venerdì 30 dicembre 2011

Il governo Monti non arrivera' al 2013.Scritto il 30 dicembre 2011.

Il governo Monti non arrivera' al 2013............. Il governo Monti si basa su bugie che non reggeranno nell' anno 2012. Sara' difficile dimostrare con esattezza queste bugie, sara' impossibile negare pero',una volta avvenuta, la caduta nel 2012 di questo governo......... E' falso che l' Italia fallira' se non saranno fatte le cosiddette "riforme"......... Le liberalizzazioni, privatizzazioni, l' attacco ai diritti dei lavoratori, non avranno comunque effetti immediati. Anche nel caso fossero veramente utili al paese........... Accetteranno coloro che saranno colpiti da questi provvedimenti di non affermare con forza questa verita'? Ne dubito............ Nella confusione, nel disorientamento generale, nelle falsita' affermate con forza dai media, e' difficile capire come stanno veramente le cose....... Ma ho l' impressione che il fallimento di questa operazione "GOVERNO MONTI", imposta da Francia e Germania per scaricare su Berlusconi e l' Italia le difficolta' dell' Unione Europea, diventera' evidente a molte persone, anche tra coloro che solitamente accettano in modo passivo le verita' dei media......... A dieci anni dall' entrata in vigore dell' euro e' in crisi l' impalcatura generale dell' Unione Europea, una istituzione nuova creata da nazioni diverse e basata addirittura su una sola corrente di pensiero economico: il neoliberismo........... Questa struttura ha portato alla crisi, ed ora si vuole colpire alcuni convincendoli che le cause che hanno prodotto la crisi devono essere i rimedi di questa ?......... Ci stanno provando, per ora con difficolta', io credo che saranno travolti............. 30 dicembre 2011.

domenica 25 dicembre 2011

M.Correggia-I bambini non sono tutti uguali

I bambini non sono tutti uguali. Amina è nata in Niger pochi anni fa e pesa cento e più volte meno di Daniel, suo coetaneo del Lazio, Italia. Nel senso che un abitante nigerino in media ha una responsabilità di gas serra pari a 0,06 tonnellate, un italiano, invece, di oltre otto tonnellate (dati Onu a questo link). Le emissioni pro capite sono il riflesso di un'enorme sproporzione nel consumo collettivo e individuale di materiali, risorse naturali, energia, derrate. Per mantenere Amina non c'è bisogno di alcuna guerra per le risorse. Per mantenere Daniel - perfino in tempo di crisi - sì.

I bambini non sono tutti uguali. Ad esempio le poche volte che la Nato accetta di risarcire una famiglia afgana per congiunti periti nei bombardamenti, si arriva al massimo a 2.000 dollari a morto. Quanto "vale" un pupo statunitense?

I bambini non sono tutti uguali. Soprattutto nelle guerre occidentali condotte con l'alcaselzer delle ragioni umanitarie. Utilissimi, gli amati children, quando si tratta di denunciare le minacce mortali e le violenze del nemico politico di turno.

Ignorati, però, i children, quando sono dalla parte sbagliata rispetto alla lama. La parte che riceve i colpi dell'intervento umanitario. In quel caso sono assimilati ai nemici. O al più, sono tollerabili danni collaterali.

Strumentalizzati a fini bellici

Nel 1990, alla vigilia della guerra contro l'Iraq, fu utilissima la "testimonianza" al Congresso Usa della quindicenne Nayrah, "volontaria all'ospedale di Kuwait City": singhiozzando disse che i soldati iracheni, arrivando da invasori, avevano strappato i neonati dalle incubatrici lasciando che morissero per terra. Quest'atrocità assoluta ma falsa ebbe grande eco e fu ripetuta molte volte. A guerra felicemente innescata, risultò la ragazza era la figlia dell'ambasciatore del Kuwait negli Usa e che la frottola era stata ideata dall'agenzia di public relations Hill and Knowlton la quale per curare l'immagine dell'emirato aveva strappato il contratto più alto fino ad allora nella storia delle relazioni pubbliche. Soldi ben spesi; il mondo corse a proteggere il povero emiro degli Al Sabah e la dinastia petromonarchica fu liberata e salvata.

(Come spiega il giornalista investigativo Michel Collon nel libro Libye, Otan et médiamensonges (sett. 2011), la Nato sul "fronte mediatico libico" ha avuto i consigli di due agenzie statunitensi di Pr molto valide: la Harbour e la Patton Boggs).

Altre incubatrici hanno coronato venti anni di strumentalizzazione bellica dei bambini. Stavolta è la Siria: le "milizie di Assad" avrebbero distrutto il generatore dell'ospedale di Hama con otto bebè prematuri morti nelle incubatrici. Si è presto visto che le immagini di neonati ammucchiati e apparentemente rossi di asfissia si riferivano a un ospedale di Alessandria d'Egitto e che per fortuna i bebè - benché in sovraffollamento - erano vivi.

In mezzo, fra le prime incubatrici e le ultime, gli occidentali e i loro alleati hanno sbandierato la protezione a mano armata di: bambini del Kosovo vittime dei cattivi serbi, bambini afghani vittime dei talebani, bambini libici vittime dei "mercenari di Gheddafi" (per citare dei bambini palestinesi).

Piccole vittime ignorate a milioni

Iraq, guerra del 1991 e successivo embargo e successiva guerra del 2003.
Un'ecatombe. Chi morì nel rifugio di Al Almerya e in una delle tante fosse comuni (le case di civili azzerate dalle bombe). Chi diventò orfano (decine di migliaia i soldati iracheni uccisi anche mentre si ritiravano). Chi nacque deforme e/o morì per l'inquinamento da uranio impoverito.

Chi morì per le durissime sanzioni internazionali. Grazie alla "comunità internazionale", la mortalità infantile in Iraq era infatti balzata dal 56 per mille del 1990 al 131 per mille nel 1999 ; un bambino su cinque era malnutrito (dati Unicef). Nel 1996 il programma Sixty Minutes intervistò l'ambasciatrice Usa all'Onu Madeleine Albright: "Pare che siano morti di embargo 500mila bambini iracheni. E' più di Hiroshima. E' un prezzo giusto da pagare?"; risposta della Madeleine: "E' una scelta davvero dura ma sì, pensiamo di sì". E a proposito di neonati: molti ne morirono per mancanza di ossigeno, la cui importazione era vietata dall'Onu per il possibile uso bellico.

Nel 1999 si tacque il fatto che i bambini kosovari e le loro famiglie erano scappati in massa proprio all'arrivo delle bombe Nato a loro difesa (che fecero vittime fra serbi e kosovari senza discriminazioni).

Nel 2001 iniziò la guerra in Afghanistan che da dieci anni annienta interi villaggi (anche in Pakistan) e i suoi abitanti, finora decine di migliaia secondo i tristi body counts. Senza pace è impossibile ogni minimo miglioramento delle condizioni di vita di un paese miserrimo (ed ecco le morti per stenti e malattie).

Nel 2003, bis di bombe occidentali sull'Iraq con un numero incalcolabile di morti bambini, e poi il vaso di Pandora della successiva occupazione anglosassone corredata di: "errori collaterali"; assedio alla città ribelle di Falluja (ottobre 2004) con armi al fosforo bianco stile Dresda, 4mila morti; stragi kamikaze che non finiscono mai.

Nel 2011, in Libia, gli otto mesi di bombe e missili hanno danneggiato piccole vittime a centinaia di migliaia. Sì! Così tante, se si calcola tutto. Se si calcolano i morti e i feriti sotto le bombe dell'operazione "Protettore unificato" della Nato e dei suoi alleati locali; i quali ultimi hanno già fatto sapere di non avere intenzione di chiedere alla Nato si indagare, nemmeno nei casi conclamati, perché gli effetti collaterali sono normali ("Nato urged to probe civilians killed in Libya war", Reuters, 16 dicembre 2011). Se si calcolano gli orfani dei combattenti.
Se si calcolano le vittime dell'assedio Cnt/Nato a Sirte (molto peggiore di quello governativo a Misurata). Se si calcolano le decine di migliaia di famiglie sfollate e costrette a vivere in alloggi di fortuna perché hanno avuto la casa distrutta, e tutte le case di Sirte lo sono. Se si calcolano le migliaia di famiglie di libici neri cacciati - pulizia etnica - dalla loro cittadina di Tawergha (gli armati di Misurata impediscono loro di tornare). Se si calcola la perdita di reddito per le famiglie dei moltissimi lavoratori migranti costretti alla fuga. Se si calcoleranno le vittime dell'uranio impoverito, ingrediente dei proiettili missilati dai Cruise.

In "cambio", quali bambini ha protetto la missione libica? L'ipotetico massacro di civili era stato sventolato sulla base di notizie rivelatesi false.

E quanti dei bambini che secondo fonti non verificabili sono morti in Siria, sono il frutto delle ingerenze esterne che armando il cosiddetto esercito siriano libero allontanano le possibilità di negoziato fra le parti, previo cessate il fuoco?

Incontri: Omar, Sretchco, Najimullah, Ali, Noor

Bassora (Iraq) 1993. Omar aveva la stessa età dell'embargo, due anni e alcuni mesi. Nel piccolo viso mediorientale sgranava uno sguardo vellutato. Vivo e di normale peso, era una consolazione guardarlo dopo le immagini di scheletrini moribondi da embargo, negli ospedali. Sarà sopravvissuto all'embargo e alla successiva guerra, visti i tanti bambini morti per decreto internazionale? E sarà andato a scuola? Nei durissimi anni dell'embargo, a frequentare le aule malconce era poco più del 60% dei piccoli in età scolare; le spese per l'istruzione erano scese a un decimo in dieci anni. E avrà mangiato a sufficienza Omar? E si sarà ammalato di radioattività? Nell'area di Bassora soprattutto, i proiettili a uranio 238 usati nel 1991 hanno triplicato i casi di malattie come la leucemia, le malformazioni infantili, tumori.

Belgrado, 1999. Sretchco, o un nome così. Piccolissimo bimbo serbo, nato di sette mesi durante l'attacco Nato. A spegnerlo sarebbe bastato un soffio, l'interruzione di corrente prolungata e un guasto al generatore; succede, in guerra.

Agam (Afghanistan), 2001. Cullato dalla madre ventenne, Najimullah era nato da pochi giorni, già orfano. Una bomba "contro Bin Laden" aveva centrato dodici uomini fra i quali suo padre mentre riposandosi bevevano scin ciai, the verde (Marinella Correggia, "Gli orfani di Tora Bora", il manifesto, 27 dicembre 2001). Nel villaggio un uomo, Durkan, sotto altre bombe aveva perso moglie e i cinque figli: "Non sappiamo più nulla di lui, era come impazzito, poi è sparito". Come starà, peraltro, il pastorello Hanin che a undici anni, nel 1999, una delegazione della Campagna italiana per la messa al bando delle mine raccolse fra Herat e Kandahar mentre correva alla ricerca di aiuto con la mano in poltiglia, appena lacerata da una granata (Marinella Correggia, reportage "Lo sminatore di Ghazni", in Ho visto, edizioni e/o 2003)?

Baghdad 2003. Ali Ismail Eedan. Unico superstite della sua famiglia vittima di un bombardamento, le braccia ridotte a moncherini che incredulo cercava di agitare; divenuto un caso internazionale (l'unico) fu poi portato a Londra per avere almeno le protesi. Riparazione del danno.

Tripoli, fine luglio 2011. Noor, bambinetta color caffelatte dai capelli ricci, viveva nella città orientale di Tobruk con cinque fratelli, la madre e il padre poliziotto; temendo azioni da parte degli insorti, avevano fatto fagotto verso la capitale o verso Zliten, come molti altri. Da mesi Noor doveva accontentarsi di un container metallico.

Sempre a Tripoli, a una nonna non rimanevano che le foto dei suoi due nipotini, e dei loro genitori. Tutti schiacciati sotto le macerie della loro casa nella zona di Arrada Suq Al Juma. Il 19 giugno 2011.

fonte www.cadoinpiedi.it

giovedì 22 dicembre 2011

Coordinamento StopRazzismo-17 Dicembre,una straordinaria risposta solidale e popolare al razzismo assassino

17 dicembre a Firenze
Una straordinaria risposta solidale e popolare al razzismo assassino

La manifestazione nazionale del 17 dicembre ha avuto un risultato decisamente straordinario. Più di ventimila persone hanno detto no al razzismo fascista e criminale che ha tolto la vita ai nostri fratelli senegalesi Mor e Modou. Straordinaria è stata la presenza numerosa e combattiva di tanti fratelli e sorelle immigrati senegalesi, ma anche di tanti altri provenienti da altri paesi di cui una gran parte organizzati con l’Associazione antirazzista 3 febbraio.

