 60 % del valor de tasación.

4. CREACIÓN DE UN PARQUE DE VIVIENDA PÚBLICO EN RÉGIMEN DE ALQUILER SOCIAL.

Creación de un parque de vivienda social en régimen de alquiler a partir del stock de viviendas vacías. Un organismo público independiente catalogará y censará las viviendas vacías para su posterior puesta en uso en función de la renta y situación de cada persona.

5. INCREMENTO DE LOS INGRESOS FISCALES MEDIANTE LA PROFUNDIZACIÓN EN LA PROGRESIVIDAD DEL SISTEMA FISCAL Y LA LUCHA EFECTIVA CONTRA EL FRAUDE.

Incremento de los ingresos fiscales del Estado mediante la profundización en la progresividad del sistema fiscal, aumentando el control del fraude. Para ello, proponemos las siguientes medidas:

• Aumento de los tramos y los tipos máximos del IRPF.

• Profundización en la progresividad de la tributación de las rentas de capital.

• Reducción progresiva de la imposición indirecta (en impuestos como el IVA) para lograr objetivos de equidad fiscal.

• Eliminación consensuada en Europa de las SICAV y, como medida a corto plazo, endurecimiento de su sistema de tributación actual.

• Eliminación progresiva y consensuada de la competencia fiscal en Europa y en España.

• Recuperación de la competencia del impuesto de sucesiones y donaciones con un tramo exento.

• Ampliación de medios/presupuestos de persecución para el fraude fiscal, así como dotación de leyes para todo el mecanismo de lucha contra el fraude.

6. PROHIBICIÓN DE EXPEDIENTES DE REGULACIÓN DE EMPLEO EN EMPRESAS CON BENEFICIOS.

7. SOMETER A REFERÉNDUM VINCULATENTE UN EVENTUAL RESCATE Y CUALQUIER MEDIDA DE AJUSTE O RECORTE IMPUESTOS POR ORGANISMOS INTERNAICONALES.

Que la crisis la pague quien la ha creado: Someter a referéndum vinculante las opciones de un eventual rescate bancario o de cualquier medida o recorte impuesto por organismos (como Fondo Monetario Internacional, Banco Central Europeo, Comisión Europea...) que afecte a la soberanía del país.

8. PARALIZACIÓN INMEDIATA DEL EXPOLIO Y PRIVATIZACIÓN DE LAS CAJAS DE AHORRO Y REFORZAR UN SISTEMA FINANCIERO PÚBLICO BAJO CONTROL SOCIAL.

Paralización inmediata del expolio y la privatización de las Cajas de Ahorros. Utilización de las mismas para reforzar un sistema financiero público bajo control social, junto con el ICO y junto con toda entidad que haya sido rescatada con fondos públicos.

9. CONTROL DEMOCRÁTICO Y TRANSPARENCIA DE LAS ACTIVIDADES BANCARIAS PÚBLICAS Y PRIVADAS.

Subordinación del poder financiero al democrático, transparencia y control democrático de las actividades bancarias públicas y privadas:

• Separación de actividades de inversión y especulativas.

• Exigencia de responsabilidades penales y patrimoniales a gestores financieros, agencias de calificación e instituciones tales como Banco de España, Banco Central Europeo y Fondo Monetario Internacional.

10. ABOLICIÓN DE LOS PARAÍSOS FISCALES.

Abolición de los paraísos fiscales:

• Persecución de la fuga de capitales españoles mediante sanciones a toda empresa que trabaje en paraísos fiscales.

• Coordinación de la lucha internacional contra los paraísos fiscales.

11. CRÉDITO PÚBLICO (ICO) PARA LAS PYMES

Los problemas de la financiación de las PYMES necesitan inexcusablemente de la banca pública. Dado que la necesidad de financiación en la actual crisis ha llevado a la aceptación de créditos ICO a través de la banca privada, ésta establece unos intereses más altos. Para solucionar esto proponemos que el Gobierno cree la banca pública. Como somos conscientes de que esta medida es algo a largo plazo, proponemos que se obligue mediante un decreto ley a gestionar ese dinero en función de lo que el Estado regule.

12. CUMPLIMIENTO DE LA LEY DE PRONTO PAGO 13. MORATORIA DEL PAGO DE LA DEUDA EXTERNA DE PAÍSES TERCEROS CON EL ESTADO ESPAÑOL HASTA LA REALIZACIÓN DE UNA AUDITORÍA INTEGRAL POR EXPERTOS INDEPENDIENTES Y AGENTES SOCIALES.