Una manifestazione popolare solidale e interetnica che ha dimostrato la forza e il protagonismo di tante persone per affermare la difesa della vita, di volerla difendere e migliorare assieme conto ogni tipo di razzismo dando voce e sentimento alla solidarietà umana.

Negli striscioni, nei cartelli, negli slogan, nei discorsi di molti protagonisti hanno riecheggiato i contenuti dell’appello assunto e proposto dalle principali forze del Coordinamento nazionale stoprazzismo e sottoscritto da diverse personalità, realtà, associazioni, comitati solidali antirazzisti, forze sindacali e politiche. E’ stato un successo dell’antirazzismo radicale che ha permesso di unire tanta gente comune attorno a questi contenuti:

UNITA' PER FERMARE IL RAZZISMO CRIMINALE-NO AL RAZZISMO IN TUTTE LE SUE FORME-ACCOGLIENZA,LIBERA CIRCOLAZIONE PER TUTTI SENZA CONDIZIONI

Unità per fermare il razzismo criminale - No al razzismo in tutte le sue forme - Basta repressione verso i nostri fratelli - Accoglienza, libera circolazione e soggiorno per tutti gli immigrati senza condizioni.

E’ decisivo considerare che proprio in ragione di questo appello promosso dall’Associazione antirazzista 3 febbraio, Socialismo rivoluzionario, CIB-Unicobas, Partito Umanista, dai Comitati solidali e antirazzisti e dalle altre realtà di Stoprazzismo, la manifestazione a Firenze ha potuto avere un importante carattere nazionale unitario con un protagonismo popolare solidale che richiamava la manifestazione del 17 ottobre 2009.

Sono state proprio queste realtà a rappresentare la parte più reattiva, combattiva e numerosa della manifestazione che i media non hanno potuto oscurare e che i tentativi politici e istituzionali non sono riusciti ad impedire.

In tre giorni siamo riusciti a costruire una grande mobilitazione nazionale che dà forza e fiducia a tutti i fratelli e sorelle immigrate e a tutte le persone solidali e antirazziste, e quindi a tutti noi. Un risultato che ci dice anche del riconoscimento e dell’importanza di rilanciare la costruzione del Coordinamento Stoprazzismo.

Dare continuità al 17 dicembre significa unirsi attorno alle esigenze fondamentali e alla dignità umana dei fratelli e sorelle immigrate a partire dalle migliaia di profughi ai quali è negata l’accoglienza. Significa convergere con la mobilitazione nazionale per il prossimo 14 gennaio promossa dai profughi e sostenuta dall’Associazione 3 febbraio per ottenere il permesso di soggiorno umanitario e l’accoglienza per tutti.

Prepariamoci a riprendere e ad espandere l’iniziativa contro ogni forma di razzismo dando continuità al fiume di solidarietà umana del 17 dicembre.

Michele Santamaria
del Coordinamento Stoprazzismo

mercoledì 21 dicembre 2011

Intervista del quotidiano L'Avvisatore Marittimo a Marco Palombo, Presidente dell' Associazione Italia Africa

L’AVVISATORE MARITTIMO
Giovedi’ 15 dicembre 2011
Quotidiano indipendente di informazione marittime e di politica economica
SPECIALE AFRICA
PARLA MARCO PALOMBO, PRESIDENTE DELL’ ASSOCIAZIONE ITALIA-AFRICA

Impariamo a credere nell’ Africa
Prospettive? In Algeria, Tunisia e Marocco la ripresa sara’ piu’ veloce

Far conoscere e favorire la diffusione delle energierinnovabili, in particolare quelle solari, nel continente africano, educare all’ uso delle risorse naturali del pianeta e promuovere una cultura di pacifica collaborazione tra le realta’ piu’ industrializzate e quelle in via di sviluppo. Sono questi i principali obiettivi dell’ Associazione Internazionale Italia Africa, creata a Roma il 30 novembre 2010 dall’ attuale presidente Marco Palombo e attiva soprattutto in Africa con progetti gia’ avviati in Senegal e Nigeria.

Dott. Palombo si poteva forse prevedere quanto e’ successo in Nord Africa in questi ultimi mesi ?
Direi di si, perche’ in molti casi, come quello libico, la situazione era arrivata al limite del collasso. E poi dall’ Italia ci siamo sempre fatti un’ idea sbagliata delle popolazioni che soprattutto negli ultimi anni, anche per l’ uso dei nuovi mezzi di comunicazione, hanno raggiunto nella media un buon livello culturale. La nostra colpa, quella dell’ Italia cosi’ come del resto dell’ Europa, e’ stata quella di non avere visto per tempo una situazione che era destinata ad esplodere. Oggi la fase piu’ critica si sta vivendo in Libia dove con la guerra e’ stato distrutto quasi tutto, quella migliore invece e’ forse in Marocco.

Quando potranno riprendere con regolarita’ gli scambi commerciali verso questi paesi ?
Questo e’ molto difficile dirlo non solo perche’ la situazione politica di questi territori e’ in continuo divenire ma anche perche’ ci sono circostanze differenti in tutto il Nord Africa. Indubbiamente ci sono stati e ci saranno grandissimi problemi soprattutto per le piccole e medie imprese che piu’ di altre avranno difficolta’ a riprendersi dalle perdite che hanno avuto in questi mesi di mancato lavoro. Per quanto riguarda la Libia, ad esempio, c’e’ un momento di grandissima difficolta’ perche’ tutto dovra’ essere ricostruito dopo che e’ stato distrutto dalla violenza dei bombardamenti. Diversa e’ invece la situazione in Algeria, Tunisia e Marocco dove si potra’ avere una ripresa piu’ veloce.

E i rapporti con l’ Italia ? D’ ora in avanti miglioreranno rispetto a prima ?
Le relazioni future non potranno che subire un netto miglioramento ma questo avverra’ solamente dopo un momento di comprensibile assestamento. Questi paesi hanno deciso di intraprendere una difficile strada verso regimi democratici che di certo non sortira’ un effetto immediato. Ci vorranno mesi, forse anni ma sicuramente la via intrapresa e’ quella giusta.

L’Italia ha sempre lavorato con i paesi nordafricani adesso e’ arrivato il momento di dialogare con il continente

Perche’ l’ Italia, rispetto ad altri, dovrebbe rappresentare un canale privilegiato nei rapporti con l’ Africa ?
Prima di tutto per la sua posizione geografica. E poi perche’ il nostro passato coloniale, per quanto non sia stata una parentesi edificante, ha avuto un periodo di vita molto limitato. Durante tutto il periodo della Prima Repubblica, l’ Italia ha sempre avuto un rapporto autonomo con tutto il mondo arabo e questo ha favorito l’ instaurarsi di ottimi rapporti. Adesso e’ arrivato il momento di fare molto di piu’ e non solo con tutto il Nord Africa ma con l’ intero continente. Si potrebbero aprire dei vantaggi enormi, da entrambe le parti, basta pensare alle risorse naturali che ci sono in questi territori e che non sempre vengono valorizzate. Mi riferisco anche alla zona subsahariana , un’ area estramamente povera ma con grandi potenzialita’ che non sono state mai sfruttate. A Brazzaville, in Congo, e’ stata costruita una nuova struttura portuale sul fiume per l’ esportazione d’ avorio e di caucciu’ , ci sono allo studio altri progetti e questo potrebbe rappresentare un primo incentivo verso una crescita economica. Non servono grandi investimenti ma scelte intelligenti e mirate, basterebbe davvero poco.

Perche’ un operatore italiano dovrebbe decidere di investire in Africa e non altrove ?
La difficolta’ maggiore, guardando l’ intero continente, e’ sicuramente quella di entrare in contatto con una mentalita’ molto differente dalla nostra e spesso di avere a che fare con governi che soprattutto prima erano deboli e corrotti. Poi in molte aree c’e’ il problema dell’ energia elettrica, spesso discontinua e che non favorisce una corretta produzione industriale. Ma sono terre che hanno ricchezze enormi , abbondanza di materie prima, con una popolazione che cresce anno dopo anno e non vuole piu’ vivere in una condizione di poverta’ e arretratezza. La manodopera costa molto poco , ancora meno rispetto all’ est Europa. Solo in Africa ci sono queste possibilita’ di sviluppo, margini di miglioramento enorme che si possono solo immaginare.

L’Associazione Internazionale Italia Africa e’ nata da poco piu’ di un anno , attualmente di quali progetti vi state occupando ?
Per il momento in Italia siamo attivi nel Lazio, a Roma e presto lo saremo anche in Toscana con un nostro ufficio distaccato . il nostro primo obiettivo e’ quello di portare la cultura dell’ energia rinnovabile in Africa e proprio su questo argomento stiamo lavorando per aprire una scuola in Nigeria, dove formare tecnici ed esperti che possano poi restare e lavorare nel territorio.

lunedì 12 dicembre 2011

Intervento di Maurizio Musolino del PdCI sulla lettera aperta di Sinistra Critica a Peacelink a proposito della petizione Siria, No War

Carissimi compagni/e, la discussione che si sta sviluppando in questa mail-list è sicuramente ricca di interesse e dimostra al di là delle posizioni di Sinistra critica (a mio avviso strumentali, in quanto partono da ben altra logica) una grande necessità di chiarirsi e di approfondire. Il mondo che abbiamo davanti è sicuramente complesso, ma questa complessità – che deve essere indagata e studiata – non deve mai darci l'alibi per equilibrismi poco comprensibili e utili.
Vengo alla Siria.

In Siria c'è necessità di maggiore democrazia? Sicuramente sì, e a dirlo sono anche molte delle stesse forze a partire dai comunisti che sostengono il presidente Assad. C'è necessità di pluralismo? Certo, e proprio il presidente si è fin dalle prime settimane dimostrato disponibile ad avviare un processo plurale e di multipartitismo. Queste cose sono sufficienti? Per alcuni si, per altri meno. Sicuramente i tempi e le lentezze, estreme, non hanno aiutato i sostenitori di Assad. Ma credo che per tutti non giustificano guerre e intromissioni straniere alla sovranità siriana, se così non è allora ho sbagliato luogo di discussione. Chi in questi anni è stato in Siria avrà sicuramente potuto vedere tantissimi problemi ma non può non aver notato il dinamismo e la volontà di crescita che questo paese sprigionava. E questo in una situazione estremamente difficile, a causa di un embargo internazionale voluto dagli Usa che impediva nei fatti un reale rinnovamento. Un embargo nello stesso tempo criminale nemico del popolo siriano e complice di quanti tifavano per il più assoluto immobilismo. Possiamo infine tacere che la Siria rappresenta ad oggi l'unico stato laico della regione e fra le poche eccezioni di paesi non allineate all'unipolarismo Usa, base delle politiche imperialiste e neo coloniali? Io non ci riesco proprio.

Noi con il documento uscito nei giorni scorsi abbiamo (lasciando ognuno di noi a casa una parte del proprio desideranda – ad esempio la parte che auspica osservatori stranieri la trovo offensiva della sovranità della Siria e ambigua e preludio ad esperienze non sempre positive- quando qualcuno proporrà osservatori che in Israele, a Tel Aviv, vigilino sulla democrazia di quel paese cambio idea) fatto uno sforzo per denunciare il tentativo di trascinare la guerra anche in Siria. Una guerra che nulla ha di democratico e che invece rappresenta la punta più alta delle politiche imperialiste e neocoloniali dell'Occidente. Non avevamo la pretesa di parlare dell'universo mondo.

Chi lo ha firmato sapeva bene cosa firmava, nei limiti e nel opportunità che questo offriva. Che senso ha oggi stravolgere il testo per trasformarlo, non in un appello dalla parte del popolo (cosa complessa da definire) bensì in un appello contro Assad e in favore di quanti in Siria rappresentano gli interessi Occidentali. E' un caso l'incontro del neoministro degli Esteri italiano con il rappresentante del consiglio provvisorio?(che tristi ricordi richiama...) Sarebbe lungo scrivere di come stanno entrando le armi in Siria, da quali confini, da parte di chi, e verso chi. Mi auguro di avere possibilità di farlo a voce in qualche comune occasione.

Per finire riassumo la mia posizione. No a cambiare l'appello già lanciato. Si ad un dialogo e ad un approfondimento su quanto avviene in Siria, senza atteggiamenti messianici di chi ritiene di essere sempre dalla parte giusta. Una discussione che possa quindi aiutarci tutti a capire e soprattutto dalla quale sii possa uscire con iniziative concrete per impedire un nuovo dramma come quello della Libia.

Grazie per la pazienza

ciao

Manifesto Nonviolento-campagna promossa da Peacelink

Campagna: Manifesto Nonviolento,promossa dall'Associazione Peacelink
Campagna di pressione sui parlamentari per fermare le spese militari finalizzate alla guerra e all'acquisto dei cacciabombardieri F-35.

MANIFESTO NONVIOLENTO

Noi sottoscritti, singoli e associazioni,

CHIEDIAMO al governo di attuare il risanamento del bilancio statale a partire dal taglio drastico delle spese militari.

DICHIARIAMO CHE

- votare a favore di missioni militari volte a partecipare ad azioni di guerra all’estero viola l’articolo 11 della Costituzione

- non sosterremo politicamente con il voto i partiti che in Parlamento voteranno a favore dei finanziamenti per tali missioni o per l’acquisto di cacciabombardieri F-35, ovvero i partiti che si dichiareranno favorevoli alle suddette iniziative, se non rappresentati in Parlamento.

L' adesione e' possibile sia a singoli sia ad associazioni
Queste le prime Associazioni che hanno firmato il Manifesto:

Peacelink; Ecoistituto del Veneto Alex Langer; Stelle cadenti – Artisti per la pace; Donne per la Solidarietà – Scuola d’Azione per lo Sviluppo Sostenibile onlus; Roma Social Forum; Medicina Democratica – Movimento di lotta per la salute onlus; Centro Studi Umanisti Ti con Zero; Mondo Senza Guerre e Senza Violenza; Emergency ONG onlus; Circolo Vegetariano VV.TT; Rete Bioregionale Italiana; Freedom Flotilla Italia; Centro Pace comune Bolzano; Redazione di www.mamma.am;Associazione Popoli Minacciati; Associazione per la pace; Movimenti Civici; Redazione di www.ildialogo.org; Operazione Colomba - Corpo Nonviolento di Pace della Comunità Papa Giovanni XXIII; Associazione Kronos Milano; Un Ponte per...; Collettivo Nonviolento Uomo Ambiente Bassa Reggiana; Centro Studi Sereno Regis; Rete degli Ebrei Contro l’Occupazione; IPRI - Corpi Civili di Pace; ReOrient; Comunità San Benedetto; Casa della Pace e della Nonviolenza; Redazione di Pressenza Italia; Rete NoWAR; Movimento Nonviolento; WILPF - Italia; Peacereporter; Redazione di www.unimondo.org; Nigrizia; Redazione di Left - Avvenimenti.

Lettera aperta di Sinistra Critica a Peacelink a proposito della petizione Siria,No War

Carissime/i amiche e amici di Peacelink,
abbiamo ricevuto da diverse persone che stimiamo la richiesta di firmare l’appello da voi proposto contro qualsiasi intervento militare in Siria. Abbiamo deciso – singolarmente e come organizzazione politica – di non aderire al vostro appello e vogliamo brevemente spiegarvene i motivi.

Naturalmente siamo contrari a qualsiasi intervento straniero in Siria, così come lo eravamo contro quello in Libia (lo dimostrano i nostri comunicati già dallo scorso febbraio e marzo e le manifestazioni che abbiamo contribuito a organizzare il 20 marzo a Milano e il 2 aprile in diverse città), pur condividendo le ragioni di chi nel febbraio si era ribellato al regime di Gheddafi.
Non condividiamo invece in alcun modo le motivazioni che sostenete nella petizione e soprattutto riteniamo sbagliato e inefficace rispetto lo stesso obiettivo che si prefigge l’appello tacere della repressione che il regime siriano compie da sempre e in particolare in questi ultimi mesi contro la rivolta popolare. E questo è il secondo motivo di disaccordo: il vostro appello sottolinea decisamente il carattere “etrerodiretto” e “autoproclamato” della rivolta siriana: non siamo assolutamente d’accordo.

La rivolta popolare in Siria è iniziata mesi fa in molte città siriane con la richiesta di libertà, dignità e democrazia. A queste richieste – giuste e condivisibili – il regime di Bashar El Assad ha risposto con la repressione violenta: non ci interessa il conteggio dei morti, ma questi ci sono stati come dimostrano migliaia di filmati autoprodotti (per questo dimostrazione del “complotto”?); così come sono certi gli arresti – ammessi poi dallo stesso regime quando ha scarcerato migliaia di prigionieri che negava di avere; così come sicuri sono gli omicidi, i pestaggi, gli arresti di giornalisti, vignettisti, oppositori....
Le ragioni della rivolta non possono essere nascoste dagli obiettivi di alcuni soggetti politici – interni ed esterni – che vogliono approfittarne per una loro propria agenda.

Non vogliamo farla lunga. Pensiamo che un appello contro qualsiasi intervento straniero in Siria che non parta dalla solidarietà – umana, politica e attiva – alla rivolta siriana e che non veda nella caduta del regime di Assad e in una maggiore partecipazione popolare alla vita politica siriana l’obiettivo di una sinistra pacifista degna di questo nome non sia capace nemmeno di opporsi all’intervento straniero.
Non possono essere considerazioni “geopolitiche” a guidare la nostra opposizione alla guerra – come se il popolo siriano dovesse essere la vittima sacrificale delle alleanze regionali e dello scontro (reale) tra il protagonismo filoimperialista dei paesi reazionari arabi (Arabia Saudita, Qatar ecc...) e l’alleanza intorno all’Iran, vero obiettivo dello scontro.
Per difendere le popolazioni della regione dalle politiche imperialiste non possiamo in alcun modo diminuire la nostra solidarietà a chi si oppone, in Iran, Siria – come in Palestina, in Egitto, in Bahrein.

Saremo comunque vigili e attenti di fronte a qualsiasi escalation voluto dalla Nato e dai suoi alleati nella regione e non mancheremo di manifestare con voi contro la minaccia o la prospettiva di interventi militari esterni.
Vorremmo che anche voi foste con noi insieme alle comunità siriane che manifestano anche in Italia – spesso sole, come avviene per le altre comunità arabe in questi mesi in Italia – per la libertà del popolo siriano.

Flavia D’Angeli, Piero Maestri e Franco Turigliatto – portavoce Sinistra Critica

giovedì 8 dicembre 2011

Appello all' IDV perche' presenti emendamenti alla manovra per tagli agli impegni militari

Appello all' IDV perche' presenti emendamenti alla manovra per tagli agli impegni militari.

L'Italia dei Valori e' l' unico gruppo in Parlamento che talvolta ha parlato di riduzione di spese per armi e di missioni militari all' estero. Nelle prossime settimane alla Camera dei Deputati e al Senato si discutera' del Decreto approvato domenica 27 novembre dal Consiglio dei Ministri e sara' possibile presentare proposte diverse. Poi gli emendamenti potrebbero non essere votati se fosse messa la fiducia al provvedimento.
I passaggi tecnici precisi sono da vedere, ma nella sostanza le cose dovrebbero andare in questo modo.

Ognuno di noi ha posizioni diverse, per esempio sulla alleanza Nato o alcuni interventi all' estero, ma presentare richieste tutti insieme sarebbe utile. Dimostrerebbe che ci sono altre possibilita' per correggere i conti pubblici, non ci sono solo strade obbligate e che in tanti vorremmo diminuire le spese militari.

I contenuti delle proposte da presentare potrebbero ricalcare queste richieste formulate da SeL che non ha deputati eletti e non puo' proporle al voto delle aule.
Queste sono le proposte di SeL:

-Riduzione degli organici delle forze armate a 120mila unità e integrazione dentro la cornice europea e delle Nazioni Unite.
Gettito previsto 3 miliardi di euro.

-Blocco dei contratti per la realizzazione di 131 cacciabombardieri Joint Strike Fighter, 4 sommergibili Fremm, dei cacciabombardieri F35 e delle due fregate Orizzonte.
Gettito previsto 783 milioni di euro.

-Ritiro delle truppe dall’Afghanistan e da tutte quelle missioni internazionali che non abbiano la copertura delle Nazioni Unite.
Gettito previsto 616 milioni di euro.

Credo che su queste posizioni si possa aggregare una ampia area di opinione pubblica.
L' appello che Alex Zanotelli ha lanciato su questo tema con il sito www.ildialogo.org ha raggiunto quasi 17.000 adesioni e l' area che condivide queste richieste e' vastissima.

Io segnalo questa mia idea. Se altre persone o altri ambienti condividono qualcosa di quanto ho scritto, abbiamo qualche giorno e settimana di tempo per definirla meglio e portarla avanti.

Marcopa

mercoledì 7 dicembre 2011

Roma,Sgomberata palazzina abitata da senegalesi perche' insicura,ma la sicurezza e' la strada ?-dall' Associazione 3 Febbraio

Comunicato A3F

SOLIDALI CON I FRATELLI di VIA CAMPOBASSO (PIGNETO)
DIRITTO alla CASA e DIGNITA’ per TUTTI e TUTTE!

Roma, da questa mattina è in corso lo sgombero della palazzina n18 di via Campobasso nel quartiere del Pigneto.
Il palazzo abitato, da decenni, da senegalesi, è stato sgomberato perché insicuro.
Decine di persone sono per la strada davanti alle proprie case e non sanno se e quando potranno rientrare.

Le forze dell’ordine stanno presidiando la palazzina per impedirne l’accesso.
Le sacrosante richieste, dei fratelli senegalesi, di capire cosa succederà alla loro casa e quindi al luogo dove vivono, riposano, mangiano, si curano, pregano, leggono, tengono le proprie cose e ricordi, ricevono le persone care etc. cadono nel vuoto di fronte al cinismo dell’amministrazione comunale che non guarda e pensa a loro come ad esseri umani!!!

Se è vero che il Comune si è mosso per la sicurezza degli inquilini di via Campobasso come può gettarli in mezzo ad una strada?

Forse il Comune non sa che molte di queste persone hanno dato vita ad un Comitato Solidale Antirazzista, sono impegnate da anni a costruire solidarietà nel quartiere e sono state protagoniste di iniziative coraggiose per affrontare seriamente il degrado e il razzismo.
Invitiamo il Comune a non accrescere il degrado, a non crare ulteriore insicurezza e ad incontrare gli inquilini per cercare una soluzione dignitosa a tutti e tutte!

Siamo solidali con le persone sgomberate, sosteniamo la loro richiesta di alloggi dignitosi nel caso non sia possibile rientrare in quelli di Via Campobasso.

Invitiamo tutte le persone solidali a diffondere la notizia, ad unirsi e a recarsi in via Campobasso per organizzare la solidarietà con l’Associazione ‘3 febbraio’ e i Comitati Solidali Antirazzisti.

ASSOCIAZIONE ANTIRAZZISTA E INTERETNICA ‘3 FEBBRAIO’ - Roma
www.a3f.org

martedì 6 dicembre 2011

Roma,10 dicembre,presidio Rete No War

GIORNATA MONDIALE DEI DIRITTI UMANI

Roma

Sabato 10 dicembre 2011
dalle 16.00 alle 19.00

Piazza della Chiesa Nuova
Lato Corso Vittorio Emanuele
(vicino lungotevere)

Presidio della Rete No War

Con una mostra su diritti umani,
guerre e alternative alle guerre

domenica 4 dicembre 2011

Syrie- Appel urgent pour mettre fin à l'intervention militaire étranger en Syrie et rètablir les droits humains et le respect de la lègalitè

Syrie NO WAR

Appel urgent pour mettre fin à l'intervention militaire étrangère en Syrie et rétablir les droits humains et le respect de la légalité.

Nous, soussignés organisations humanitaires ( ONG) pour les droits humains, vous exhortons à mobiliser les Nations Unies et la communauté internationale à prendre des mesures immédiates pour faire cesser toute intervention militaire étrangère contre la Syrie, et au contraire, d'agir de bonne foi pour une honnete médiation. Il est essentiel d’agir rapidement. Nous demandons d'agir de bonne foi pour rejoindre une vraie médiation pacifiques.

Au cours des derniers mois, nous avons observé une augmentation constante des campagnes de presse qui présentent seulement une vision partielle et pas vérifiée ce qui passe en Syrie. La même chose s'est produite aussi dans le cadre des préparatifs à l'intervention étrangère en Libye.

Nous savons qu'il ya des affrontements violents entre les troupes gouvernementales et les insurgés armés de l'auto-proclamé " Armée Libérée Syrienne " avec des bases en Turquie, près de la frontière syrienne. Et nous savons que ces conflits provoquent une énorme nombre de morts parmi les civils, qui sont toujours les premières victimes de n’importe quel conflit. Il semble donc clair que les deux côtés armées ont des responsabilités.

Mais un'ingérence militaire étrangère n'est pas une bonne façon de protéger les droits civils et humains.

NOUS affirmons avec force que:

1) le projet de «intervention militaire humanitaire» en Syrie est la pire des solutions et il ne peut pas revendiquer aucune légitimité, car on ne peut pas obtenir la protection des droits humaines par un'intervention armée;

2) En effet, l'histoire récente montre que, les résultats inévitables de l'intervention armée étrangère, sont des violations massives des droits, comme en Libye;

3) La contrebande d'armes dans une zone de conflit alimente seulement une guerre «civile» et ce doit être arrêtée;

4) On ne peut pas autoriser que une scénario libyenne prende place en Syrie aussi, c'est à dire une «no-fly zone" qui se transforme en une intervention militaire directe suivie par des massacres et des violations massives des droits.