Establecimiento de una moratoria en el pago de la deuda externa (bilateral o multilateral) que otros países tengan contraída con el estado Español hasta realizar una auditoría integral (contemplando aspectos económicos, sociales y medioambientales), con la participación de agentes sociales y expertos independientes, que pueda determinar su legitimidad o ilegitimidad. En caso de que una deuda se declare ilegítima, se repudiará su pago y se exigirán responsabilidades civiles o penales tanto a los deudores como a los acreedores.

14. MORATORIA DEL PAGO DE LA DEUDA EXTERNA PÚBLICA DEL ESTADO ESPAÑOL HASTA LA REALIZACIÓN DE UNA AUDITORÍA INTEGRAL POR EXPERTOS INDEPENDIENTES Y AGENTES SOCIALES.

Establecimiento de una moratoria en el pago de la deuda externa pública del estado Español hasta realizar una auditoría integral (contemplando aspectos económicos, sociales y medioambientales), con la participación de agentes sociales y expertos independientes, que pueda determinar su legitimidad o ilegitimidad. En caso de que una deuda se declare ilegítima, se repudiará su pago y se exigirán responsabilidades civiles o penales tanto a los deudores como a los acreedores.

15. CUMPLIMIENTO POR PARTE DE LAS EMPRESAS TRANSNACIONALES DE TITULARIDAD Y CAPITAL ESPAÑOL DE LA LEGISLACIÓN MÁS GARANTISTA EN MATERIA DE DERECHOS.

Reivindicamos que las empresas transnacionales de titularidad y capital español deben atenerse en todo momento a la legislación que garantice en mayor medida el respeto de los derechos humanos, sociales, laborales, medioambientales, económicos y de los pueblos, en el país en que actúen (bien sea la legislación española, del país de destino o de rango supranacional). La violación de estos derechos en el extranjero por parte de empresas españolas debe ser incorporada como delito al Código Penal español para poder sancionar los incumplimientos y exigir responsabilidades.

16. IMPLANTACIÓN DE UN SISTEMA DE IMPUESTOS GLOBAL ORIENTADO QUE GARANTICE UNA REDISTRIBUCIÓN PROGRESIVA DE LOS RECURSOS A NIVEL GLOBAL.

Reivindicamos la implantación de impuestos globales orientados a generar un sistema redistributivo global. Estos impuestos tienen como objetivo la preservación de los bienes públicos globales que afectan a toda la ciudadanía del planeta. Destacamos especialmente el impuesto a las transacciones financieras internacionales, que pretende promover la estabilidad penalizando los movimientos especulativos, y los impuestos que gravan las actividades que afectan al medioambiente y a la preservación de la biodiversidad. La recaudación impositiva derivada de estos impuestos deberá destinarse a los Estados de acuerdo a un sistema progresivo de redistribución global.


Pubblico anche questa notizia, che puo' sembrare non importante, perche' spero sinceramente che nella sinistra europea si inizi almeno a discutere la politica economica liberista dell' Unione Europea, politica economica che viene presentata come un dogma indiscutibile per la UE, mentre e' una scelta, una politica economica come ce ne sono altre.
Marco

16 DEPUTATI DEL PASOK CONTESTANO PAPANDREOU

Sedici parlamentari del Pasok, infatti, in una lettera al premier e presidente del partito, chiedono ''l'immediata convocazione di tutti gli organi istituzionali del Parlamento e del partito per fare il bilancio di un anno dalla firma del Memorandum, discutere del programma economico a medio termine e delle misure di austerita' del 2011 e il piano delle privatizzazioni e decidere la procedura da seguire per la votazione in Parlamento''.

fonte http://letteradaatene.blogspot.com

"Non si puo' smantellare la casa del padrone con gli attrezzi del padrone " Audre Lorde, poetessa.

venerdì 3 giugno 2011

Referendum, perche' e' necessario l' impegno di tutti fino alle ore 15 del 13 giugno.

Alle ultime elezioni amministrative hanno votato per le provinciali: ai ballottaggi il 45% degli aventi diritto, al primo turno il 60% . Nelle elezioni comunali: ai ballottaggi il 60%, al primo turno il 70%.