Nous exhortons donc la COMMUNAUTÉ INTERNATIONALE pour favoriser:

1. Un cessez le feu sur les deux côtés et une médiation neutre entre les parties: nous rappelons que la proposition faite par certains pays d'Amérique latine à partir du groupe Alba semble être accueilli aussi par l'opposition non-armée

2. Des mesures pour arrêter l'ingérence militaire et politique étrangère en Syrie visant à déstabiliser le pays (et éventuellement toute la région);

3. Restauration de la Syrie dans le bloc régional;

4. Fin des sanctions actuelles qui portent atteinte à des civils;

5. Une mission internationale d'enquête par les pays et les organisations neutres pour établir la vérité sur les conditions de vie en Syrie;

6. Une enquête menée par les observateurs internationaux neutres sur les accusations et sur les nouvelles rapports en provenance de Syrie et qui, à présent, il n'a pas été possible de vérifier.

Per firmare la petizione www.peacelink.it

domenica 27 novembre 2011

Syria-Peticion international contra cualquier injerencia extranjera y para que restablezcan los derechos humanos-peacelink.it

PETICIÓN INTERNACIONAL URGENTE CONTRA CUALQUIER INJERENCIA EXSTRANJERA EN SIRIA Y PARA QUE SE RESTABLEZCAN LOS DERECHOS HUMANOS Y LA LEGALIDAD

Las presentes organizaciones no gubernamentales en defensa de los derechos humanos piden con fuerza que las Naciones Unidas y las Comunidades Internacionales actúen ya para que se detenga cada intento de intervención militar extranjera contra Siria y se favorezca de buena fe una verdadera mediación. Esta negligencia muy grave no puede seguir.

Ya hace meses se está desarrollando una creciente campaña mediática internacional acerca de los acontecimentos en Siria, que por la mayoría de las veces se fundamenta en noticias parciales y que no son fidedignas, como ya sucedió en Libia.

Lo que se conoce es que se están multiplicando enfrentamientos muy violentos entre las tropas del gobierno y las de los rebeldes, quienes se autoproclamaron“Ejército de liberación de Siria”, y que tienen sus bases en territorio turco fronterizo con Siria. Estas violencias ya ocasionaron pérdidas muy grandes, incluso civiles inocentes, los que siempre pagan el precio más alto en toda guerra. Entonces ambos bandos armados tienen su responsabilidad.

Sin embargo una intervención militar extranjera de ninguna manera puede representar un amparo para los civiles y los derechos humanos.

AFIRMAMOS CON FUERZA QUE:

1) la llamada “intervención miltar humanitraria” es la peor solución posible y no se puede considerar legítima de ninguna manera. La protección de los derechos humanos no se logra a través de la guerra;
2) al contrario, ésa solo produce violaciones de los derechos humanos muy graves como consecuencia inevitabile (como ya sucedió en la “guerra humanitaria” en Libia);
3) se detenga la penetración de armas desde el exterior, pues eso hace que se fomente la “guerra civil”;
4) no es tolerable que en Siria se repita el escenario libio, donde una “no fly zone” se convirtió en intervención militar, con masacres de civiles y violaciones de los derechos humanos.

LES PEDIMOS CON FUERZA QUE FAVOREZCAN:

1) una mediación neutral entre los dos bandos y un alto el fuego: recordemos que la propuesta de algunos países de Ámerica latina que integran la Alba fue aceptada también por la oposición pacífica;
2) una acción para detener la injerencia militar y política extranjera que quiere desestabilizar el país;
3) la reincorporación de Siria en el Bloque Regional;
4) el levantamiento ya de todas sanciones que amenza el bienestar de los civiles;
5) una comisión internacional de investigación integrada por países neutrales para que se averigüe la verdad;
6) el envío de observadores internacionales que conprueben hechos y noticias que están circulando en los grandes medios.

PROMOVIDO POR:
Associazione Peacelink, Italia

Appeal-Syria no War-Appeal urgent to stop Foreign Military Intervention in Syria and to restore human rights and respect for legality - Peacelink

Urgent Appeal to Stop Foreign Military Intervention in Syria and to restore human rights and respect for legality. Petizione internazionale urgente alle Nazioni Unite sostenuta da diverse organizzazioni non governative umanitarie e a difesa dei diritti umani.

Syria NO WAR
Urgent Appeal to Stop Foreign Military Intervention in Syria
and to restore human rights and respect for legality

We, the undersigned non-governmental, human rights, and humanitarian organizations, urge you to mobilize the United Nations and the international community to take immediate action to halt any foreign military intervention against Syria, and instead, to act in good faith for a true mediation. Time is of the essence. We ask to act in good faith in favor of a true and peaceful mediation.
Over the past few months we have observed a steadily increasing media campaign that presents a partial and unverified account of what is happening in Syria. The same thing occurred in the lead-up to foreign intervention in the case of Libya as well.
We know that there are violent clashes between government troops and the armed insurgents of the self-proclaimed “Syria Liberated Army” with bases in Turkey, near the Syrian border. And we know that such conflicts are provoking an enormous death toll among civilians as well. Innocent civilians are the first victims of every conflict. It therefore seems clear that in Syria both armed sides bear responsibilities.
But external military interference is absolutely not the way to protect civilians and human rights.

WE STRONGLY AFFIRM THAT:

1) the proposed so-called "humanitarian military intervention" in Syria is by far the worst option and can claim no legitimacy whatsoever; protection of human rights is not obtained through armed intervention;
2) indeed, recent history shows that the inevitable results of foreign armed intervention are massive human rights violations, as in Libya;
3) smuggling weapons into an area of conflict only fuels a "civil" war and must be stopped;
4) the Libyan scenario must not be allowed to take place in Syria, i.e. a “no-fly zone” which turns into direct military intervention followed by massacres and massive human rights violations.

WE THEREFORE URGE THE INTERNATIONAL COMMUNITY TO FAVOR:

1) a ceasefire on both sides and neutral mediation between the parties: we remind that a proposal made by some Latin American countries from the Alba group seems to be welcomed also by the non-armed opposition
2) action to stop foreign military and political interference in Syria aimed at destabilizing the country (and possibly the entire region);
3) reinstatement of Syria into the Regional Block;3) a halt to current sanctions which are harming civilians;
4) an international investigative mission by neutral countries and organizations to ascertain the truth about the conditions of life in Syria;
5) an investigation by neutral international observers into the accusations and news reports coming out of Syria and which at present it has not been possible to verify.

Petizione. No alla guerra in Siria,si ai diritti umani e alla legalita' - di Peacelink

PROMOTED BY
Peacelink Association, Italy

NO ALLA GUERRA IN SIRIA
SI' AI DIRITTI UMANI E ALLA LEGALITA’

Le sottoscritte organizzazioni non governative umanitarie e a difesa dei diritti umani chiedono con forza alle Nazioni Unite e alla comunità internazionale di agire immediatamente per fermare ogni tentativo di intervento militare straniero contro la Siria e di favorire una vera mediazione svolta in buona fede. Questa imperdonabile negligenza non può continuare.
Com’è noto, nei mesi scorsi c’è stata una crescente campagna mediatica internazionale sugli eventi in Siria, spesso basata su resoconti parziali e non verificabili, com’è già successo nel caso della Libia.
Quello che si sa è che sono in corso violenti scontri fra truppe governative e le truppe di insorti dell'autoproclamato Esercito di Liberazione della Siria, con basi in Turchia al confine con la Siria, e che questo crescendo di violenze ha già provocato enormi perdite anche di civili. I civili innocenti sono le prime vittime di ogni guerra. Entrambe le parti armate hanno dunque responsabilità.
Ma l'intervento militare esterna non è assolutamente il modo per proteggere i civili e i diritti umani.

AFFERMIAMO CON FORZA CHE:

1) Il cosiddetto “intervento militare umanitario” è la soluzione peggiore possibile e non può ritenersi legittimo in nessun modo; la protezione dei diritti umani non viene raggiunta dagli interventi armati;
2) al contrario le guerre portano, come inevitabili conseguenze, ad imponenti violazioni dei diritti umani (come si è visto nel caso della “guerra umanitaria” in Libia);
3) l'introduzione di armi dall’estero non fa che alimentare la “guerra civile” e pertanto dev'essere fermato;
4) non è tollerabile che si ripeta in Siria lo scenario libico, dove una “no-fly zone” si è trasformata in intervento militare diretto, con massacri di civili e violazioni dei diritti umani.

VI CHIEDIAMO CON FORZA DI FAVORIRE:

1) una mediazione neutrale tra le parti e un cessate il fuoco: ricordiamo che la proposta avanzata da alcuni paesi latinoamericani del gruppo Alba è gradita anche all’opposizione non armata;
2) un’azione per fermare l’interferenza militare e politica straniera, volta a destabilizzare il paese;
3) il reintegro della Siria nel Blocco Regionale;
4) lo stop a tutte le sanzioni che attualmente minacciano il benessere dei civili;
5) una missione d’indagine internazionale parallela da parte di paesi neutrali per accertare la verità;
6) l'invio di osservatori internazionali che verifichino fatti e notizie che circolano attualmente privi di verifiche e di verificabilità.

E’ possibile inviare le adesioni a questo link
http://www.peacelink.it/campagne/index.php?id=91&id_topic=4

Le adesioni delle Associazioni saranno inviate all’ Onu e a vari organismi internazionali e nazionali. Sono importantissime pero’ anche adesioni di persone singole ed e’ graditissimo un aiuto a fare conoscere la petizione. Qualcuno potrebbe essere contento di firmare la petizione e solo il tuo impegno potrebbe permettergli di conoscerla

venerdì 25 novembre 2011

Economist "L' euro si distruggera' tra giorni"

Economist: "L' euro si distruggera' tra giorni "
da www.unita.it
25 novembre 2011

«L’area del mondo finanziariamente meglio integrata si lacererebbe tra default, fallimenti delle banche, nazionalizzazioni».

E' questo lo scenario che gli analisti dell'Economist, prestigiosa rivista inglese, tratteggiano per l'Europa. E non parlano di anni o mesi, ma di settimane, se non giorni.

«L’eurozona si ritroverebbe spezzettata o tuttalpiù divisa in due, un blocco settentrionale più o meno compatto e uno meridionale frammentato. Molti trattati verrebbero infranti. Le differenze di valore e prestazioni tra le monete delle aree più solide e quelle delle aree periferiche porterebbero con ogni probabilità allo svuotamento del mercato unico. La stessa sopravvivenza dell’Unione Europea sarebbe messa in discussione».

Per dare ancora più forza al suo allarme, la redazione ha scelto di mettere in copertina la moneta di un euro in fiamme che precipita nel vuoto. «Non si può andare avanti così a lungo – si legge nell'editoriale - Senza drastici cambiamenti, da parte della BCE e dei leader europei, la moneta unica potrebbe distruggersi nel giro di poche settimane. L’evento scatenante può essere il fallimento di una grande banca, la caduta di un governo, un altro flop in un’asta di titoli».

Al centro dell'analisi anche il nostro paese: «L’ultima settimana di gennaio l’Italia dovrà rifinanziarsi piazzando titoli per 30 miliardi di euro. Se i mercati non risponderanno bene, e la BCE nemmeno, l’Italia si ritroverebbe a un passo dal default».

Fonte www.unita.it

lunedì 21 novembre 2011

Marco Ferrando (PCL), sul patto di consultazione tra le forze che si oppongono al governo Monti

INTERVISTA A MARCO FERRANDO (20 Novembre 2011)
di Paolo Persichetti su “Liberazione” del 19 novembre

Marco Ferrando, a nome del Pcl ha accolto favorevolmente la proposta di un «patto di consultazione permanente» tra tutte le forze che intendono opporsi al governo Monti, lanciata su queste pagine da Paolo Ferrero. Si tratta - ci spiega - di un passaggio «che è imposto dalla situazione e che noi accettiamo a prescindere, anche perché l'unità d'azione su obiettivi comuni, di lotta e di movimento a sinistra, è un elemento distintivo della nostra cultura e tradizione politica. A maggior ragione se interviene in uno scenario politico che rappresenta un salto in avanti dell'offensiva sociale e politica lanciata contro il movimento dei lavoratori e i movimenti di massa».

Affrontiamo subito la novità introdotta dall'esecutivo Monti.

Siamo di fronte alla riunificazione politica e sociale del blocco dominante, è quindi del tutto evidente che contro questo governo di unità nazionale si deve costruire un patto di unità d'azione tra tutte le realtà, i movimenti e tutte le sinistre politiche, sindacali e associative.

Cosa proponete?

Al primo posto c'è la necessità di chiarire una volta per tutte la questione del rapporto col centrosinistra e col Pd.

Su questo punto dentro la Fds, e nell'area più larga della sinistra sociale e dei movimenti, ci sono posizioni diverse, ricche di sfumature. Per voi si tratta di una condizione o di un tema di discussione?

Non poniamo condizioni, siamo dentro il patto di consultazione a prescindere ma vogliamo un confronto aperto, largo, non solo fra stati maggiori, in cui ci riserviamo di dire quello che pensiamo dentro un quadro di confronto unitario. Ricordo che anche nel '95 si faceva tutti insieme l'opposizione al governo Dini, ma quell'opposizione prefigurò una ricomposizione del centrosinistra. Ebbene siamo fermamente contrari alla riproposizione di uno schema del genere, anche perchè il Pd per l'ennesima volta ha dato prova di non essere nemmeno una forza della sinistra moderata, e neanche un partito coerentemente democratico, al di là del suo nome. E solo un partito legato a doppio filo agli interessi dell'industria, delle banche, del blocco dominante.

E gli altri punti?

Il fronte unico non deve essere un semplice cartello delle sinistre politiche, ma un fronte largo che coinvolga sinistra sindacale e movimenti per produrre una svolta radicale sul terreno della mobilitazione e della lotta. L'esperienza dimostra che non si riesce ad affrontare la crisi capitalistica procedendo ad ordine sparso con atti simbolici e scioperi rituali. Bisogna discutere insieme su come costruire un salto verso la radicalizzazione di massa delle iniziative di lotta: quando parliamo di vertenza generale, occupazione delle fabbriche e dei licei, costruzione di una cassa nazionale di resistenza, alludiamo a questa necessità. Infine non è più sufficiente continuare ad assumere come orizzonte il cosiddetto antiliberismo, quasi configurando la possibilità di una riforma sociale neokeynesiana del capitalismo. Il carattere strutturale della crisi ci dice che l'orizzonte deve essere apertamente anticapitalista e quindi deve toccare il tema dell'annullamento del debito pubblico verso le banche, i rapporti di proprietà nel settore finanziario e produttivo.

Non vi è piaciuto il coro di sdegno sui fatti del 15 ottobre.

Il grosso problema del 15 non sono stati i cosiddetti black bloc ma la mancata assunzione di responsabilità da parte della direzione del movimento. Avevamo proposto una manifestazione che marciasse sui palazzi del potere rivendicando un diritto democratico praticato in tutte le capitali del mondo. Lo spazio che in quella giornata hanno preso alcune forme di lotta nichilista è stato direttamente proporzionale alla mancata assunzione di questa responsabilità.
PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI
Fonte
email: info@pclavoratori.

sabato 19 novembre 2011

3 dicembre,la CGIL annulla manifestazione a Roma, la sua fiducia al governo Monti

La CGIL smobilita in favore del governo Monti

Continuiamo con piu’ forza a prendere l’ iniziativa:
SOLIDALI CONTRO LA CRISI

La CGIL ha preso la grave decisione di revocare il corteo del 3 dicembre, trasformandolo in un’ assemblea dei propri delegati. Le motivazioni addotte sono una vergognosa capitolazione al governo Monti, cui la CGIL attribuisce una positiva inversione di tendenza nei confronti del governo precedente. Il governo Monti invece e’ un tentativo del sistema democratico che coinvolge alcuni suoi uomini di punta: tecnocrati ed esponenti della superborghesia per affrontare la crisi in chiave apertamente antipopolare ad aggiungere la bancarotta di questo Stato e la decadenza democratica ingannando e sfruttando la gente comune.

Mettendoci al seguito di tutte le forze politiche, incluse quelle del centro-sinistra che hanno apertamente sostenuto il governo Monti, cantandone le lodi, la CGIL ha prso una decisione che priva decine di migliaia di lavoratori della possibilita’ di reagire e far sentire la propria voce nei confronti dell’ attacco ai bisogni di vita.
Socialismo rivoluzionario che sta sollecitando la possibilita’ della gente comune di unirsi in modo solidale contro questo nuovo governo ha appoggiato la proposta dei Comitati solidali, ripresa dall’ Associazione 3 febbraio di prendere l’ iniziativa per confermare un settore della solidarieta’ nell’ ambito del corteo del 3 dicembre.

Mentre denunciamo la smobilitazione della CGIL assumiamo la confortante notizia che il regolamento tecnico dei CSA ha rilanciato l’ appello “solidali contro la crisi” e che numerosi Comitati solidali lo hanno discusso e sottoscritto come impegno attivo di reazione.

Ci sembra inoltre importante che il Coordinamento nazionale dell’ Associazione “3 febbraio” assieme ai rappresentanti dei profughi, abbia sostenuto questo appello. E’ importante che le realta’ solidali che hanno assunto e portato avanti l’ iniziativa trovino le forme ed i modi piu’ opportuni per continuare a svilupparla, anche il 3 dicembre, guardando agli interessi di fondo della nostra gente, ed offrendo loro, a tutte le realta’ solidali, a tutte le persone impegnate nella solidarieta’ e nel volontariato, una strada concreta e perseguibile per una alternativa solidale. Sosteniamo in questo senso gli importanti appuntamenti gia’ convocati della assemblea nazionale degli immigrati il 4 dicembre a Napoli e della Assemblea nazionale dei comitati solidali il 15 gennaio 2012.

Socialismo rivoluzionario
La comune

mercoledì 16 novembre 2011

Novembre 2011,crisi finanziaria/economica dell' Occidente e guerre, a che punto e' la notte.

Dopo molte settimane di proteste contro il mondo della finanza possiamo provare a inquadrare un minimo la situazione.

La crisi finanziaria e' grave in Europa ma anche negli USA. Ancora pero' le tempeste finanziarie degli ultimi tre-quattro mesi non hanno avuto conseguenze complete sull' economia reale.

Cioe' la crisi dell' economia reale e' gravissima, ma e' sempre quella di qualche mese fa, le tempeste finanziarie ed i tagli in arrivo probabilmente provocheranno una nuova recessione; una diminuzione della produzione rispetto ai mesi scorsi. Cioe' un ulteriore aggravamento della crisi dell' economia reale.

Ci sono proteste ancora abbastanza generiche , e' stato individuato il mondo dele borse e della finanza come responsabile o corresponsabile della crisi, ma ancora mancano proposte economiche alternative chiare e con un seguito forte.

Il tentativo piu' forte di combattere le politiche economiche correnti, neoliberiste, e' stata la proposta del referendum greco che ha terrorizzato l' oligarchia economica e politica, ma e' stato per il momento neutralizzato.

La protesta e' latente, sotterranea, diffusa. In Italia gli incidenti del 15 ottobre sono bastati, insieme alla decisione di Alemanno di negare le strade di Roma alle proteste, a bloccare sul nascere una opposizione piu' vasta.

Come ha detto giustamente un sindacalista dell' USB, manifestazioni pro o contro Berlusconi hanno occuppato il centro di Roma, ma studenti e lavoratori non possono percorrere gli stessi luoghi per manifestare contro le politiche economiche che ormai non solo solo di Berlusconi ma di tutta la Ue e di tutta la politica nelle istituzioni. Il TG3, La7, Repubblica continuano ad attaccare Berlusconi ma sono ormai militanti nel difendere le politiche economiche della Bce, Ue,di Monti.

Ma questo tappo potrebbe saltare in Italia e nel mondo occidentale e altre politiche economiche potrebbe essere rivendicate da strati di popolazione di dimensioni notevoli.

La crisi finanziaria sta per investire anche la Francia e questo avrebbe contraccolpi enormi, soprattutto nell' opinione pubblica che capirebbe che non e' una crisi provocata da poche cicale greche o berlusconiane, quindi minoranze particolari,

MA E' CRISI DELL' INTERA UNIONE EUROPEA E DELLE SUE POLITICHE NEOLIBERISTE PRESENTATE ED IMPOSTE COME SENZA ALTERNATIVE.

A questo punto temo davvero che

-la crisi sempre piu' grave in arrivo,
-la finanza ormai vista come responsabile o corresponsabile,
-la possibilita' che strati ampi di popolazione si aggreghino non su sola protesta ma anche per politiche diverse, di redistribuzione di ricchezza

provochino l' arrivo di diversivi fortissimi per la pubblica opinione, come successe nel 2001 con l' attentato delle torri gemelle. Per esempio qualche nuova guerra impedirebbe nell' occidente lo scontro di diversi interessi che ormai stanno capendo di essere in conflitto tra loro.

marco

lunedì 14 novembre 2011

15 novembre, iniziano le dirette audio-video del Comitato No Debito

Il Comitato No Debito va in diretta

Martedi 15 novembre alle 14,30 il Comitato No Debito trasmette in diretta il primo dei suoi appuntamenti bisettimanali audio e video.
Informazioni sulla campagna No Debito e referendum, commenti, appuntamenti. In studio Giorgio Cremaschi
Sarà possibile vedere e sentire in diretta la trasmissione
in streaming video su www.libera.tv/
in streaming audio su www.radiocittaperta.it
via etere nel Lazio su 88.9 mhz
invitiamo tutte le emittenti e le pagine web che lo vorranno, a collegarsi in diretta via streaming.

Commissione comunicazione del Comitato Non Debito

Libri: M.Correggia,"Libia.l'ultima delle guerre"

Questo libro, di prossima uscita, si puo' prenotare sul sito www.produzionidalbasso.com

LA PROPOSTA.
Libro bianco “Libia. L'ULTIMA DELLE GUERRE" di Marinella Correggia,si chiede come evitare le prossime guerre occidentali studiando le cinque di questo ventennio. Partendo dalla (frustrante) militanza pacifista contro la guerra alla Libia e contro le altre guerre occidentali dal 1991 a oggi, il testo esamina le numerose menzogne e le ugualmente numerose omissioni di verità che hanno preceduto e accompagnato l’intervento Nato in Libia e i precedenti, dal 1991 a oggi (Iraq, Kosovo, Afghanistan). Esamina anche il fallimento e l'ignavia dei "movimenti" occidentali un tempo considerato la "seconda superpotenza pacifista". Descrive cause vere e vere conseguenze della guerra. E chi lavorò per la pace e chi no a livello di stati e di organizzazioni non statali. Propone una Rete internazionale per la Verità sulla Libia e contro le guerre occidentali. Che il sacrificio della Libia sia la tomba della Nato.

L'ARGOMENTO.
Ancora una volta E PIU' CHE MAI LA DISINFORMAZIONE FA LE GUERRE. In questo caso la falsa notizia di febbraio "in Libia Gheddafi ha assassinato 10mila manifestanti" ha dato la stura alla guerra; altre menzogne l'hanno accompagnata. Il ruolo dei media e in generale della comunicazione nella guerra Nato alla Libia, la quinta alla quale partecipa l’Italia dal 1991, è stato riassunto così da Lucio Caracciolo di Limes: “Questa guerra sarà ricordata come il collasso dell’informazione

A CHE SERVE QUESTO LIBRO BIANCO?
Risponderei così: “La vera democrazia è avere accesso a informazioni veritiere. Per poter decidere. I governi occidentali quando fanno guerre per interessi petroliferi e geostrategici debbono comunque mascherarle da azioni umanitarie e quindi mentire, con l’aiuto dei media. Quindi svelare tutto l’apparato di bugie (che spesso si ripetono da una guerra all’altra) e renderle fruibili tutte in un solo documento, può servire a far sì che alla prossima guerra non ci ingannino più. I governanti sapranno che sappiamo!

La guerra della Nato in Libia, la quinta guerra occidentale nell’ultimo ventennio, ha riassunto e amplificato le caratteristiche delle quattro guerre per le risorse e il controllo geostrategico che si sono susseguite: Iraq 1991, Jugoslavia/Kosovo 1999, Afghanistan 2001, Iraq 2003…Simili anzi amplificati e resi più efficaci i meccanismi, ovvero le menzogne e la narrazione necessarie a rendere “umanitario” l’intervento geostrategico; simili gli intenti (controllo delle risorse e della situazione geostrategica e politica); simili gli esiti nefasti, con crimini di guerra, effetti collaterali e sfaldamento di paesi.

Ma stavolta a differenza delle altre la propaganda ha lavorato a tutto spettro ottenendo l’astensione da parte delle popolazioni non solo occidentali. Gli attori di guerra, gli astenuti e gli attori di pace in effetti stavolta si sono dislocati diversamente. Si pensi all’azione di mediazione invano offerta dai governi dell’America Latina e, con qualche ritardo, dall’Unione africana.
E si pensi al "silenzio dei pacifisti".

In tutto questo, c’è la specificità dell’Italia, unico paese insieme a Usa e Gran Bretagna ad aver partecipato – malgrado l’art. 11 della Costituzione - a tutte e cinque le guerre prese in considerazione. Con quest’ultima, l’Italia ha celebrato i suoi 150 anni di vita, ma anche i cento anni giusti dalla colonizzazione della Libia e dai primi esperimenti dell’aviazione di guerra.