Al referendum consultivo sul nucleare svoltosi in Sardegna nei giorni del primo turno delle amministrative ha votato il 60% degli elettori, ma molti sono andati alle urne anche per elezioni locali e nella regione sarda erano favorevoli al referendum anche le forze della maggioranza.

Probabilmente ad oggi e’ sicuro di andare a votare un numero di elettori inferiore al 50% degli aventi diritto. Un'altra grossa percentuale di elettorali si rechera’ alle urne a seconda di come saranno, e di cosa succedera’ in, quest’ ultima settimana di campagna elettorale e i tre giorni in cui si svolgeranno le operazioni di voto.

Il fronte dei favorevoli al referendum e’ molto diversificato al suo interno e qualche grande protagonista di questo fronte potrebbe usare, e gia’ usa, argomentazioni sgradite a molti potenziali elettorali con diversi orientamenti politici, culturali, sociali.

Occorre che la campagna elettorale sia indirizzata in modo preciso verso i temi dei quesiti referendari, temi tra l’ altro molto importanti,e occorre che nessuno metta il cappello alla consultazione, anche se purtroppo chi dispone di mezzi maggiori riuscira’ a influenzare il clima di questi dieci giorni in modo superiore.

E’ necessario quindi che anche le forze minoritarie dello schieramento referendario, come i gruppi e i singoli che fanno riferimento alla nonviolenza o ad un ambientalismo non organico al centro-sinistra, riescano a dare un apporto visibile alla campagna perche’ questa non sembri una campagna solo del centrosinistra e dei suoi fiancheggiatori storici, come il gruppo editoriale DeBenedetti.

Chiudo ricordando che probabilmente se ci sara’ il raggiungimento del quorum, avverra’ nella mattinata di lunedi’ e questo importantissimo risultato arrivera’ solo se ci sara’ un impegno collettivo di ambienti diversi per un obiettivo comune.

Buon lavoro a tutti.

giovedì 2 giugno 2011

Indignati greci fanno sul serio, bloccato il Parlamento

Gli “Indignati” greci fanno sul serio
di Redazione Contropiano

Bloccato il Parlamento. Ministri e deputati devono uscire da porte secondarie bersagliati da bottiglie, oggetti e indignazione. Il FMI non verserà la tranche di finanziamenti prevista per giugno. La tensione sociale e politica schizza alle stelle.

Per il settimo giorno consecutivo decine di migliaia di «indignati» greci si sono dati appuntamento nella centralissima piazza Sintagma ad Atene per protestare contro le nuove misure antisociali decise dal governo greco in accordo con i rappresentanti della «troika» (Fmi-Ue-Bce). Ai manifestanti di piazza Sintagma si sono uniti più tardi anche i partecipanti alla manifestazione organizzata dal rettorato dell'Università di Atene, nella piazza dei Propilei, dove aveva parlato il noto compositore Mikis Theodorakis il quale già diversi giorni fa aveva espresso il proprio sostegno agli «indignati». Ieri sera, per la prima volta durante la manifestazione degli «indignati» un gruppo di manifestanti si sono avvicinati al Parlamento scandendo slogan contro i politici e riuscendo a bloccare tutti gli accessi all'edificio.

Tutti coloro che si trovavano all'interno - ministri, parlamentari e impiegati - si sono quindi visti costretti ad uscire dal palazzo utilizzando ingressi secondari sotto la protezione di un forte schieramento di polizia. Coloro che sono usciti dal parcheggio del Parlamento a bordo della propria auto sono stati accolti dai manifestanti al grido di «ladri, ladri» e da un fitto lancio di bottiglie d'acqua e di altri oggetti.

Intanto è arrivata la notizia che il Fondo Monetario Internazionale potrebbe non pagare la prossima tranche di aiuti alla Grecia prevista a fine giugno. Sarebbe questa - secondo il quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung - la conclusione del Fmi dopo le verifiche fatte dagli ispettori della troika (vi partecipano anche Ue e Fmi) ad Atene, che hanno mostrato che la Grecia non e' in grado di garantire il finanziamento del proprio debito per i prossimi 12 mesi come richiede il Fmi. Il Fmi, invece, dovrebbe partecipare al nuovo pacchetto di aiuti da 60-70 miliardi di euro per la Grecia.

Fonte www.contropiano.org

"Non si puo' smantellare la casa del padrone con gli attrezzi del padrone" Audre Lorde, poetessa.