Eppure si può pensare che, essendo stato stavolta toccato il fondo quanto a pretesti per la guerra e quanto a mancanza di impegno popolare, da qui si possa e debba ripartire per un impegno futuro contro le guerre imperialiste da parte di cittadini e governi non belligeranti?

Il libro è frutto dell’impegno ventennale dell’autrice contro le guerre occidentali come via cruentissima per il mantenimento di un sistema mondiale di privilegio e apartheid e di un modello produttivo e di consumo distruttivo e iniquo. Dunque un impegno ecosociale per la pace.

La seconda parte del libro è una chiamata all’azione. Partendo da una “storia delle azioni pacifiste nelle cinque guerre” (una storia mai scritta) e dai suoi insuccessi, nonché dall’analisi del ruolo degli attori governativi non belligeranti, l’autrice cerca che cosa potrebbe funzionare, in nuove sinergie, e in funzione strutturale e preventiva come emergenziale e “a bombe cadenti” perché quella in Libia sia…l’ultima delle guerre.

Almeno, di quelle occidentali.

NOTA BIOGRAFICA MINIMA.Marinella Correggia,l’autrice del libro bianco che qui si propone è ecopacifista e si divide fra l’attivismo e il lavoro di giornalista/scrittrice nonché autoproduttrice agricola. Sin dalla guerra del Golfo del 1991 ha cercato di contrastare il sommo dei mali, la guerra, con l’informazione (vari articoli e reportage, e il libro Si ferma una bomba in volo?)e la partecipazione a campagne e delegazioni.

Fonte www.produzionidalbasso.com

domenica 13 novembre 2011

Per un'opposizione di sinistra, plurale e antiliberista, al governo Monti

E' necessaria subito un' opposizione di sinistra, plurale e antiliberista, al governo Monti. In caso contrario i limiti che esploderanno del governo Monti e del centrosinistra saranno capitalizzati solo da berlusconi e Lega.Questa sinistra dovra' essere costituente di una nuova sinistra, plurale e antiliberista, che si presenti in ogni spazio anche elettorale.

marco

ADDIO A BERLUSCONI E AL SUO GOVERNO
ADESSO OPPOSIZIONE AL GOVERNO DELLE BANCHE E DELLA FINANZA EUROPEA

Le migliaia di donne e uomini nelle piazze in tante città italiane giustamente festeggiano le dimissioni di un personaggio che troppi danni ha fatto negli anni in cui è stato presidente del consiglio – e anche in quelli in cui è stato all’opposizione.

Non condividiamo di questi festeggiamenti la disattenzione per come è avvenuta la caduta di Berlusconi e per quello che succedera da questo momento.

Nemmeno condividiamo la gioia verso il presidente Napolitano, che è stato protagonista di questa caduta per rispondere alle esigenze del capitale e della leadership politica europea, che consideravano Berlusconi e il suo governo inadatti a portare a termine le politiche di austerità e di distruzione dello stato sociale che in tutta Europa sono l’unica “risposta” alla crisi.

Tantomeno possiamo dimenticare che la cronaca di un’austerità annunciata porta il nome di Mario Monti, commissario integerrimo che vietava qualsiasi aiuto di Stato, per favorire gli interessi delle grandi banche e per garantire la deregulation del sistema finanziario. Lo stesso Mario Monti che sul “Corriere della sera” esaltava le “riforme” di Gelmini e Marchionne. Può seriamente qualcuno a sinistra pensare che sia l’uomo giusto, che possa rappresentare qualcosa di “meglio”?

Non c’è un “dopo”, quindi, c’è invece un presente rappresentato da un governo pericoloso per gli interessi delle classi popolari e che ha come suo unico programma nuove e più pesanti manovre economico-finanziarie contro lavoratrici e lavoratori, per maggiori privatizzazioni dei beni comuni, per asservire ancora maggiormente le scelte interne alle esigenze del capitale europeo.

Un governo che vuole vendere la vecchia ideologia secondo la quale dalla crisi si può uscire solamente con ulteriori sacrifici dopo che il welfare, i salari, le pensioni fanno sacrifici da più di vent'anni.

Per lavoratrici e lavoratori, precari/e, giovani, migranti c’è solo una strada possibile: l’opposizione immediata e ferma al governo Monti-Napolitano – ricostruendo dal basso le ragioni e l’organizzazione necessarie per resistere a nuove manovre contro di loro e per costruire una rete che ponga le questioni dell’alternativa sociale e politica, facendo pagare la crisi a chi l’ha provocata.

Non ci sono scorciatoie istituzionali: l’unica via democratica non può che venire da elezioni immediate e da un confronto sulla politica e sui programmi che provi a far tesoro di quanto accaduto negli ultimi quattro anni – con una sinistra anticapitalista che rifiuti qualsiasi compromesso di “unità nazionale” o “tecnico” e organizzi l’opposizione sociale e politica.

Invitiamo tutte/i a costruire la più ampia unità delle forze che rifiutano il governo Monti per un’uscita da sinistra alla crisi. Noi ci saremo.

Esecutivo nazionale Sinistra Critica
www.sinistracritica.org

"Non possiamo smantellare la casa del padrone con gli attrezzi del padrone", Audre Lorde , poetessa

Barcellona,Indignados ed elezioni politiche del 20 novembre

Gli indignados saranno protagonisti anche di queste elezioni politiche spagnole dopo esserlo stati per le amministrative di primavera ? Manca una sola settimana alle elezioni e sembra davvero tardi, pero' la Spagna e' il paese dove Zapatero ha vinto le elezioni la prima volta (se non sbaglio) per un evento, l' attentato sanguinoso attribuito per propaganda all'Eta dal governo,negli ultimi giorni.
Cosi' segnalo la notizia, anche perche' negli stessi giorni in Italia altri dovranno decidere se stare con la U.E e BCE o con gli Indignados. Forse lo devono decidere anche alcuni che si definiscono indignati.

Marco


ANSA.it:Indignati a Plaza Catalunya a Barcellona
A una settimana dalle politiche anticipate del 20 novembre
12 novembre 17:43

ANSA -MADRID - A una settimana dalle politiche anticipate spagnole del 20 novembre gli indignados di Barcellona hanno rioccupato la notte scorsa la Plaza Catalunya, uno dei due grandi simboli con Puerta del Sol a Madrid dell'esplosione del movimento nel maggio scorso. I giovani intendono rimanere accampati sulla piazza della citta' catalana, dove hanno aperto un 'punto d'informazione' sulle elezioni, almeno fino al giorno del voto, ha indicato un loro portavoce. Il movimento non ha dato indicazioni di voto.

giovedì 10 novembre 2011

Nicaragua e Guatemala:Uomini Contro la Violenza

L'AHCV (Asociaciòn Hombres Contra la Violencia)

L’Associazione è stata formalmente costituita il 20 maggio del 2000 su iniziativa del gruppo uomini di Managua, attivo dal 1993 (l’anno in cui è nato anche il nostro gruppo...). Una settantina di gruppi-uomini sono attivi in quasi tutte le regioni del Nicaragua, impegnati a:
- Promuovere nuove forme di relazioni tra uomini e donne
- Prevenire e ridurre la violenza di genere e di generazione
- Stimolare processi di cambiamento delle forme di pensiero, delle attitudini, dei valori e dei comportamenti machisti degli uomini in Nicaragua
- Promuovere spazi educativi e di riflessione sulle modalità di esercizio del potere tra uomini e sul cambiamento personale verso pratiche di uguaglianza in tutte le relazioni
- Incidere sulle politiche pubbliche per orientarle all’uguaglianza di diritti, opportunità e responsabilità per donne e uomini di ogni età e condizione sociale
Le loro iniziative specifiche possono essere così riassunte:
- Organizzano campagne di riflessione e sensibilizzazione nelle regioni dove c’é più violenza (anche se il Nicaragua – ci hanno detto – è il Paese centramericano dove c’è meno violenza...)
- Curano tre “reti” per fasce d’età: bambini fino agli 11 anni; adolescenti e giovani dai 12 ai 23; adulti; sia nelle campagne che nelle città
- A loro fa riferimento anche una rete di gay
- Promuovono il consolidamento di una Rete Centramericana e del Caribe di uomini contro la violenza: il 23 novembre prossimo questa rete si incontrerà in un convegno a cui Julio mi ha invitato a partecipare via skype
- Cercano di far maturare la responsabilità maschile nella prevenzione della violenza di genere e dell’AIDS, in particolare promuovendo e diffondendo i diritti sessuali e riproduttivi di donne e giovani.

I diritti umani

I “diritti umani” sono come una parola d’ordine universale, che abbiamo letto dappertutto e sentito ripetere spesso, tanto in Nicaragua quanto in Guatemala. E, tra la documentazione che abbiamo portato con noi, sono molti gli opuscoli che ne parlano. A leggerli sembrerebbe che le Istituzioni quasi non pensino ad altro, mentre la realtà è profondamente diversa. Riprenderò l’argomento parlando del Guatemala.
La rete nicaraguense degli uomini contro la violenza insiste nell’iniziativa per “promuovere l’organizzazione di gruppi di uomini che si impegnino, in reti locali, in pratiche di nonviolenza verso le donne, di uguaglianza tra i generi e di giustizia sociale basata sui diritti umani”. Una foto li ritrae mentre reggono un enorme striscione, durante una manifestazione pubblica, in difesa dei diritti umani.

Uomini di verità o la verità sugli uomini

E’ il titolo di una “Guida alla riflessione con gruppi di uomini in tema di Genere e Mascolinità” (se qualcuno/a volesse consultarla, Julio me ne ha regalato una copia), realizzata in sinergia tra l’AHCV e un’agenzia di cooperazione internazionale dell’Irlanda del Nord.
E’ costituita da “30 sessioni di riflessione divise in 5 cicli, indirizzate in primo luogo a uomini adolescenti, giovani e adulti che non hanno mai avuto contatti con la tematica di genere e mascolinità. (...) Per gruppi che hanno già avuto contatti con la tematica è possibile selezionare sessioni specifiche di particolare interesse, dal momento che ogni sessione costituisce una unità completa in sé”.
I 5 cicli sono così articolati:
1. Disimparare il machismo (5 sessioni)
2. Mascolinità, potere e violenza (7 sessioni)
3. La sessualità maschile (12 sessioni)
4. Imparare a essere padri (3 sessioni)
5. La comunicazione interpersonale (3 sessioni)
In alcune sessioni del terzo ciclo è raccomandata la presenza di donne specialiste sui temi della sessualità umana. Ovviamente se il gruppo è preventivamente d’accordo; e con questa motivazione: “L’accompagnamento da parte di donne è importante per dare stimoli al processo di riflessione tra uomini e per assicurare che il risultato delle varie sessioni porti a una maggior qualità di vita delle donne.
Non prendere in considerazione il punto di vista femminile intorno al cambiamento maschile può comportare il rischio che un gruppo di uomini, con le migliori intenzioni del mondo, cada nella complicità e, invece di mettere in discussione il machismo, finisca per giustificarlo. L’accompagnamento da parte di donne organizzate è un fattore decisivo per il successo del processo di riflessione tra uomini”.

Noi uomini abbiamo una responsabilità di fronte all’aborto

“Nella nostra qualità di fratelli, padri, fidanzati, mariti e amici di donne che in qualche momento hanno avuto o potrebbero avere necessità di un aborto terapeutico per salvaguardare la propria vita e la propria salute, rifiutiamo la pretesa di penalizzare l’aborto terapeutico. Pensiamo che l’aborto terapeutico non sia un delitto, bensì un mezzo necessario per salvare la vita della donna e salvaguardare la sua salute. Si tratta di un diritto della donna a mettere al primo posto la propria salute e il proprio benessere.
Noi uomini non abbiamo nessun diritto di obbligare le donne a mettere a rischio la vita per continuare una gravidanza che può portarle alla morte. Con la penalizzazione dell’aborto terapeutico si condanna a uno o due anni di carcere la donna che l’abbia subito, ma non si dice che cosa fare agli uomini corresponsabili di un aborto. Se l’aborto terapeutico viene penalizzato, allora anche gli uomini dovrebbero venir incarcerati. Infatti siamo cause dirette di molti aborti quando ci comportiamo nei seguenti modi:
- Far pressione od obbligare le donne a relazioni sessuali
- Rifiutare l’uso del preservativo o di altro metodo anticoncezionale maschile o impedire che la nostra compagne utilizzi un metodo anticoncezionale, come le pillole
- Esercitare violenza fisica, sessuale o psicologica contro la nostra compagna
- Negare la nostra responsabilità nelle gravidanze
- Non adempiere ai nostri obblighi legali e morali di corrispondere gli “alimenti” a figli e figlie
- Non adempiere al nostro dovere morale di essere padri responsabili
- Fare pressione e minacciare la nostra compagna affinché abortisca. Le donne devono avere l’ultima parola.

Storicamente le istituzioni sociali e religiose hanno voluto regolamentare la vita sessuale e riproduttiva delle donne. I portavoce e i principali leader di queste istituzioni sono stati e continuano ad essere gli uomini. Si tratta quindi di una imposizione di norme nella vita delle donne da parte di noi uomini.
Ma sono le donne quelle che vivono nel loro corpo l’esperienza della gravidanza e dell’aborto, e questo dà loro un’autorità speciale per avere l’ultima parola nel merito. L’aborto è un tema molto complesso e delicato e, quindi, crediamo che i sentimenti e le preoccupazioni delle donne debbano essere il fattore fondamentale, perché è nel loro corpo che avviene la gravidanza. L’uomo che mette incinta una donna, come risultato di una relazione sessuale condivisa, gioca anche un ruolo importante e ha delle responsabilità di fronte a questa gravidanza.
L’autoritarismo morale è un’altra manifestazione del machismo. Non si dovrebbe imporre una particolare visione morale in relazione al tema della riproduzione e dell’aborto. Siamo di fronte a uno dei temi etici più controversi a livello mondiale. Non esiste un unico modo di porsi di fronte alla gravidanza e all’aborto da un punto di vista morale. Alcune persone pensano che fin dalle prime settimane di gravidanza già viva un essere umano nel ventre della madre. Noi, con altre persone, crediamo che quello che c’è sia un embrione, che porterà alla formazione di un essere umano, e che, se durante questo processo di gestazione si arriva a mettere in pericolo la vita della donna incinta, sia un obbligo morale dare la priorità alla salute integrale e alla vita della donna.
Sappiamo che su questo tema non c’è consenso nella società. Per questo chiediamo che non si penalizzi l’aborto terapeutico e rifiutiamo l’autoritarismo morale fondamentalista che oggi vuole condannare le donne al carcere e alla morte”.
(documento del GU di Managua, a pag. 87 della “Guida” – traduzione mia)

In Guatemala

Dicevo della grande quantità di materiale che abbiamo visto circolare sui “diritti umani”. A Città di Guatemala abbiamo incontrato anche un’associazione di donne femministe e altre che si occupano di mantenere viva la consapevolezza intorno alla democrazia e alla memoria delle sofferenze causate dalle varie dittature. Purtroppo la corruzione continua a impedire che le elezioni politiche, come quelle recenti, portino a significativi cambiamenti istituzionali.
Con due uomini ho soprattutto parlato di violenza, a Città di Guatemala: Gérard Lutte, anima del movimento dei giovani e delle giovani di strada (Mojoca), e José Domingo, avvocato di un comitato che sostiene un movimento di contadini/e.
Lutte ha esordito dicendo che in Guatemala ogni anno circa 3000 donne vengono uccise per mano maschile. Ci sono iniziative organizzate, come la “Casa 8 marzo” del Mojoca e altre, che cercano di metterle al sicuro, convincendole a lasciare la strada. “Speriamo –ha concluso – che le donne comincino a non educare più i figli al machismo...”.
L’efficacia del “metodo Mojoca” sta nel fatto che anche gli uomini che vivono sui marciapiedi vengono invitati a cambiare vita, lasciando la strada ed entrando nella “Casa de los amigos”. Noi li abbiamo incontrati e ascoltati: tutti sognano di vincere definitivamente la tentazione delle droghe, di lavorare o studiare e di poter accedere finalmente a una vita “normale”, fatta di relazioni serene con una compagna e con figli e figlie.
Domingo ci diceva rassegnato che la violenza maschile è una cultura diffusa e che è molto complicato contrastarla, anche se c’è una legge dello Stato in proposito. Quale efficacia possa avere quella legge ce lo dice l’elezione recente a presidente della repubblica di un uomo famoso per essere stato un torturatore ai tempi della dittatura. Anche un fratello di Domingo è stato ucciso, cinque anni fa, presumibilmente per motivi politici.
Sia in Nicaragua che in Guatemala gli amici e le amiche ci consigliavano di non uscire dopo il tramonto, se non con taxisti fidati...
Anche in Guatemala l’associazione AHCV ha qualche contatto con uomini, ma è significativo che quell’associazione femminista, incontrata nel Parque Central, non fosse a conoscenza di alcun gruppo e di alcuna iniziativa maschile contro la violenza alle donne.
Ho anche saputo, però, da un’altra signora, che in Guatemala opera la “Liga Guatemalteca de la Higiene Mental”, una ong che si occupa della violenza nelle scuole, aiutando i bambini a “confrontarsi” con i propri padri.
Sono sicuro che quegli splendidi ragazzi del Mojoca stanno imparando a stare nelle relazioni con rispetto e nonviolenza... ma so anche, per esperienza diretta, che, se non c’è capacità di riflessione, il rischio di vivere la sessualità come puro esercizio di sfogo e potere, invece che come pratica, piacevolissima, di relazione, è sempre in agguato. Sotto ogni cielo.

Infine... quante “giornate”!

Dal Guatemala abbiamo portato anche opuscoli e volantini che documentano una notevole attenzione ai problemi causati alle donne dalla cultura patriarcale e dal machismo così diffuso. L’elenco delle “giornate dedicate” si allunga:
- 8 marzo, giornata internazionale della donna
- 11 maggio, giornata nazionale delle levatrici
- 28 maggio, giornata mondiale per la salute delle donne
- 25 luglio, giornata internazionale delle donne afrocaraibiche e afrodiscendenti
- 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza alle donne.
Ma non basta, evidentemente, aumentare le giornate “dedicate” alla commemorazione, alla memoria, alla celebrazione. Bisogna che quello di cui facciamo memoria diventi pratica quotidiana nella vita di ciascuno e ciascuna. O finisce come con l’Eucarestia nella tradizione cattolica: invece di imparare a “fare come Gesù”, che ha spezzato la sua vita mettendola a servizio di chi lo incontrava, la si è trasformata in oggetto di culto e strumento di controllo sulle coscienze, attraverso un’assurda e dettagliatissima lista di regole. E il mondo continua ad andare alla deriva...
Scrive su un segnalibro l’ “Alleanza Femminista Centroamericana per la Trasformazione della Cultura Patriarcale”:
“Esse ci hanno ereditato il diritto al voto... essi ci impediscono di prendere decisioni a favore dei nostri diritti (...). Mettiamo in discussione il modello di democrazia esistente, che subordina, rende invisibili e limita la partecipazione e la decisione delle donne (...)”.
E su un pieghevole del “Centro di Documentazione dell’Associazione Tierra Viva”:
“I libri mi hanno insegnato a pensare e il pensiero mi ha reso libera (...).
Il Guatemala è un paese con alti indici di analfabetismo e scarso accesso all’informazione. L’accesso alla conoscenza non è un diritto, ma un privilegio. Soprattutto per le donne (...).
La cultura patriarcale mantiene le donne in un sistema di subordinazione e oppressione, dove non siamo visibili come soggette di diritti e doveri, che ci permettano di avanzare nei cambiamenti che sono necessari per una società giusta ed egualitaria (...)”.

Scelta lesbica

Un’altra fuggevole riflessione di Gérard Lutte diceva dell’aumento del lesbismo a causa del machismo violento. E sui muri della capitale abbiamo letto molte scritte di questo tenore: lesbianas en rebeldìa (lesbiche ribelli) – lesbianas indigenas – lesbianas negras indigenas ...
Ogni scelta di ribellione e di liberazione dall’oppressione patriarcale è anche frutto del desiderio di felicità. Auguro a ogni donna e a ogni uomo del Guatemala di cercare e trovare la felicità anche nelle relazioni tra di loro, tra uomini e donne.
Dedico questo numero di Uomini in Cammino, con tutti i suoi limiti nella scelta dei testi e di traduzione, ad Alexander Muñoz, assassinato martedì 27 settembre; e ai ragazzi e alle ragazze del Mo.Jo.Ca in Guatemala, forti testimoni del loro desiderio di vita e di felicità.

Beppe Pavan
www.uominincammino.it
www.maschileplurale.it

lunedì 7 novembre 2011

Campagna per il congelamento del debito - Centro Nuovo Modello di Sviluppo

CAMPAGNA PER IL CONGELAMENTO DEL DEBITO

Continuano a farci credere che per uscire dal debito dobbiamo accettare manovre lacrime e sangue che ci impoveriscono e demoliscono i nostri diritti. Non è vero. La politica delle manovre sulle spalle dei deboli è voluta dalle autorità monetarie europee come risultato della speculazione. Ma è intollerabile che lo Stato si adegui ai ricatti del mercato: la sovranità appartiene al popolo, non al mercato!

Esiste un'altra via d'uscita dal debito. E' la via del congelamento e se la condividi ti invitiamo a firmare e a diffondere questo documento, affinché si crei una grande onda che dica basta alle continue manovre che distruggono il tessuto sociale. Il problema del debito va risolto alla radice riducendone la portata. Non è vero che tutto il debito va ripagato, il popolo ha l'obbligo di restituire solo quella parte che è stato utilizzata per il bene comune e solo se sono stati pagati tassi di interesse accettabili. Tutto il resto, dovuto a ruberie, sprechi, corruzione, è illegittimo e immorale, come hanno sempre sostenuto i popoli del Sud del mondo.

Per questo chiediamo un'immediata sospensione del pagamento di interessi e capitale, con contemporanea creazione di un'autorevole commissione d'inchiesta che faccia luce sulla formazione del debito e sulla legittimità di tutte le sue componenti. Le operazioni che dovessero risultare illegittime, per modalità di decisione o per pagamento di tassi di interesse iniqui, saranno denunciate e ripudiate come già è avvenuto in altri paesi.

La sospensione sarà relativa alla parte di debito posseduto dai grandi investitori istituzionali (banche, assicurazioni e fondi di investimento sia italiani che stranieri) che detengono oltre l’80% del suo valore. I piccoli risparmiatori vanno esclusi per non compromettere la loro sicurezza di vita.

Contemporaneamente va aperto un serio e ampio dibattito pubblico sulle strade da intraprendere per garantire la stabilità finanziaria del paese secondo criteri di equità e giustizia.

Almeno cinque proposte ci sembrano irrinunciabili:

•riforma fiscale basata su criteri di tassazione marcatamente progressiva;
•cancellazione dei privilegi fiscali e seria lotta a ogni forma di evasione fiscale;
•eliminazione degli sprechi e dei privilegi di tutte le caste: politici, alti funzionari, dirigenti di società;
•riduzione delle spese militari alle sole esigenze di difesa del paese e ritiro da tutte le missioni neocoloniali;
•abbandono delle grandi opere faraoniche orientando gli investimenti al risanamento dei territori, al potenziamento delle infrastrutture e dell'economia locali, al miglioramento dei servizi sociali col coinvolgimento delle comunità.

Attorno a queste poche, ma concrete rivendicazioni, è importante avviare un dibattito quanto più ampio possibile, partecipando al forum appositamente costituito all'indirizzo www.cnms.it/forum

Se poi l'onda crescerà, come speriamo, decideremo tutti insieme come procedere per rafforzarci e ottenere che questa proposta si trasformi in realtà.


Francuccio Gesualdi ,
Aldo Zanchetta,
Alex Zanotelli,
Bruno Amoroso,
Antonio Moscato,
Alberto Zoratti, Claudia Navoni, Rodrigo A.Rivas, Giorgio Riolo, Roberto Bugliani, Luigi Piccioni, Michele Boato, Carlo Contestabile Ciaccio, Roberto Fondi, Roberto Mancini, Gianni Novelli, Achille Rossi, Paolo Cacciari, Maurizio Fratta, Fabio Lucchesi, Lorenzo Guadagnucci, Nadia Ranieri, Paola Mazzone, Enrico Peyretti, Gaia Capogna, Francesco Amendola, Uberto Sapienza, Manuela Moschi, Mauro Casini, Roberto Viani, Michela Caniparoli, Franco Fantozzi, Franco Nolli

domenica 6 novembre 2011

Cosa fare per fermare le prossime guerre dell' Occidente?

Concordo con Marinella che le prossime guerre dovremmo cercare di evitarle, impresa impossibile ? Le dovessi fermare da solo direi proprio di si, se ci muoviamo bene, anche in un numero dell' ordine di qualche decina, possiamo invece fare qualcosa.

Sono convinto che l' attivita' ben preparata di qualche decina di persone possa dare molto fastidio e forse far saltare qualche progetto, soprattutto perche' c'e' una vasta parte di opinione pubblica che vedrebbe di buon occhio le sue attivita',il gruppo iniziale si ingrandirebbe con altre adesioni e soprattutto

perche' abbiamo ragione e le ultime guerre sono state giustificate da bugie e propaganda anche abbastanza grossolana.

Penso che in questo momento non riusciremmo a fare delle azioni adeguate, mentre credo che in ultimi due mesi siamo riusciti a mettere qualche decina di persone in un minimo di collegamento tra loro. All' inizio di settembre questi collegamenti non li vedevo.

Allora come fare azioni efficaci partendo dalle nostre forze reali, con i nostri limiti numerici e anche di altra natura ? Penso che dovremmo parlarne almeno una volta di persona, magari dopo aver preparato la discussione da incontri locali e collegamenti tra i gruppi diversi.

Non e' facile, ma intanto il 4 novembre a Roma al presidio eravamo un buon numero e qualcuno ha approfittato dell' occasione per prendere contatto con la rete. Altre iniziative si sono svolte in altre citta' e il tema delle spese militari e' sempre piu' "nominato" nelle dichiarazioni politiche e del movimento.

Le azioni nonviolente hanno una storia e c'e' anche qualche libro sul tema, possono essere efficaci se proporzionate alle nostre forze e ai nostre limiti reali e se ben comunicate, poi il grosso dell' aiuto lo dara' il fatto che opporsi ad una guerra e' una causa giustissima.

sabato 5 novembre 2011

Comitato NoDebito-Referendum contro le misure economiche chieste dalla BCE all'Italia.

Referendum anche in Italia

E' la proposta avanzata dal Comitato "No Debito" del 1 ottobre. "Gli strumenti ci sono, è già avvenuto sull'Europa nel 1989" dice Giorgio Cremaschi. E si pensa a lanciare un vero e proprio referendum autogestito

imq
Mentre la Grecia fa marcia indietro sull’ipotesi del referendum popolare, c’è chi in Italia chiede che un referendum si svolga anche nel nostro paese. Obiettivo: la lettera di Trichet e Draghi al governo italiano cioè le misure economiche che la Banca centrale chiede siano applicate dall’Italia. Gli strumenti ci sono, assicura il “Comitato No Debito”, il coordinamento di varie forze sindacali, sociali, politiche, ambientaliste che si è formato lo scorso 1 ottobre in una grande assemblea al teatro Ambra Jovinelli di Roma. A presentare la proposta in conferenza stampa è stato Giorgio Cremaschi, presidente del Comitato centrale della Fiom affiancato dai diversi rappresentanti del Comitato: Usb, Forum ambientalista, sinistra Cgil, Rete Viola, Rifondazione comunista, Sinistra Critica, Pcl, Rete del comunisti, Alternativa di Giulietto Chiesa e altri ancora. “Non siamo euroscettici, diciamo no ai vincoli europei e diciamo no al debito. E chiediamo di poter decidere con un vero e proprio referendum” spiega Cremaschi che punta il dito contro i vertici dell’Unione europea a cominciare dal presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi. “Questa Europa è ormai alternativa alla democrazia, la piega e la fa soccombere” viene ripetuto in diversi interventi a poche ore dalla decisione della Grecia di fare marcia indietro sul referendum.

“E invece noi, aggiunge Cremaschi, un referendum lo chiediamo anche per quanto riguarda l’Italia”. Come? A spiegarne le modalità è Franco Russo che da anni segue le tematiche giuridiche e costituzionali con l’occhio rivolto ai movimenti socali, “Istituzionalmente, dice, la cosa è perfettamente fattibile perché non si voterebbe sui Trattati, cosa vietata dall’articolo 75 della Costituzione, ma sulle politiche dettate dall’Unione”. Russo spiega che la lettera di Trichet e Draghi del 4 agosto non è altro che la riproposizione delle linee guida stabilite dall’Ecofin a giugno. Quelle direttive sono diventate legge europea il 21 giugno e dunque è su quello che occorrebbe pronunciarsi. “Si tratterebbe dunque di un referendum di indirizzo, cioè consultivo e basterebbe, come già avvenuto una volta nel 1989, che il Parlamento varasse una legge costituzionale per permettere una consultazione popolare”. Sulla scheda andrebbe scritto: “Siete favorevoli ai piani di salvataggio stabiliti dall’Unione europea?”.

Il Comitato No Debito lancerà una petizione formale al Parlamento, sulla quale saranno raccolte le adesioni più ampie, per chiedere questa iniziativa. Senza, ovviamente, farsi illusioni In subordine, è la proposta lanciata ieri, c’è l’ipotesi di un vero e proprio referendum “autogestito”. “Proveremo a organizzare centinaia e centinaia di urne per permettere un voto popolare che pesi sull’attuale fase politica”.

Fonte www.ilmegafonoquotidiano.it

"Non possiamo smantellare la casa del padrone con gli attrezzi del padrone",Audre Lorde,poetessa.

giovedì 3 novembre 2011

Novara,4 novembre,tempo di crisi basta spese militari, no ai tagli alle spese militari

Novara
Convegno
Tempo di crisi basta spese militari, no ai tagli alle spese sociali

4 Novembre 2011
Ore 18:00 (Durata: 6ore)
Quartiere Ovest in Via Cagliari, 3/a

intervengono
Mazzeo Antonio giornalista – strategie militari, modello di difesa

Rossana De Simone - Associazione PeaceLink - Progetto F35 e descrizione tecnica

Leopoldo Nascia ricercatore Istat - Sbilanciamoci – spese militari in tempo di crisi e alternative possibili

Solferino Massimo USB Ministero Difesa- industrie militari e politiche di difesa

Don Renato Tavola della pace

Per maggiori informazioni:
movimento NO F-35 Novara
info@noeffe35.org
http://www.noeffe35.org

mercoledì 2 novembre 2011

Roma,4 novembre,mostra e presidio contro le guerre e le spese militari

4 NOVEMBRE 2011- Presidio della rete NOWAR contro le guerre e le spese militari

“Giornata delle Forze Armate e dell’Unità Nazionale”. Continua ad essere chiamato così il 4 novembre, cent’anni dopo la fine del primo terribile conflitto mondiale del novecento. Giornata celebrata dai cappellani militari nelle piazze di tutta Italia, caserme e unità navali aperte alla visita di civili, compreso lo spazio del Circo Massimo a Roma, completamente militarizzato per l'occasione. Eppure mai come quest’anno ci sarebbe bisogno di celebrare invece il disarmo e il bisogno di pace, dopo l'infame guerra neocoloniale in Libia, finita in una oscena macelleria, dopo dieci anni di guerra infinita in Afghanistan, dopo l'escalation delle spese militari che hanno portato l'intero mondo a spendere 3 milioni di dollari al minuto in armi ed eserciti, nel pieno di una crisi globale che ha distrutto lo stato sociale.
Per protestare contro la guerra in Libia, contro la guerra in Afghanistan, contro le spese militari e le missioni militari, la rete NoWar di Roma organizza una mostra contro la guerra in ricordo delle sue vittime.
Per protestare contro il ruolo di guerra dell'Italia, anche perchè, secondo la Nato, l’80% delle missioni aeree della coalizione anti-Gheddafi sono state lanciate da basi italiane (Decimomannu, Trapani-Birgi, Sigonella, Gioia del Colle, Aviano, Amendola e Pantelleria, con l’apporto di altre infrastrutture Usa, Nato e italiane come Camp Darby, Pisa, Napoli-Capodichino, Poggio Renatico, Augusta, ecc.).
Il 4 novembre dovrebbero scendere di nuovo in piazza gli indignati che si oppongono al modello globale neoliberista e al conseguente smantellamento dello stato sociale. Infatti le guerre del complesso militare-industriale nazionale, stanno dilapidando enormi risorse finanziarie, dissanguando i bilanci dello Stato e annientando le politiche di redistribuzione sociale.
Senza contare la guerra a Gheddafi, le missioni militari all’estero costeranno a fine 2011 un miliardo e mezzo di euro. Un insostenibile spreco di denaro imposto dai fabbricanti d’armi del complesso Finmeccanica e dal colosso degli idrocarburi ENI, le due holding che con il loro potere finanziario condizionano pesantemente le scelte di politica industriale, estera e della difesa. Come insostenibile è il livello raggiunto dalle spese militari: sempre nel 2011, il solo bilancio del Ministero della difesa ammonta a 20.556.850.000 (venti miliardi e mezzo) di euro, 192 milioni in più del bilancio 2010. E questo mentre istruzione, università, sanità, ambiente, pensioni, assistenza sociale e occupazione giovanile vengono falciate senza pietà.

Noi non festeggeremo il 4 novembre. Lo vivremo come un giorno di dolore e di lutto. E mostreremo indignati tutta la nostra rabbia.
Presidio e mostra contro la guerra a Largo Argentina dalle 16 alle 19.

Roma, Rete NOWAR

domenica 30 ottobre 2011

Roma, 4 Novembre-No alle guerre umanitarie, No alle spese militari

Roma, in Largo Argentina

4 Novembre dalle 16,30 alle 19,00

Presidio

No alle guerre "umanitarie"

No alle spese militari

Promosso dalla Rete Nowar
hanno aderito per il momento Un ponte per e Mezzaluna Rossa

4 Novembre a Firenze: No alle spese militari,No alle guerre umanitarie,SI ai corpi civili di pace

4 Novembre 2011
Giornata delle forze armate...
Catena umana intorno alle caserme

“È mai possibile che in questo paese nel 2010 abbiamo speso per la difesa ben 27 miliardi di euro? Ma neanche fossimo invasi dagli UFO spenderemmo tanti soldi per difenderci. E' mai possibile che a nessun politico sia mai venuto in mente di tagliare queste assurde spese militari per ottenere i fondi necessari per la manovra invece di farli pagare ai cittadini?” (Alex Zanotelli)

Per dire:

NO alle spese militari
SI al disarmo unilaterale
NO alle guerre umanitarie
SI ai Corpi Civili di Pace
NO alle servitù militari (49 siti NATO e USA in Italia)
SI alla riconversione dell'industria bellica
NO alla militarizzazione del territorio
SI alla difesa popolare nonviolenta
NO ai cappellani con le stellette
SI alla spiritualità della nonviolenza

Venerdì 4 novembre,ore 17:30-19:00 in Piazza S. Marco ritrovo alla caserma del comando militare regionale

Promuovono: Fucina per la Nonviolenza, Comunità delle Piagge, G.A.N. Firenze (Gruppo
Azione Nonviolenta), perUnaltracittà-lista di cittadinanza, Comitato Fiorentino
Fermiamo la Guerra.

“LA CULTURA NON SI MANGIA”. E LE ARMI?

ALCUNI DATI:

Il complesso delle spese militari per il 2011 ammonta a 24,396 miliardi di Euro, di cui:
• 472 milioni per i cacciabombardieri F-35, sofisticatissimi e in grado di portare bombe atomiche, strumenti di offesa e non certo armi difensive e per missioni di pace.
• Missioni all'estero: 8300 soldati di cui 4200 solo per quella in Afghanistan, che ci costa 2 milioni di euro al giorno per un costo annuo di 3 miliardi.

ALCUNE SPESE PREVENTIVATE:

- 16 miliardi per 131 F35
- 5 miliardi per i caccia Eurofighter
- 4 miliardi per 100 elicotteri militari 1H90
- 2 miliardi per 2 sommergibili
- 6 miliardi per 10 fregate Freem
- 12 miliardi per sistemi digitali per l'esercito

E INTANTO:

• Spese di istruzione: 21° posto in Europa e penultimo posto fra i Paesi OCSE
• I fondi destinati a ricerca e allo sviluppo sono meno dello 0,60% del Pil, contro l'1,8% per le spese militari
• Sono stati ridotti del 90% i fondi destinati al Ministero dell'Ambiente fra cui alla salvaguardia del territorio, alla bonifica di siti inquinati e ai parchi nazionali
Mentre siamo al 5° posto nel mondo per spesa militare procapite( c.ca 430€) e al 3° in Europa; spendiamo, pro capite, più di Germania, Russia e Giappone!

COME CAMBIEREBBE LA NOSTRA VITA

Con un solo cacciabombardiere F35 (124 milioni) si potrebbe, in alternativa:

✗ pagare l'indennità di disoccupazione annuale per 15 mila precari
✗ realizzare 83 asili nido che potrebbero accogliere 60 bambini ognuno
✗ acquistare impianti fotovoltaici da 3 kwh per 8mila famiglie con un taglio di 23 milioni di kg
di CO2 annue (8mila tonnellate di petrolio equivalente ogni anno)
Con la riduzione del 20% delle spese militari potremmo conseguire almeno uno di questi
obiettivi:
✗ garantire un reddito minimo di cittadinanza
✗ investire in ricerca, sanità e istruzione
✗ rilanciare l'economia attraverso investimenti nella green economy e nell'economia
sostenibile
✗ attuare un vero e proprio piano di edilizia popolare
✗ …..

Per approfondimenti: www.sbilanciamoci.org - www.peacelink.it